Corriere della Sera 22/06/2006, pag. 8 Giusi Fasano, 22 giugno 2006
Alice e gli incontri con il principe «Galantuomo dalle tasche vuote». Corriere della Sera 22 giugno 2006
Alice e gli incontri con il principe «Galantuomo dalle tasche vuote». Corriere della Sera 22 giugno 2006. Milano. Nome d’arte: Alice. Vestito nero, lungo, con trasparenze difficili da ignorare. Parrucca bionda raccolta in una grossa ciocca e, ai piedi, due trampoli neri a forma di scarpe. «Sono un po’ altine, sì. Ma non ci faccio molta strada, le uso solo qui dentro». Nella «scuola di yoga» (zona sud di Milano), in effetti, Alice non cammina granché. Semmai fa massaggi, «relax, anche molto relax e body su body». «Allora?» chiede. «Da dove vogliamo cominciare?». Dal principe, naturalmente. Le intercettazioni dicono che Vittorio Emanuele è stato un suo cliente...«Sì, è vero. Veniva qui ogni tanto. Lo ricordo come un galantuomo, ma con le tasche vuote». Non che non pagasse, s’intende. « che faceva fatica a tirar fuori i soldi. A me dava più o meno 300 euro a incontro. Una volta mi ha pure fregato. Mi ha detto che aveva solo duecento euro e poi dei franchi svizzeri che secondo lui erano altri duecento euro. Poi sono andata a cambiarli in banca e ho scoperto che erano sì e no 40 euro. Che gente...». Che il principe tendesse al ribasso, con lei, è scritto anche nelle carte dell’inchiesta di Potenza. Era il 30 novembre del 2004 quando Vittorio Emanuele chiamò l’amico Ugo (Bonazza): «C’ho tre quarti d’ora... volevo andare a puttane... Come si chiamava quella là?». «Alice, Alice». Il principe: «Gli do 200 euro, non di più, eh..». E Bonazza: «Anche niente... Poi mi arrangio io...». Adesso che quella chiacchierata l’ha vista nero su bianco, Alice si fa una bella risata: «Ma come "Mi arrangio io?". Tutte stronzate... Io i soldi li pretendo prima e se non pagano, arrivederci. Come quella volta che Vittorio chiese di allargare il giro a un’amica..». Vittorio? «Beh, sì. Alla fine dopo un po’ di incontri qui e altri a casa mia ci davamo del tu... Insomma io telefonai alla mia amica e quella mi chiese "quanto paga?", Vittorio mi fece cenno che non aveva contanti con sé e la mia amica lo prese a male parole che io, per gentilezza, non gli ho riferito». Il citofono della «scuola di yoga» trilla in continuazione. Alice ricorda le «visite reali» dell’inverno 2004/2005. «Arrivava di giorno e io pensavo che venisse con sciarpa e cappello per non farsi riconoscere. Invece una volta sono andata ad aprirgli il portone e lui era lì, con la sua faccia nuda e cruda, e con quel cavolo di telefonino che suonava ogni tre secondi». Lui si scusava, «mi chiamano da casa, abbi pazienza...». Della sua famiglia Vittorio Emanuele parlava poco o niente. Qualche accenno ogni tanto, secondo Alice. Soprattutto della sua nipotina, Vittoria. «Una volta gli ho chiesto "come va con la piccolina?". E lui: "Bene, bene, spero solo che non diventi un’attricetta come la sua mamma"». Poi è suonato ancora una volta il suo cellulare. «Sa che suoneria ha? L’inno d’Italia... roba da non credere». Giusi Fasano