Il Sole 24 Ore 10/06/2006, pag.3 Maurizio Caprino, Augusto Grandi, 10 giugno 2006
Classificare un Suv? Quasi impossibile. Il Sole 24 Ore 10 giugno 2006. Torino. "Sarà difficile individuare un criterio per colpire i Suv: non c’è una definizione univoca
Classificare un Suv? Quasi impossibile. Il Sole 24 Ore 10 giugno 2006. Torino. "Sarà difficile individuare un criterio per colpire i Suv: non c’è una definizione univoca. Quali sono i Suv? La Sedici della Fiat o l’Hummer?". Gianni Filipponi, segretario generale dell’Unrae (l’associazione degli importatori di auto estere), ricorda che i Suv sono immatricolati come qualsiasi altra autovettura e classificarli come tali è solo una questione di marketing. Ma i tributi, come il superbollo preannunciato dal Governo su questi veicoli, devono avere solide e chiare basi giuridiche, che è difficile trovare. E occorre fare i conti con la corsa all’elusione che potrebbe scatenarsi. L’Unrae valuta in circa un milione il parco auto di Sport utility circolante in Italia, per un valore di 230 milioni di euro annui versati come tassa di possesso. Nei primi cinque mesi 2006 le immatricolazioni di fuoristrada (categoria che in parte coincide con le Suv) in Italia sono state 74.641 (il 6,61% del mercato), contro le 65.158 di un anno fa (6,51%). I rappresentanti dei costruttori respingono l’idea che i Suv siano più inquinanti: "Sono quasi tutti motori diesel - dice Filipponi - e l’inquinamento è sicuramente inferiore rispetto a una qualsiasi auto a benzina di qualche anno fa". Ma forse il confronto va fatto con le auto di oggi e il risultato lo suggeriscono le direttive europee, che per gli esemplari sopra i 2.500 chili di massa complessiva (peso raggiunto da alcune Suv e monovolume) prevedono una deroga di un anno nell’applicazione dei limiti d’inquinamento più recenti. Ma non può essere l’inquinamento la base per una sovrattassa: nei computer del Dtt (la Motorizzazione) ci sono solo dati parziali, oltretutto riferiti a esemplari immatricolati all’incirca dal 2002. Più completi sono i dati sul consumo, che in teoria possono essere un indice indiretto dell’inquinamento, ma sono ottenuti in un ciclo di prova (direttiva europea 93/116) irrealistico (tanto che la Ue vuole cambiarlo). "Néci si può basare sulla potenza - aggiunge Filipponi -: una Toyota Rav 4, cioè il Suv più venduto in Italia, è meno potente di una Fiat Croma. Non vanno bene neppure lunghezza e larghezza: sempre la Rav 4 è più corta e stretta della Croma e persino di una vettura del Segmento C come la Ford Focus Sw. Discorso analogo per il peso. Da scartare anche l’ipotesi che sia sufficiente la trazione integrale: si penalizzerebbe anche una "piccola" come la Panda 4x4". Proprio come successe col superbollo sui fuoristrada, nel 1991. Resta il parametro dell’altezza, contestato da chi sostiene che sia fonte di sicurezza poiché permette di vedere meglio (ma chi guida dietro una Suv vede peggio); in realtà anche questo parametro darebbe problemi alle banche dati. Il problema di definizione dei Suv non è solo italiano: l’Upi, l’ufficio svizzero per la prevenzione degli infortuni, ricorda che anche a livello internazionale le definizioni sono divergenti e per questo ha fatto ricorso alle caratteristiche rilevanti per la sicurezza: altezza (di solito crea più problemi di tenuta di strada), massa, frontale più alto e ripido e potenza. Ma, come abbiamo visto, sono parametri di difficile utilizzo a fini fiscali. Quanto all’elusione, già oggi non sono pochi i Suv che, anche ricorrendo a "triangolazioni" con altri Paesi Ue, vengono classificati come autocarri e quindi godono di piena deducibilità e detraibilità su Iva e imposte sul reddito. Senza contare che ci sono società di leasing tedesche che offrono a italiani auto di lusso, immatricolate (e quindi tassate) in Germania: il Codice della strada (articolo 132) vieta di circolare in Italia con targa estera per più di un anno, ma di fatto i controlli sono molto difficili. Maurizio Caprino, Augusto Grandi