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 2006  maggio 27 Sabato calendario

Montenegro, Serbia e Ue: problema di euro. Corriere della Sera 27 maggio 2006. In Montenegro si è svolto, con esito positivo, un referendum secessionista

Montenegro, Serbia e Ue: problema di euro. Corriere della Sera 27 maggio 2006. In Montenegro si è svolto, con esito positivo, un referendum secessionista. Alla luce di questo risultato vorrei sapere in che misura muteranno i rapporti con l’Unione Europea. Inoltre, le chiedo come mai il mediatore europeo ha «imposto» una maggioranza qualificata pari al 55 per cento? A suo avviso tale soglia ha determinato una potenziale lesione del principio democratico di maggioranza? Manuel Girola Nella sua risposta data a un lettore il 16 maggio lei ha affermato che «il Montenegro ha già adottato l’euro». Davvero il Montenegro fa parte dell’eurozona? Stefano Farina stefanofarina2003@ yahoo.com Cari Girola e Farina, le vostre lettere concernono aspetti diversi del rapporto del Montenegro con l’Unione Europea. Quella di Manuel Girola chiede, tra l’altro, perché il mediatore europeo abbia imposto una maggioranza qualificata e se tale soglia abbia determinato una potenziale lesione del principio democratico. Alla prima domanda rispondo che Javier Solana, responsabile per gli affari internazionali dell’Unione, si augurava di evitare in tal modo una ulteriore frammentazione dei Balcani; alla seconda, che le maggioranze ponderate non contraddicono il principio democratico e sono utilizzate, generalmente, quando il problema soggetto al voto incide sulla forma dello Stato e sul suo fondamentale funzionamento. Queste maggioranze esistono anche nell’Unione Europea e, per le leggi di riforma costituzionale, nel Parlamento italiano. Lei, caro Girola, si chiede altresì quali saranno gli effetti del voto sui rapporti fra il Montenegro e l’Unione Europea. Credo che saranno due. In primo luogo il nuovo Stato, erede di quello che sopravvisse sino alla fine della Prima guerra mondiale e fu brevemente ricostituito sotto la Corona italiana durante la Seconda, avrà qualche maggiore speranza di essere ammesso all’Unione ed entrerà così ufficialmente, prima o dopo, in sala d’attesa. In secondo luogo, la Serbia, dopo il referendum, sarà ancora più isolata e reietta di quanto già non sia stata in questi anni. Ciò che mi appare più preoccupante in questa vicenda è la condizione della Repubblica di Belgrado, troppo orgogliosa e fiera per cedere alle pressioni di Bruxelles e consegnare al tribunale internazionale dell’Aja, il generale Radko Mladic e il serbo-bosniaco Radovan Karadzic. Temo che l’Europa abbia abdicato alle proprie responsabilità politiche e le abbia abbandonate nelle mani del procuratore Carla Del Ponte, a cui preme soltanto risolvere un problema di giustizia internazionale. La questione dell’euro, sollevata nella lettera di Stefano Farina, potrebbe essere nei prossimi anni il rompicapo dell’Unione Europea. Come ricorda il Sole 24 Ore in un articolo del 21 maggio, il problema sorge nel 1999 quando il Montenegro, per meglio affermare la propria autonomia da Belgrado, abbandonò il dinaro jugoslavo e adottò prima il marco tedesco e successivamente l’euro. Fu una decisione unilaterale, simile a quella che è stata presa da Ecuador, San Salvador e Timor Est quando scelsero il dollaro «per introdurre stabilità nell’economia nazionale, ridurre i premi di rischio sugli strumenti finanziari, creare una maggiore integrazione con l’economia più forte». Secondo gli economisti della Banca centrale queste «affiliazioni» monetarie presentano qualche inconveniente, soprattutto quando non vi sia stato in precedenza «un certo grado di integrazione con l’economia di riferimento». questa la ragione per cui il presidente della Bce Jean-Claude Trichet non ha perso tempo, dopo il referendum montenegrino, per dichiarare bruscamente che l’adozione dell’euro «non è assolutamente una scorciatoia per aggirare i criteri di stabilità già prefissati per chi voglia entrare nell’Unione monetaria europea». Chi introduce l’euro, senza passare dalla porta principale, dice sostanzialmente Trichet, lo fa a suo rischio e pericolo. Sergio Romano