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 2006  giugno 17 Sabato calendario

Tra incidenti e gaffes la vita spericolata del principe ”Victor”. Il Messaggero 17 giugno 2006. Certo, nella sua vita, non tutto gli è sempre andato per il meglio; ma, in 69 anni, davvero mai gli era andata altrettanto male

Tra incidenti e gaffes la vita spericolata del principe ”Victor”. Il Messaggero 17 giugno 2006. Certo, nella sua vita, non tutto gli è sempre andato per il meglio; ma, in 69 anni, davvero mai gli era andata altrettanto male. Nemmeno quella volta in cui, magari anche un po’ alticcio come non raramente gli capita, nel porto di Cavallo - il buen resort corsicano la cui villona si chiama come la moglie Marina, ma all’incontrario - non uccise (sia chiaro: non; perché i processi lo hanno poi prosciolto) il giovane Dirk Hamer, che dormiva sotto coperta in una barca. Sembrava che al ragazzo fosse stato fatale un colpo di un M16 - cioè di un fucilone - del principe, scaturito da una banalissima lite per un tender; ma, alla fine, e tra mille polemiche, i giudici francesi sono stati d’opposto avviso. Comunque, è certo: se a Vittorio Emanuele di Savoia era già toccata l’onta del carcere (qualche mese nel 1978, proprio per quella vicenda), mai aveva visto il sole a scacchi per dei motivi di così bassa levatura, che con una Sua Altezza fanno veramente a pugni. E invece, comunque andrà a finire la vicenda giudiziaria, sic transit gloria mundi: potrebbe essere il motto con cui il penultimo dei Savoia (ci resta sempre Emanuele Filiberto, la cui moglie Clotilde darà alla luce il secondo figlio ad agosto, e che vorrebbe stabilirsi nelle campagne attorno ad Umbertide) sostituisce l’avito e misteriosissimo Fert, che caratterizza il suo Casato. Victor, come lo chiamano gli amici della buona società (si intende internazionale), è nato a Roma il 12 febbraio 1937. Preceduto dalla sorella Maria Pia (1934), e seguito poi da altre due sorelle, Maria Gabriella (1940) e Maria Beatrice, detta Titti (1943): la più complicata della famiglia, e la più sfortunata; un figlio volato, nemmeno misteriosamente, da un terrazzo a New York; ancor prima, la storiaccia con Maurizio Arena; anche il marito, Luis Reyna Corvalan, non c’è più: anzi se n’è andato assai malamente. Però parlavamo di Victor: costretto all’esilio ancor ragazzino; gli studi alquanto problematici; l’eredità d’unico maschio, che pesa. Per decenni, fa affari vendendo elicotteri. Poi, comincia a pensare al ritorno in Italia. Forse perché la sua mamma (ma tutta d’un altro stampo) quand’era rientrata aveva riscosso lodi ed elogi in quantità. E lì, comincia, come usa dire, a cascare l’asino. Principe sì, ma delle gaffes. Di tutte, la più clamorosa riguarda le leggi razziali, firmate dal nonno, Vittorio Emanuele III: Victor afferma che non erano, tutto sommato, poi così gravi. E dapprima, rifiuta addirittura di scusarsene a nome del Casato; per poi logicamente venire a più miti consigli, spiegando di non essersi spiegato a dovere. Per tanti anni, ogni volta che la fine dell’esilio, per lui e per il figlio (cittadino italiano senza aver mai visto la propria Patria), sembrava quasi imminente, qualche incauta parola di Victor l’aveva resa, puntualmente e di nuovo, più remota ed assai più problematica. Insomma: uno che ha sempre saputo muoversi con qualche goffaggine, ed a parecchi faceva storcere il naso. E così, il movimento monarchico ufficiale lo ha abbandonato, e gli ha preferito Amedeo d’Aosta. Così, a suo tempo, la stessa sua mamma, l’ultima regina, Maria José, riusciva ad avere, per questo suo ex rampollo, parole francamente critiche; e così, in epoche più recenti, le sorelle non solo si sono dissociate da lui, ma hanno anche aperto delle procedure legali nei suoi confronti. Ci sono di mezzo storie, quanto meno ineleganti, d’eredità; ma anche la presunta ”svendita” dell’onore da cui era ammantato il tradizionale ordine cavalleresco di famiglia, intitolato ai Santi Maurizio e Lazzaro, dove ormai si è ammessi (tra i cavalieri c’è, ad esempio, anche Mike Bongiorno) non perché discendenti da antiche famiglie, ma soltanto perché amici di Sua Altezza. Il quale, negli ultimi tempi, è stato anche fortemente tentato dall’entrata in politica; o, come avrebbe detto Silvio Berlusconi di cui Victor si proclama amico, dalla ”discesa in campo”: s’intende, non nelle fila del centro sinistra. Il problema di Vittorio Emanuele, per qualcuno, sarebbero i quattrini, che forse non abbondano; per i più, invece, è quello di darsi un ruolo. Di brigare per riuscire ad ottenerlo. Aveva riposto tante speranze nel ritorno: e invece non ha ottenuto gli applausi cui, forse alquanto improvvidamente, riteneva d’avere diritto. L’ultima sua battaglia era per trasferire non già in Italia (cosa che certo nessuno gli contesterebbe) le salme di suo padre, sua madre, suo nonno e sua nonna: ma perché fossero inumate al Pantheon, come accadeva ai Savoia mentre erano Re, oppure a chi (Raffaello) avesse straordinariamente meritato. Beh, il giorno più nero tra tutti quelli che Victor ha vissuto, di certo allontana ancor più questa, già remotissima, ipotesi. Fabio Isman