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 2006  giugno 13 Martedì calendario

MARINI Igor

MARINI Igor Roma 19 marzo 1963. Presunto superteste dell’affaire Telekom Serbia (parlò di una tangente di 450 miliardi a Prodi, Fassino e Dini), il 10 novembre 2011 il Tribunale di Roma lo condannò a 10 anni di reclusione, al versamento di una «provvisionale immediatamente esecutiva» di 1 milione di euro e al risarcimento nei confronti delle vittime della sua diffamazione (Francesco Rutelli, Lamberto e Donatella Dini, Walter Veltroni, Piero Fassino, Clemente Mastella, Romano Prodi) di un danno quantificato in 100 mila euro da riconoscere a ciascuna parte lesa • «Alla moglie giurava di lavorare in Vaticano. “Sai”, le diceva, “adesso faccio parte della segreteria del cardinal Sodano. Tutto presto sarà risolto”. Per questo, dopo averla baciata, usciva sempre di casa prestissimo, elegante con addosso il suo blazer blu. A sera poi, raccontava storie di miliardi e di riunioni ad alto livello. Persino con papa Wojtyla: “Non ci crederai”, azzardava, “ma oggi mi sono accorto che il papa mi ha guardato male. Deve essere perché gli hanno detto che come lui sono polacco ed ex attore”. Lei lo ascoltava innamorata e sperava che fosse cambiato. Ma Igor Marini, il supertestimone dell’inchiesta parlamentare Telekom Serbia, in carcere dal 29 luglio 2003 alle Vallette di Torino per associazione per delinquere, truffa e riciclaggio, era quello di sempre: “Un gran bugiardo”. [...] nei suoi racconti Igor commetteva un errore dopo l’altro. Ogni volte che Alessandra lo andava a prendere a Roma, lui non usciva mai dagli uffici della Santa Sede dove avrebbe dovuto lavorare. Le faceva, invece, delle strane sorprese per strada, sbucando all’improvviso. E quando lei gli chiedeva perché non fosse in ufficio, lui, pronto, rispondeva: “Anche oggi ho dovuto accompagnare il vescovo Ante Jule in albergo. Sta all’Hotel Columbus. Che uomo! Vedrai, una di queste sere viene a casa da noi e te lo faccio conoscere”. Alessandra si era trovata così a preparare più volte la cena per l’alto porporato. Dal macellaio faceva la spesa a credito (“Mi raccomando, monsignore preferisce la carne rossa”, ripeteva Igor), ma di Ante Jule non si era mai vista l’ombra. I creditori, quelli sì che erano veri. Dopo aver lasciato un appartamento a Milano in via Paolo Giovio senza pagare l’affitto, aveva acquistato (versando solo le prime rate) una villa a Fregene. Qui mandava sempre Alessandra “ad aprire la porta. Se c’era qualcuno che chiedeva di pagare le fatture, dovevo dire che presto tutto si sarebbe risolto”: alla fine a sfrattarli arrivarono gli ufficiali giudiziari. Restarono così in sospeso anche i conti del cibo per i cani e Alessandra, dopo l’ennesima scenata, si rese conto che pure le doppie chiavi del distintivo dorato che Igor portava sempre appuntato ai baveri delle giacche, erano di latta. Suo marito le aveva comprate in un negozietto di souvenir a due passi da San Pietro. [...]» (Peter Gomez, “l’espresso” 14/8/2003).