Onda n.26 2006, Giorgio Giorgetti, 22 giugno 2006
Torna SuperQuark. La scienza non ha lo spazio che merita. Parola di Piero Angela, icona della divulgazione scientifica in tivù, e non solo
Torna SuperQuark. La scienza non ha lo spazio che merita. Parola di Piero Angela, icona della divulgazione scientifica in tivù, e non solo. Una frase che è una pietra, che potrebbe sembrare supefacente sulla bocca di chi, con Superquark (Raiuno, da giovedì 29 giugno alle 21) compie ormai i 12 anni di programmazione e che, con Quark, ha già toccato i 25. Una tale longevità già può esser considerata eccezionale per una qualsivoglia trasmissione. Se poi pensiamo che Quark e Superquark non sono di certo il Grande Fratello, l’affermazione di Piero Angela può davvero stupire. Eppure, discuterne con il giornalista-conduttore che, più d’ogni altro in Italia, rappresenta l’importante settore dell’informazione scientifica, è avere a disposizione un osservatore privilegiato, che tiene costantemente sotto controllo il polso della situazione. Insomma, un’occasione troppo ghiotta per farcela sfuggire. Meglio approfittarne subito. Perché la questione incuriosisce, soprattutto in quest’epoca di chip e microchip, dove la gente discute anche al bar di Umts, Gpl, Gigabyte e compagnia cantante. La scienza ignorata? E come accade, se non parliamo d’altro? Ma che dice, dottor Angela: siamo sommersi da telefonini, computer, schermi al plasma, a cui tutti sembriamo interessarci... Non è vivere in un mondo - se non scientifico - almeno tecnologico? «Siamo soltanto utenti di tutti questi oggetti, fruitori di una tecnologia che viene dall’estero. Non ne produciamo, se non in parti davvero esigue. Eppure il futuro dell’industria e della società è proprio lì, nella ricerca scientifica e negli investimenti innovativi. Niente scienza, niente soldi, niente economia prospera». davvero così tragica, la situazione? «Certo. La scienza, la ricerca, l’innovazione non costituiscono soltanto fattori culturali. Lo sono anche, per carità, ma non è questo l’aspetto più importante. La scienza produce reddito, perché le conquiste industriali sono in ambito tecnologico. Vogliamo più posti di lavoro, vogliamo garantire le pensioni e l’assistenza sociale? Bene, allora investiamo in ricerca scientifica. Purtroppo, in un Paese come il nostro dove si dibatte di tutto, di queste cose si parla sempre troppo poco. Anche e soprattutto a livello politico». Quali sarebbero le soluzioni, secondo lei? «Innanzi tutto, occorre investire maggiormente nella ricerca e negli investimenti innovativi dell’industria. Da questo punto di vista, siamo una nazione terzomondista. come se esistessero sempre centinaia di progetti più importanti e urgenti di questi... E invece no, perché investire nella scienza significa creare le fondamenta per l’economia del futuro, per il lavoro, per la sicurezza sociale. E, naturalmente, tutto questo non sarà possibile se non c’è un potenziamento educativo. Se la scienza non viene insegnata nelle scuole in maniera più completa e approfondita». Sull’educazione della gente anche Superquark ha fatto e può ancora fare qualcosa, a suo avviso? Beh, certo male non fa! Naturalmente non può riempire da solo un vuoto che è quasi un abisso. Superquark è principalmente un programma di divulgazione scientifica e, a suo modo, d’intrattenimento. Il 29 giugno andrà in onda la prima di dodici puntate: speriamo che riesca a interessare lo spettatore e a vincere la lotta contro l’afa estiva». La longevità del programma indica comunque uno splendido rapporto con il pubblico, in un periodo in cui la divulgazione scientifica non sembra godere di molta considerazione. Trasmissioni che affondano, riviste che chiudono all’improvviso... «Sì, lamentarsi di questo sarebbe ingiusto e anche inelegante. Non so se ci siano formule più o meno magiche che riescano a spiegare la longevità dei nostri programmi... Io credo che sia una questione di serietà: in tutti questi anni, non ho mai preso in giro il pubblico, ho cercato di essere sempre dalla sua parte. E credo che questa serietà, quest’integrità, il pubblico la senta, la percepisca». Beh, questo possiamo confermarlo anche noi, che con la nostra rivista qualche polso tastiamo ancora. In effetti, il pubblico ha molta stima di lei... Si figuri che molti la considerano uno scienziato vero e proprio... A volte ci giungono lettere in cui è scritto: «Come ha detto il fisico Piero Angela»... «Beh, forse c’è un po’ di confusione! No, non sono uno scienziato, ma solo un professionista della comunicazione che crede - senza falsa modestia - di aver fatto il proprio lavoro con coerenza e serietà in tutti questi anni, senza troppi conpromessi. E se ciò mi ha anche donato la stima dei telespettatori, ben venga. Ne sono davvero lieto». Ma è così difficile non scendere a compromessi, quando si fa televisione? «Posso dire la verità? Io credo di no. Credo che non sia affatto difficile. Penso che dietro varie affermazioni sull’impossibilità di poter fare questo o quello, di rimanere ”puri” e coerenti perché le tentazioni sono infinite, ci sia parecchia esagerazione. O, forse, io non ho mai avuto così tante ”tentazioni”. Può essere... Ma forse - ed è ciò che più credo - è solo una questione di personalità, di carattere. Io ho sempre cercato la serietà, la coerenza, e ho rifuggito ciò che non era consono con la mia persona e il mio carattere. Senza fare troppo scene». Torniamo alla trasmissione di quest’estate. Dodici anni di Superquark. Quindi c’è chi crede ancora nella divulgazione della scienza... «Senza dubbio il mio gruppo di lavoro ci crede, perché di trasmissioni e di programmi ne abbiamo fatti tanti. E inoltre, come ho detto prima, sono fermamente convinto che una tivù come la nostra serva davvero a qualcosa, a farci cambiare - magari lentamente ma con costanza - il modo di afffrontare tante questioni aperte dei nostri tempi. Per generalizzare, la televisione è principalmente composta da tre filoni tematici: l’informazione, l’intrattenimento puro e la cultura. Non c’è bisogno di spiegare che quest’ultimo tema è anche il meno trattato: porta pochi soldi, attira pochi spettatori... Eppure l’investimento in questo settore è indispensabile per smuovere le coscienze e catalizzare l’attenzione. Viviamo un in momento particolare della storia umana, in cui dobbiamo dimostrare se siamo davvero in grado di affrontare il futuro oppure di soccombere. L’Italia, in questo campo, è lontana anni luce dai risultati mondiali e persino europei, al di là di tante belle parole e retorica. E quindi insisto su questo tasto: la scienza e la ricerca possono aprirci nuovi orizzonti. Orizzonti concreti. Impariamo a crederci». Giorgio Giorgetti