La Stampa 04/06/2006, pag.31 Roberto Beccantini, 4 giugno 2006
Il confine di una generazione. La Stampa 4 giugno 2006. Totti va per i 30 (li compirà a settembre), Del Piero ne farà 32 a novembre, Cannavaro 33 a settembre, Nesta ha toccato i 30 a marzo, Camoranesi li toccherà a ottobre, Toni e Zambrotta sono del ’77
Il confine di una generazione. La Stampa 4 giugno 2006. Totti va per i 30 (li compirà a settembre), Del Piero ne farà 32 a novembre, Cannavaro 33 a settembre, Nesta ha toccato i 30 a marzo, Camoranesi li toccherà a ottobre, Toni e Zambrotta sono del ’77. La voglia di Mondiale è così forte da farci dimenticare un dato cruciale: questo, per molti dei nostri, sarà l’ultimo. Non si escludono eccezioni, suffragate da paragoni illustri (Paolo Maldini, per esempio: capitano nell’edizione asiatica a 34 anni), ma, appunto, sarebbero eccezioni. Tempo di previsioni, dunque: e già, paradossalmente, di bilanci. L’esito dell’avventura tedesca fisserà i confini di una generazione intera. La generazione di Totti e Del Piero, ferma, per ora, al secondo posto europeo del 2000. Le Nazionali sono le uniche bilance su cui pesare i giocatori al netto della «tara» straniera. Del Piero era stanco agli Europei 1996, mezzo rotto ai Mondiali 1998, riserva di Totti agli Europei 2000, metà riserva e metà titolare ai Mondiali 2002, titolare con Totti e poi senza agli Europei 2004. Francesco si è preso gli Europei del 2000 e ha fallito i Mondiali nippo-coreani e gli Europei portoghesi. Avrebbero dovuto fare la differenza: non l’hanno (quasi) mai fatta. E non sempre per colpa del destino cinico e baro. Clamorosi errori di mira (Del Piero, nella finale di Rotterdam, con la Francia). Pacchiane cadute di nervi e di stile (Totti, il rosso coreano di Moreno e lo sputo a Poulsen). Non credo neppure che le squadre a disposizione fossero mediocri; o modesti gli allenatori. Viceversa, penso che loro, e la loro generazione, siano stati sopravvalutati. Ne abbiamo coccolato e gonfiato il talento, spacciandolo per qualcosa di superiore alla realtà. Sia chiaro: il talento c’è, specialmente in Totti, il più eclettico, anche sul piano fisico, dei nostri potenziali fuoriclasse. Ribadisco: potenziali. Il problema è che, da solo, non basta. Bisogna tradurlo: e se nella cuccia dei rispettivi club, ci sono riusciti, non altrettanto si può dire dei safari in Nazionale. L’apporto degli stranieri è stato volutamente circoscritto («li hanno tutti»). La fortuna che spesso accompagna e orienta i tornei di breve durata costituisce un alibi plausibile, sì, ma sin troppo esposto. Il Mondiale rappresenta l’unico obiettivo che può sabotare le gerarchie. O sei Di Stefano, che è diventato Di Stefano pur non giocando nemmeno un secondo delle fasi finali (poteva permetterselo, lui), o devi firmarne uno. Giancarlo Antognoni, zero scudetti a Firenze, l’ha fatto. Totti arriva in Germania convalescente a una caviglia, Del Piero non al massimo della forma. Le amichevoli con Svizzera e Ucraina non inducono all’ottimismo. La tradizione, in compenso, invita a blandire il disagio. sempre il peggio che ci fa cavar fuori il meglio. L’Italia è il paese delle lauree ad honorem e dei mazzi di carte con un numero spropositato di assi. Fare strada in Champions - e, magari, vincerla - contribuisce a drogare i valori. Ho parlato di Totti e Del Piero, ma potrei aggiungere Nesta, un difensore che finisce quando «finisce» l’attaccante che deve marcare. Le coppe globalizzate sono di tanti. La Nazionale appartiene alla Nazione che la esprime. La conquista di un Mondiale o un Europeo premia anche i gregari, ma non bluffa mai, neppure quando l’archivio ingoia sorprese come Danimarca e Grecia, o digerisce carneadi come Vilford e Zagorakis. Che non sono Totti né Del Piero, epperò almeno un ottomila l’hanno scalato. C’è una generazione azzurra in bilico fra il molto che ha dato e il molto che ancora le manca per passare alla storia. La storia vera, non quella che ci urliamo, faziosi e isterici, da cortile a cortile. Roberto Beccantini