Varie, 15 giugno 2006
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Murialdi Paolo
• Genova 8 settembre 1919, Milano 14 giugno 2006. Giornalista. Ha esordito nel 1939 a Il Secolo XIX. Dal 1950 ha lavorato al Corriere della Sera e dal 1956 al 1973 è stato redattore capo de Il Giorno. Dal 1974 al 1981 è stato presidente della Federazione Nazionale della Stampa. Membro del Cda della Rai dal 1993 al 1994, ha insegnato storia del giornalismo in diverse Università. Nel 1976 ha fondato la rivista Problemi dell´informazione. Tra i suoi numerosi libri: Come si legge un giornale (Laterza, 1975), La stampa italiana del dopoguerra 1943-1972 (Laterza, 1973), Storia del giornalismo italiano (Il Mulino, 1996), Il giornale (Il Mulino, 1998). «[...] per essere ben accolto, affacciandosi nel suo ufficio, bastava dire: ”Ho letto l’ultimo Gadda”; oppure: ”Arbasino è in forma”; ”La critica di Citati era la migliore”; ”Il Calvino era proprio bello”; ”Moravia si ripete”. Se con gli altri era facile attaccare discorso citando calciatori e ciclisti, con Murialdi era preferibile usare la letteratura come esca. Lui abboccava subito. Pure sapendo che poteva essere un espediente. Fu lui a curare le prime pagine culturali periodiche in un quotidiano italiano. E quelle del Giorno furono pagine prestigiose. Tra i collaboratori vi furono Pietro Citati, allora un debuttante, Carlo Emilio Gadda, Italo Calvino, Alberto Arbasino, Goffredo Parise. Il critico d´arte era Marco Valsecchi, il critico teatrale Roberto de Monticelli, il critico musicale Beniamino dal Fabbro. Sapeva ascoltare. In un giornale è raro. Raccontava poco di sé. E quando lo faceva, anche se si trattava di fatti di guerra, evitava l’enfasi. Eppure, senza mai alzare la voce, con i suoi modi garbati, Paolo era stato un uomo capace di forti decisioni. Ufficiale degli alpini, dopo l’8 settembre, aveva raggiunto i partigiani dell’Oltrepo pavese, sulle colline del triangolo Voghera-Stradella-Passo del Penice. A convincerlo a unirsi alla brigata ”Garibaldi” era stato un suo superiore, il capitano Italo Pietra, che poi, poco più di tre lustri dopo, sarebbe diventato il suo direttore al Giorno. Tra i partigiani che liberarono Milano c’erano quelli di Pietra, a fianco del quale c’era Paolo, suo aiutante di campo. Pietra e Murialdi furono tra i primi ad arrivare in piazzale Loreto, dove erano esposti i corpi di Mussolini e della Petacci. Molti anni dopo Paolo si è deciso a raccontare quel periodo in un libro di poche pagine e sotto un titolo didascalico: La traversata. Settembre 1943-dicembre 1945 (Il Mulino, pagg. 137). Come aveva lasciato il Corriere della Sera per tentare l´avventura di un nuovo quotidiano più vicino alle sue idee (l’editoriale sul primo numero del Giorno, scritto da Gaetano Baldacci, il fondatore, aveva come titolo: Il cuore a sinistra), cosi Paolo ha lasciato Il Giorno quando ha ritenuto che l’avventura fosse finita. Questo accadeva nel 1973. Poco prima, in nome dell’amicizia nel frattempo nata e consolidata, mi aveva consigliato di fare altrettanto. E cosi, spinto da lui, avevo accettato di vivere in Estremo Oriente per il Corriere della Sera, diretto da Piero Ottone. Nei successivi trentatré anni [...] ha avuto una vita ancora più intensa e ricca di quella conosciuta nelle redazioni dei giornali. stato, tra l’altro, presidente della Federazione Nazionale della Stampa, il sindacato dei giornalisti, e consigliere d’amministrazione della Rai, tra il luglio 93 e il luglio 94. Quando la televisione pubblica conobbe momenti di preziosa, rara dignità, con Demetrio Volcic (voluto dallo stesso Murialdi) alla testa del TG1. Ma in quegli anni Paolo si è dedicato soprattutto al giornalismo come storico e studioso dei nuovi mass media. E in questa veste ha insegnato in varie università, in particolare alla Bocconi, dove ha diretto il Laboratorio per la comunicazione economica e finanziaria. Ha fondato una rivista trimestrale (Problemi dell’Informazione) che gli sopravvive. E ha scritto libri che non si trovano soltanto nelle facoltà di Scienza delle comunicazioni. Chiunque si occupi di giornalismo può difficilmente ignorare Il giornale (1998, il Mulino); La stampa italiana dalla Liberazione alla crisi di fine secolo (1998, Laterza); Storia del giornalismo italiano (1996, il Mulino); La stampa del regime fascista (1986, Laterza); Come si legge un giornale (1975, Laterza)... E questi sono soltanto alcuni titoli. [...] Tra i requisiti minimi per l’esercizio del giornalismo Paolo Murialdi metteva senza esitare al primo posto il ”carattere”, la ”spina dorsale”. Fattori spirituali e psichici, aggiungeva, che, ahimè, non si possono inserire in un contratto di lavoro. Fu lui a scrivere la voce della Treccani sull’autocensura: vale a dire la censura che non fa notizia perché il giornalista che la adotta non la dice. Non la confessa. Paolo la definì con queste parole: è il genere, il fatto e la capacità di censurare se stesso, sorvegliando e limitando l’espressione dei propri pensieri e sentimenti e, comunque, controllando il proprio linguaggio. Più comunemente è la limitazione che giornali e giornalisti si impongono, per decisione autonoma e per motivi vari, senza pressioni esterne, nella diffusione di alcune informazioni. Ci sono due modelli di autocensura: quella indotta e quella implicita o intima. La prima riguarda casi classici e antichi, quali sono ad esempio La Stampa e la Rai. La prima non può certo criticare la Fiat, sua proprietaria; la seconda non può criticare i partiti. In quanto all’altro modello di autocensura, quello intimo, è tanto diffuso quanto sconosciuto. Nella maggior parte dei casi viene esercitato sui particolari di una notizia o sull’intonazione di un resoconto. In Italia, diceva Paolo, ha radici profonde e diverse, che spesso bloccano il carattere, troppo debole, dei giornalisti. Giornalisti senza spina dorsale» (Bernado Valli, ”la Repubblica” 15/6/2006).