Varie, 18 giugno 2006
GAGLIARDI Rina
GAGLIARDI Rina Pisa 15 novembre 1947, Roma 27 giugno 2010. Giornalista. Politico. Fu direttore del Manifesto, vicedirettore di Liberazione, senatore di Rifondazione comunista • «“Era comunista come lo sono io. Con qualche incertezza mentre mi definisco tale. Ma aveva delle speranze, voleva cambiare il mondo. Sì, era ancora comunista e marxista”. Valentino Parlato, fondatore e anima del manifesto, ricorda così Rina Gagliardi [...] Al quotidiano comunista la Gagliardi era arrivata fin dall’inizio, nel 1971, dopo aver compiuto tutte le tappe del ’68. In una città calda come Pisa. La sua Pisa. La ricordano infatti con grande dolore i due ex studenti fuori sede Massimo D’Alema e Fabio Mussi, compagni degli anni pisani. “Intelligente, curiosa, combattiva”, racconta Mussi. “Cultura e passione”, dice D’Alema indicando due tratti del professionismo politico che gli piacciono particolarmente. Walter Veltroni l’ha conosciuta più tardi: “La sua voce critica c’era sempre quando si parlava di temi importanti”. Rina Gagliardi aveva un’ottima penna, oltre alla passione e all’eresia “colta” come spiega Parlato. “Sapeva di cosa parlava, aveva letto tutto”. Dopo 30 anni si separò dal manifesto, che aveva anche diretto assieme a Paissan, “per un’infatuazione bertinottiana” (Parlato). E dal 2000 il suo mondo è stato quello che ha ruotato [...] intorno a Rifondazione [...] È stata vicedirettore del quotidiano Liberazione, organo di Prc. [...]» (Goffredo De Marchis, “la Repubblica” 28/6/2010) • «Se a Bruce Chatwin toccava scarpinare in Patagonia dietro le orme di un mostro preistorico, lei ha scelto di scontrarsi tutti i santi giorni con un brontosauro terribile da domare: Palazzo Madama. Una “tecnomacchina cinquecentesca e postmoderna” dove “fare politica, per ora, è quasi impossibile”. Per lo scrittore inglese e per la “matricola” Rina Gagliardi la domanda, quindi, è una sola: “Che ci faccio qui?”. Dalla prima pagina di Liberazione, la senatrice del Prc racconta i suoi 47 giorni in Senato. Trascorsi in compagnia di incubi notturni (“Mi sono svegliata in un bagno di sudore: non facevo altro che mandare in tilt leve e bottoni”) e stress. Per il “coro barbarico incomprensibile” dagli spalti del centrodestra. Per quei senatori dell’Unione “con la faccia da boss democristiano” seduti sempre più vicini a quelli della Cdl. Per le spossanti attese che declinano l’inutile fatica di “non lavorare”. Persino per le piccole barriere come i banchi (“se non sei di grande statura, rimani con i piedi sospesi per aria”) o le toilette per signora (“che scarseggiano e per trovarne una devi scarpinare per corridoi lunghissimi”). Eccola,“la dura vita privilegiata di una senatrice comunista” calata in un’istituzione “davvero patriarcale” che costringe le poche donne a sentirsi “tutte ospiti”. È la cronaca di una “convivenza tanto forzata quanto innaturale” che fa scattare l’ineludibile domanda: a parte il clima politico arroventato e dimenticato per un attimo “l’intergruppo cattolico-integralista” [...]» (e. mu., “Corriere della Sera” 18/6/2006).