José Saramago, la Repubblica 17/6/2006, pagina 1., 17 giugno 2006
«Sono nipote di un uomo che, presentendo che la morte lo attendeva all’ospedale dove lo stavano portando, scese nell’orto e andò a dire addio agli alberi che aveva piantato e curato, piangendo e abbracciando ognuno di essi, come se di esseri amati si fosse trattato
«Sono nipote di un uomo che, presentendo che la morte lo attendeva all’ospedale dove lo stavano portando, scese nell’orto e andò a dire addio agli alberi che aveva piantato e curato, piangendo e abbracciando ognuno di essi, come se di esseri amati si fosse trattato. Quell’uomo era un semplice pastore, un contadino analfabeta, non un intellettuale, non un artista, non una persona colta e sofisticata che decideva di lasciare questo mondo con un grande gesto che la posterità avrebbe ricordato. Si sarebbe detto che stava salutando ciò che fino a quel momento era stato di sua proprietà, ma di sua proprietà erano anche gli animali che gli davano da vivere e lui non andò da loro per salutarli. Si accomitò dalla famiglia e dagli alberi come se ìer lui fosse stato tutto la sua famiglia» (un ricordo di Josè Saramago).