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 2006  giugno 15 Giovedì calendario

I misteri del cuneo. La Stampa 15 giugno 2006. E’ passato quasi un mese dall’insediamento del nuovo governo, ma non è ancora chiaro quale sarà il programma dei «primi 100 giorni»

I misteri del cuneo. La Stampa 15 giugno 2006. E’ passato quasi un mese dall’insediamento del nuovo governo, ma non è ancora chiaro quale sarà il programma dei «primi 100 giorni». Nella migliore delle ipotesi potrà dunque essere un programma dei 70 giorni. Forse ancora meno perché questo governo ha meno tempo a disposizione del precedente. E’ nato senza luna di miele e il rischio di un nuovo downgrading del nostro debito impone scelte molto rapide. Il 7 luglio il ministro dell’Economia, Tommaso Padoa-Schioppa, presenterà la manovra correttiva per il 2006 e il Documento di Programmazione Economica e Finanziaria (Dpef), che dovrebbe definire il quadro di politica economica per l’intera legislatura. E’ un bene che ci sia una coincidenza di date nel varare Dpef e manovra. Quest’ultima, per essere davvero efficace, deve essere inserita in un programma di risanamento strutturale dei conti pubblici. Ieri nel corso della sua prima audizione al Senato, il ministro dell’Economia ha ribadito l’entità dell’aggiustamento necessario da qui al 2007 (1,6 per cento del pil, di cui almeno 0,8 da conseguire nel 2006). Ciò significa non rinegoziare gli impegni presi con Bruxelles dal governo precedente a luglio 2005, avendo però un anno in meno a disposizione. Padoa-Schioppa ieri non ha fornito alcuna anticipazione su come e dove verranno trovate le risorse. Forse perché non c’è ancora un accordo nella maggioranza sul profilo della manovra. E’ importante che non si intervenga solo sulle entrate, con un inasprimento della pressione fiscale, anche perché il peggioramento dei conti pubblici nel 2006 è stato interamente dovuto a sfondamenti nella spesa, mentre le entrate sono andate meglio del previsto. Fondamentale che, dopo aver messo in luce con la «due diligence» le molte poste iscritte a bilancio con eccessivo ottimismo dal governo precedente, non si vogliano ora inserire nella manovra operazioni di «recupero dell’evasione fiscale» o di «manutenzione della base imponibile». Sarebbe una presa in giro. Bisogna anche pensare allo sviluppo, che ha un ruolo centrale nel risanamento dei conti. Un aggiustamento dell’entità di quello ieri prefigurato da Padoa-Schioppa è incompatibile con quel taglio generalizzato di 5 punti del cuneo fiscale promesso in campagna elettorale. Vorrebbe dire aggiungere quasi un altro punto di pil (parte della riduzione dei contributi verrebbe recuperata dal gettito Ire-Ires sul reddito al netto dei contributi) ad una manovra già forse fin troppo consistente, per un governo che ha a disposizione meno di un anno e mezzo e che sin qui ha dato solo prova di esternazioni divergenti. L’unico comune denominatore delle tante interviste concesse dai ministri in queste settimane è il preconizzare interventi che fanno lievitare la spesa pubblica. Dunque se taglio del cuneo fiscale ha da essere, questo non può che essere selettivo. Ma come operare la selezione? Il cuneo fiscale è dato dalla differenza fra quanto un lavoratore costa all’impresa, tra salario lordo e contributi sociali a carico del datore di lavoro, e quanto percepisce in busta paga al netto delle trattenute. Si può, dunque, essere selettivi tanto nello scegliere le imprese coinvolte, quanto nel decidere la platea dei lavoratori interessati dagli sgravi. Non è ancora chiaro come intenda operare il governo. Dalle dichiarazioni rese al convegno dei giovani industriali di Santa Margherita, i ministri di maggiore peso sembrerebbero orientati a selezionare le imprese piuttosto che i lavoratori. L’intento è nobile: perché non concentrarsi su imprese virtuose e impegnate nella competizione su mercati internazionali in espansione, invece di dare ancora più soldi a grandi monopolisti, già gonfi di profitti? Ma un intervento selettivo sul lato delle imprese potrebbe violare la normativa comunitaria e, soprattutto, rischia di portare a risultati opposti a quelli desiderati. Sono proprio i monopolisti quelli che meglio riescono a modificare i propri comportamenti per beneficiare degli aiuti di Stato. Se il proposito dell’operazione è agganciare la ripresa mondiale, si potrebbe tagliare il cuneo solo per le imprese esportatrici. Ma la quota di export sul fatturato non è iscritta a bilancio. Dunque impossibile selezionare i beneficiari nell’unico modo non distorsivo, cioè basandosi su comportamenti passati, non più modificabili dalle imprese stesse. A meno di creare nuove e complesse amministrazioni per la selezione dei beneficiari, sulla base di documenti esibiti dalle imprese. Un incubo. Per queste ragioni, ci sembra che l’unica selettività possibile sia quella sul lato dei lavoratori, limitando l’intervento a coloro che percepiscono salari più bassi. E’ un intervento orizzontale, che, quindi, non comporta violazioni della normativa comunitaria sugli aiuti di Stato, che creerebbe nei fatti e non nelle parole una fiscalità di vantaggio al Sud (dove la stragrande maggioranza dei salari bassi sono pagati) e potrebbe davvero portare all’emersione di attività oggi in nero. Essendo l’offerta di lavoro in questo segmento di forza lavoro molto elastica, l’intervento porterebbe anche a durature riduzioni del costo del lavoro, indipendentemente da come il taglio del cuneo venisse ripartito dal legislatore (anche se tutti i 5 punti venissero tolti dalla parte dei contributi a carico del lavoratore). Tito Boeri