La Stampa 16/06/2006, pag.25 Marco Belpoliti, 16 giugno 2006
Topolino per sempre. La Stampa 16 giugno 2006. Il nomignolo le è rimasto appiccicato per lungo tempo: Topolino
Topolino per sempre. La Stampa 16 giugno 2006. Il nomignolo le è rimasto appiccicato per lungo tempo: Topolino. Del resto il desiderio di rendere, se non proprio antropomorfi, almeno teriomorfi gli oggetti, risale ad epoche ancestrali della storia umana. La leggenda vuole che la Fiat 500, fortemente voluta dal senatore Agnelli e messa a punto dall’ingegner Dante Giacosa, si chiami così per le sue forme arrotondate, o per il musetto spiritoso e arguto. Disney aveva disegnato il suo Mickey Mouse nel 1928, tuttavia è forse al piccolo topo casalingo, personaggio protagonista di favole e racconti, che pensavano gli inventori di questo fortunato nome d’auto. La piccola grande vettura del lavoro e del risparmio, come recita lo slogan pubblicitario - un ossimoro - viene annunciata il 15 giungo 1936. L’idea è quella di produrre una vettura di basso costo, contenuta nelle dimensioni, ma spaziosa. I posti sono due, quindi non si pensa certo alle famiglie numerose, ma a un acquirente medio borghese, un abitante di città, abituato a spostarsi con una certa facilità. Il tettuccio in tela, spesso aperto, la rende una vettura decisamente estiva: il vento che scompiglia i capelli è un elemento ricercato dal guidatore, segno tangibile della velocità. Siamo ancora alle soglie della motorizzazione di massa - circolano in Italia 222.000 automezzi su una popolazione di circa 42 milioni di abitanti, dieci volte meno che in Francia, quaranta volte meno che in America - in un momento economico favorevole, lontani ancora dai venti di guerra di quattro anni dopo. Benito Mussolini guarda con attenzione alla modernizzazione del Paese, e l’automobile ne è un elemento a suo avviso indispensabile: dal futurismo al fascismo, l’Italia conosce la sua modernità anche grazie all’automobile. Il prezzo è di 8.900 lire, che corrispondono a venti volte lo stipendio medio di un operaio specializzato dell’epoca. Siamo ancora in un periodo in cui le autovetture hanno forme arrotondate e ricordano la loro origine dal mondo delle carrozze. Il fanale sul paraurti, ben visibile, come un paio d’occhi che scrutano la strada. Privo di paraurti - invece presente nella versione del dopoguerra, del 1949, che incamera anche i fanali nel frontalino anteriore - in un’epoca in cui il contatto con le altre vetture era un fatto straordinario e gli incidenti coinvolgevano, di solito, un veicolo alla volta (il fuoristrada era l’accadimento più consueto), la Fiat Topolino presenta una parte frontale molto marcata, aggressiva, mentre la parte posteriore della vettura è più sfuggente e in stile carrozza. Pur essendo una vettura economica conserva infatti qualcosa delle utilitarie eleganti dell’epoca, guarda all’estetica della Ford, ma introduce qualcosa di decisamente italiano nel gusto e nell’estetica. L’ingegner Giacosa, progettista interno all’azienda, aveva pensato di dotarla di fari a goccia e di tergicristalli incernierati in alto, come nei modelli maggiori, ma i costi lo fecero recedere. Se si confrontano i diversi modelli dell’anteguerra - sono messe in produzione versioni carrozzate, furgoni, giardiniere, e altro ancora - con quelli del dopoguerra, si capisce come il gusto estetico sia cambiato tra i ruggenti anni Trenta - ruggenti in Italia, non in America - e i più grigi anni Cinquanta. L’auto assume una forma più seria, meditata, meno aggressiva: il frontalino anteriore diventa orizzontale, abbandonando quello più rampante, in stile fascista, del modello del 1936. Siamo passati da un’Italia imperiale a un’Italia democristiana, impiegatizia, popolata più da geometri che non da gagà o gerarchi. Il paese tuttavia sale in auto e, anche se ormai invecchiata anche nello stile, la Fiat Topolino è uno dei primi volani della motorizzazione italiana. L’avvento dell’International style, il design nordico, tedesco e svedese, la Bauhaus e il modernismo degli allievi di Le Corbusier, spingeranno la Topolino in un angolo, diminuiscono infatti gli ordini esteri, sino a che un nuovo prodotto, più moderno ed economico, prenderà il posto di questa vettura figlia del compromesso tra l’eleganza delle auto maggiori e l’economicità della produzione di massa. Nel 1955 la Topolino venne sostituita dalla 600, l’auto con cui comincia davvero il boom degli anni Sessanta. Inizia l’Italia repubblicana e l’età Valletta: da un sistema all’altro, da una forma all’altra, pur nella continuità delle forme curve, la nuova modernità austera e sobria come i designer protestanti che l’ispirano di lontano, modella non solo i corpi ma anche le automobili. Marco Belpoliti