La Stampa 15/06/2006, pag.23 Lucia Annunziata, 15 giugno 2006
Ma la sensibilità politica di Sofri è già stata dimostrata. La Stampa 15 giugno 2006. L’imminente uscita dal carcere di Adriano Sofri temo sarà seguita dall’invadenza del medesimo sui media
Ma la sensibilità politica di Sofri è già stata dimostrata. La Stampa 15 giugno 2006. L’imminente uscita dal carcere di Adriano Sofri temo sarà seguita dall’invadenza del medesimo sui media... e rinnovata disperazione dei parenti delle vittime, soli e impotenti nella loro angoscia. Pare che delle reiterate comparsate televisive dei «Testimoni di un Tempo» - che se non avessero compiuto quei gesti aberranti, non importa quanto in buona o mala fede, ora sarebbero oscuri operai, impiegati, insegnanti, artigiani... - non si possa proprio fare a meno, sebbene mai alcuna di queste interviste «epocali» abbia fatto luce sulle reali responsabilità riguardo ai fatti, sui veri mandanti... Non eravamo tutti, noi cittadini, testimoni di quel tempo? Non agivamo, studiavamo, leggevamo, lavoravamo, vivevamo, tutti? E se ci tenevamo lontani dalle manifestazioni studentesche non significava che non condividessimo lo spirito del tempo, che non capissimo o non ci interessasse l’importanza di certi problemi... ma piuttosto non ci andava di essere gregge, non ci riconoscevamo in quei «capetti» rossi e/o neri, cattolici fondamentalisti e/o sedicenti maoisti, dalla cultura modesta e irreggimentata e dall’ego assai espanso, che già a vent’anni parlavano in politichese e cercavano potere... in una autoreferenzialità che il tempo ha confermato, ottime pedine per chi, nascosto e silente, in attesa, era certamente più sagace di loro... Ora non sono qui a discutere della durata della pena, della legittimità o meno della grazia, e certamente chi ha pagato ha diritto di ritornare alla società civile e cercare di ricostruirsi una vita, ma vede, signora, quello che intendo dire è che l’omicidio è un delitto del tutto particolare, l’offeso non potrà godere di alcun risarcimento, non potrà esibire alcun cosiddetto «perdono», non potrà rifarsi una vita come hanno fatto i pur dolenti parenti, come potrà fare il suo assassino, o i mandanti del suo assassinio. Tutto quello che aveva è perso, finito, non esiste più. Non c’è rimedio, non c’è ritorno. E’ troppo chiedere che chi ha causato - o contribuito a causare - la fine di tutto, almeno su questi delitti, a causa di questi delitti, non si esibisca, non ci «guadagni»? Maria Cristina Marcucci Farei eccezione per Sofri, la cui sensibilità politica è già stata dimostrata. Sul fenomeno in generale, tuttavia, Lei ha perfettamente ragione. Lucia Annunziata