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 2006  giugno 16 Venerdì calendario

Un hangar di periferia per Berlusconi. La Stampa, venerdì 16 giugno Castelnuovo di Porto (Roma). Uno dei luoghi più brutti dell’emisfero boreale, una specie di capitale mondiale della burocrazia e dell’estetica burocratica, è diventato la capitale mondiale del sogno berlusconiano

Un hangar di periferia per Berlusconi. La Stampa, venerdì 16 giugno Castelnuovo di Porto (Roma). Uno dei luoghi più brutti dell’emisfero boreale, una specie di capitale mondiale della burocrazia e dell’estetica burocratica, è diventato la capitale mondiale del sogno berlusconiano. Si tratta del Centro Polifunzionale della Protezione Civile, lungo la traversa del Grillo nella frazione Ponte Storto del Comune di Castelnuovo di Porto nella cintura settentrionale di Roma. Già l’indirizzo mette ansia. Il Centro Polifunzionale è costituito da sei enormi hangar, numerati, prefabbricati, cemento chiaro, tutti su due piani. E’ circondato da rete e filo spinato. Il perimetro di questo gulag del funzionario statale misura quasi due chilometri e mezzo. Lì dentro milioni di schede elettorali sono custodite, impilate, catalogate, pronte per essere conteggiate e verificate. Ieri, intorno alle 15, è finita la prima di alcune fasi al termine delle quali il capo di Forza Italia spera di recuperare i 24 mila voti di distacco presi alla Camera e di essere proclamato vincitore delle Politiche dopo supplementari e rigori. Ieri, poco prima delle 15 e con una decina di giorni d’anticipo sulla tabella di marcia, gli oltre duecento controllori hanno finito di controllare. Si sono ingoiati circa sessantunomila verbali provenienti da tutte le circoscrizioni. Il termine tecnico è «squadratura». Hanno aperto i verbali, guardato gli iscritti, i votanti, i voti di lista, i totali. Hanno fatto accertamenti incrociati e, testuale, «è emersa una percentuale del tre per cento che risulta squadrata e non è in coincidenza». Traduzione: più o meno tremila verbali non sono corretti. «Non è una percentuale alta», dice il funzionario. E’ contento perché da domani, oggi per chi legge, la deportazione è finita. Si torna a lavorare a Montecitorio. Per arrivare qui bisogna uscire da Roma percorrendo la Salaria, perdersi, e quando ci si è definitivamente persi si è arrivati. Oppure, se si è funzionari della Camera, basta prendere il bus navetta che ogni giorno parte da piazza del Parlamento. Al Centro Polifunzionale si oltrepassa la sbarra soltanto se si è autorizzati. Si va a sinistra verso l’hangar numero 5. Negli altri c’è, appunto, la Protezione civile, e poi la Croce Rossa, l’archivio della Corte dei Conti, quello della Presidenza del Consiglio. C’è pure un centro sportivo, ma probabilmente è in disarmo. C’è un campo da calcetto con fondo in asfalto. C’è un bar terrificante. Una mensa dove servono in piatti di plastica robe tipo petto di pollo alla piastra e zuppa di farro. «Ma è immangiabile anche l’insalata». Una decina di giorni fa si è consumata una rivolta, e i funzionari sono usciti dal gulag per andare in trattoria: «Con dieci euro, fettuccine fatte in casa, pane e vino». Dunque, si entra e si va a sinistra. Lungo la recinzione ci sono container con adesivi del ministero dell’Interno, vecchie traversine in legno delle ferrovie, piccole discariche, furgoni in odore di archeologia industriale, ambulanze, tende, il parcheggio delle auto. Gli hangar stanno nella parte più esterna dell’appezzamento. In mezzo c’è il vuoto. Solo erba. Sino a pochi giorni fa era alta e vi soggiornavano i gatti randagi. Ora l’hanno tagliata e al posto dei gatti ci sono balle di fieno. E allora, si va a sinistra e si raggiunge l’hangar 5. Al piano terreno ci sono centinaia di scatoloni e poi faldoni e scartoffie. Sono i nostri voti. Al primo piano ci sono trenta postazioni con i computer. Le pareti, all’esterno in cemento, dentro sono rivestite di plastica. C’è l’aria condizionata. Nessuno sano di mente oserebbe definirlo territorio della Camera dei deputati. Qui lavorano circa centocinquanta interinali e sessanta/settanta funzionari della Camera. Una volta gli interinali non c’erano. L’usanza è nata la scorsa legislatura e non si è capito se la Camera sia presa dall’esigenza di creare indotto oppure se molti funzionari rifiutano la trasferta. In realtà la rifiutano anche i parlamentari. Tempo fa vennero Elisabetta Gardini e Gregorio Fontana, entrambi di Forza Italia. Qualche volta si è visto Donato Bruno, presidente della Giunta delle elezioni, anche lui berlusconiano. La scorsa settimana ha fatto una visita di cortesia Fausto Bertinotti. Nessun altro. Adesso, però, si passa alla fase due. «Abbiamo avuto un problema perché la nuova legge elettorale non dava risposta su chi dovesse essere il relatore del premio di maggioranza, ossia della circoscrizione nazionale, per il fatto che il regolamento non era adeguato...». Il presidente Bruno ha preso il compito sul serio. Spiega con puntiglio come stanno le cose, sebbene ad ogni passo ci si senta un po’ più smarriti. Hangar prefabbricati, funzionari, interinali, squadrature, verbali, relatori, regolamenti. Com’è lontano il Novecento, secolo che vide la nascita di Forza Italia sulla linea programmatica dell’assassino della burocrazia. Impiccheremo i lacci ai loro lacciuoli, dicevano ad Arcore. Ora Berlusconi e i suoi si sono tuffati di testa dentro ai rovi del fiscalismo per trovare il comma ter che li dichiari sopravvissuti. Tocca ai trenta membri della Giunta. Ognuno ha una circoscrizione, screening da concludere, ricorsi da esaminare. Per ottobre, massimo novembre, sapremo. «Attenzione, è un uovo di Pasqua. Dentro può esserci di tutto», avverte Donato Bruno. Mattia Feltri