Nova Il Sole 24 Ore 01/06/2006, Andrea Carobene, 1 giugno 2006
Due parallele? Magari alla fine si incontrano. Nova Il Sole 24 Ore 1 giugno 2006. Socrate sa di non sapere se due rette parallele finiranno prima o poi per incontrarsi
Due parallele? Magari alla fine si incontrano. Nova Il Sole 24 Ore 1 giugno 2006. Socrate sa di non sapere se due rette parallele finiranno prima o poi per incontrarsi. Le linee parallele hanno costituito nella storia della geometria uno degli argomenti più dibattuti e controversi. Oggi è stata trovata una risposta definitiva rispetto alla loro esistenza e alle loro caratteristica, ma la soluzione che è stata scoperta avrebbe sicuramente sorpreso Euclide, il grande studioso greco che con il suo lavoro pose le basi rigorose di questo dibattuto fin dal III secolo a.C. La conclusione, infatti, è che non esiste una sola risposta al problema delle parallele, e che in fondo è una questione di scelta. Che il problema non fosse semplice se ne era accorto già lo stesso Euclide. Nel primo libro dei suoi "Elementi", dopo aver definito gli enti fondamentali come il punto o la linea, il matematico greco aveva introdotto una serie di postulati definiti come verità semplici e manifeste, come ad esempio l’affermazione che due angoli entrambi retti sono uguali fra loro. Il problema è che il quinto postulato, quello relativo alle parallele, si presenta con un’affermazione più complicata, ossia: "Se una retta che taglia due rette forma gli angoli interni e della stessa parte minori di due retti, allora se si prolungano illimitatamente le due rette queste si incontreranno dalla parte dove i due angoli sono minori di due retti". Questa frase, che può essere compresa se si ha la pazienza di disegnare quanto Euclide spiega, non può certo essere considerata semplice o evidente a tutti, anche se in realtà il concetto che esprime è analogo all’affermazione che per un punto esterno a una retta passa una e una sola parallela alla retta data. Nei secoli successivi molti studiosi tentarono di dimostrare il V postulato, convinti che questo assioma fosse un teorema che poteva essere ricavato partendo dagli altri postulati. Questi tentativi non portarono ad alcun risultato fino a quando, nel XVIII secolo, il gesuita Giovanni Gerolamo Saccheri ne tentò una dimostrazione per assurdo. L’idea era quella di negare la verità del V postulato, e utilizzare questa negazione come nuovo assioma dal quale ricavare gli altri teoremi della geometria. Se si fosse arrivati a qualche conclusione assurda, la verità del V postulato sarebbe stata evidente a tutti, in quanto la sua negazione avrebbe avuto come conseguenza delle assurdità. Con il suo tentativo Saccheri pose le basi per le geometrie non euclidee, scoprendo ad esempio che se si nega il V postulato possono esistere triangoli la cui somma degli angoli interni è maggiore di 180°. Un’affermazione che al matematico gesuita sembrò impossibile, ma che in realtà non lo è affatto. Le geometrie che negano il V postulato non sono infatti assurde, e hanno la stessa coerenza logica della normale geometria euclidea, che è poi quella che si apprende durante gli studi della scuola media. Nel XVIII e XIX secolo furono così sviluppate le geometrie non euclidee. Tra tali geometrie vi sono quelle di tipo ellittico, che non prevedono l’esistenza di rette parallele, o quelle di tipo iperbolico, che dicono che per un punto fuori da una retta passano più linee parallele a quella data. Socrate sa di non sapere se due rette parallele finiranno prima o poi per incontrarsi, ma sa anche che è libero di dare la risposta che preferisce. Andrea Carobene