Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2006  giugno 15 Giovedì calendario

Benvenuti nello stadio di Babele. La Repubblica 15 giugno 2006. Come si dice in Nigeria "tiro svirgolato"? Beh, dipende

Benvenuti nello stadio di Babele. La Repubblica 15 giugno 2006. Come si dice in Nigeria "tiro svirgolato"? Beh, dipende. Se il vostro interlocutore parla uno dei dialetti degli yoruba dirà "Ogede". Letteralmente significa: "banana". Avete fatto il giro del mondo per ritrovare il lessico dell´oratorio. E´ questa solo una delle sorprese che si incontrano allo Stadio di Babele. Il calcio è un gioco: e sul gioco ci si sente ancor più liberi che in altri settori della vita consorziata di inventare soluzioni linguistiche di fantasia. In occasione dei Mondiali – e grazie all´accessibilità ai linguaggi altrui resa possibile dai nuovi mass-media - tutti questi gerghi si concentrano in un solo luogo, che è appunto lo Stadio di Babele. Il tiro che in italiano è una rovesciata, in portoghese prende il colorito nome di "em bicicleta", ciò che non mancava di incantare Gianni Brera. E proprio la popolarità di Brera non dipendeva anche da come sapeva trasmettere questi incanti espressivi? Quando non si sa di cosa si sta parlando, la differenza fra le lingue è un tormento e una pena: ma quando il mondo di riferimento è noto a tutti, è una ricchezza. Lo si capisce sfogliando il divertente «Dizionario del calcio in sei lingue» appena pubblicato da Paolo Scotini per Mondadori, o visitando il sito del Guardian, dove con l´aiuto dei lettori è stata composta una raccolta dei termini calcistici delle lingue più diverse che non hanno un equivalente in inglese. E´ così si scopre che per i danesi, un dribbling che consente di passare fra due calciatori in area di rigore si chiama "Mosè". La "melina" danese è il "Pong" (in riferimento all´arcaico videogame), mentre in Olanda chiamano "Vuurpijl" (missile) quello che da noi sarebbe il "campanile" o la "candela" (come la Kerze tedesca): un tiro a iperbole asintotica con cui si vorrebbe liberare l´area. Un gol segnato di tacco, sollevando mezza gamba è un´ "ala di piccione" per i francesi, mentre il "foulard" è un passaggio realizzato con una finta in cui ci si incrocia le gambe. La posizione del nostro fanalino di coda in Francia è tenuta da una "lanterne rouge", in Germania da una "Rote Lanterne". Il nostro tunnel è una nutmeg (noce moscata) per gli inglesi, è un cetriolino in Austria, in olandese si dice panna (ma non è un termine gastronomico: significa "cancello"), per gli ungheresi è un "grembiule", per i brasiliani è una "cannuccia" (da bibite), mentre per i francesi è il piccolo ponte, le "petit pont", dove le "grand pont" si ha quando si manda la palla alla desta dell´avversario e lo si aggira da sinistra (per i brasiliani: "drible da vaca", dribbling della mucca). L´ "ascensore", che da noi è la punizione a saliscendi battuta da Andrea Pirlo, per i tedeschi è la squadra dal rendimento incostante; il loro "fallo tattico" (che interrompe un´azione altrimenti pericolosissima) è un "freno d´emergenza"; mentre ferite tedesche vecchie di quarant´anni (Londra, 1966) fanno battezzare "Wembleytor" (gol di Wembley) ogni gol che viene dato anche se la palla non ha attraversato la porta. L´autogol giapponese è, abbastanza pittorescamente, un "punto suicida". In portoghese, e quindi anche per i brasiliani, di un giocatore capace di virtuosismi mai decisivi si dice che "gioca nella sabbia" (Brinca-na-areia). La "papera" del portiere che causa un gol per errore, soprattutto lasciandosi passare la palla fra le gambe, è una "gallina" (frango) per i portoghesi, mentre è un "pesciolino" (peixinho) il colpo di testa in tuffo che gli spagnoli chiamano "palomita", pure diversa dalla nostra "palombella". Alzare la palla sopra la testa di un difensore e poi aggirarlo in spagnolo si dice "fare un sombrero"; un tiro potente è un "pepinazo" (grande cetriolo), un tiro che passa sopra la testa del portiere è "la vaselina". Persino per gli inglesi sono sorprendenti certe accezioni usate, nella loro lingua, fuori dai confini patrii. In Sudafrica, "shoeshine" (lustrascarpe) è la finta che si fa passando la scarpa attorno alla palla ferma, per dileggiare un difensore, mentre "rainbow" (arcobaleno) è quella mossetta con cui da fermi ci si alza il pallone sopra la testa sfregandolo fra i due piedi. Stefano Bartezzaghi