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 2006  giugno 18 Domenica calendario

Denaro e business, il fiuto di Kaiser Franz. Il Sole 24 Ore 18 giugno 2006. Kaiserslautern. L’Italia ha ieri sera deluso ma resta il Mondiale delle nazioni calcisticamente più forti, che promette scontri di fuoco dagli ottavi in poi, in un’escalation di forti tensioni

Denaro e business, il fiuto di Kaiser Franz. Il Sole 24 Ore 18 giugno 2006. Kaiserslautern. L’Italia ha ieri sera deluso ma resta il Mondiale delle nazioni calcisticamente più forti, che promette scontri di fuoco dagli ottavi in poi, in un’escalation di forti tensioni. Augurandosi che a trionfare siano loro, i tedeschi hanno da tempo già incoronato un vincitore: è Franz Beckenbauer, l’ex fuoriclasse della loro nazionale, oggi alla testa del comitato organizzatore dei Mondiali, l’uomo a cui tutti attribuiscono il merito di aver portato, con la sua tenacia e il suo appeal, il Mondiale in Germania. "il più grande successo della mia vita", dice lui che di mondiali ne ha vinti già due, uno da giocatore nell’edizione 1974 e un altro a Roma nel ’90 da allenatore. Per la Germania è il suo Kaiser moderno. Lo è da quasi quarant’anni, da quando nel 1968, allora pilastro centrale del Bayern, i fotografi lo ritrassero a Vienna accanto alla statua dell’imperatore Francesco II d’Asburgo. A Kaiser Franz sono stati sempre pronti a perdonare tutto. Tollerano i suoi scatti d’ira. Hanno condiviso le sue punzecchiature contro Jurgen Klinsmann, l’allenatore della nazionale, che sperano vincitore ma che non piace alla maggioranza dei tedeschi. Di Beckenbauer si apprezza la sua determinazione che oggi lo porta ad avere successo negli affari, come ieri lo rendeva guerriero invulnerabile in campo. Dove ha vinto di tutto, con la nazionale e con il suo Bayern Monaco, in Germania e nel mondo. Anche quando sembrava sul viale del tramonto, Beckenbauer seppe aver successo, scaldando una New York scettica del pallone giocando assieme a Pelé nel Cosmos, prima di concludere la carriera in Bundesliga vincendo uno scudetto con l’Amburgo. Oggi, a 61 anni, capelli ormai più bianchi che brizzolati, l’eterno sorriso giovanile, Kaiser Franz vive metà del suo tempo in aereo o elicottero. Come presidente del comitato organizzatore ha viaggiato nei trentadue Paesi partecipanti, avendo la diplomatica cura di avviare il tour proprio da Teheran, incontrando il presidente che vuol cancellare dal mondo Israele. Lui che, anni fa, in Terra santa con la kippah in testa inneggiò allo stato ebraico irritando a tal punto gli arabi che gli vietarono l’ingresso. Di gaffes nella sua vita Franz ne ha fatte non poche ma non gli hanno mai alienato le simpatie dei tedeschi. Anche Willy Brandt non se la prese più di tanto quando Beckenbauer, giovane ma già affermato leader del calcio tedesco, lo accusò di portare alla rovina il Paese con la sua Ostpolitik. Certamente più attento Beckenbauer è stato nel campo degli affari. Che ami il denaro e il business è lui stesso ad ammetterlo. Già a 21 anni, nel 1966, prestò la sua immagine per reclamizzare la bontà delle minestre Knorr introducendo ante litteram la figura del testimonial in un calcio che amava ancora presentarsi incontaminato dal marketing. Nel 1971 fu lui a concordare con il presidente del club i primi premi partita per i giocatori del Bayern. Marchi, business e popolarità: vendere la propria immagine per auto, birre, dadi e quant’altro è stata una della maggiori fonti di guadagno per il Kaiser, la cui ricchezza oggi viene calcolata in circa 50 milioni di euro. Lui smentisce dicendo che quella è, semmai, la cifra finora accumulata nell’arco della sua vita. Ma è un fatto che ogni anno incassa almeno 10 milioni di euro con la sua attività di testimonial: dall’Adidas agli Emirates, da 02 ad Audi e altri ancora. Un elenco di brand - spesso legati a filo doppio nelle sponsorizzazioni della Fifa - tanto lungo che è normale dimenticarsene qualcuno. Scrive Torsten Körner, il suo biografo: "Non è Franz che corre dietro al denaro, è piuttosto il denaro che gli corre appresso". Un po’ come le tante donne, tra cui quattro mogli, che lo hanno fatto innamorare e che gli hanno dato cinque figli, gli ultimi due quando già era diventato nonno. Beckenbauer non nega di essere un padre piuttosto distratto. C’è anche il golf ad attirarlo nelle ore libere. Ma i tedeschi lo giustificano. Così nessuno ha mai osato contestare a lui, bandiera tedesca, la scelta di Kitzbuhel in Austria come residenza fiscale. Un affetto e una stima che la sua Monaco gli ancora una volta manifestato il giorno dell’inaugurazione del mondiale: una standing ovation in una Allianz Arena piuttosto fredda invece verso Joseph Blatter, il presidente della Fifa, ritto in piedi a fianco di Kaiser Franz, di cui da sempre teme l’ambizione e la popolarità. Quello che di lui piace è anche la sua capacità di vivere pienamente l’oggi, senza l’assillo - come nel caso di Pelé - di replicare l’immagine del campione che fu o la voglia di essere il fondatore di un nuovo calcio, come lascia intendere Platini. Platini che probaiblmente Beckenbauer sfiderà, una volta finito il Mondiale, nella corsa alla presidenza dell’Uefa, la confederazione del calcio europeo che ha urgente bisogno di essere rivitalizzata dopo la piatta presidenza di Lennart Johansson, puntualmente schierata contro Blatter e ogni volta sconfitta dal numero uno della Fifa. Tra Platini e Beckenbauer sarà una bella lotta: comunque vada a finire, ne guadagnerà l’Uefa e sarà più dura per Blatter mantenere il potere oltre il Mondiale del Sudafrica del 2010. Aldo Bernacchi