Varie, 6 giugno 2006
SEGIO
SEGIO Sergio Pola (Croazia) 24 novembre 1955. Ex terrorista. Dopo aver militato in Lotta Continua, aderisce alla formazione Prima Linea. Tra gli omicidi di cui è responsabile c’è quello del magistrato Emilio Alessandrini • «[...] fondatore di Prima Linea, capofila del gruppo di dissociati dalla lotta armata, una lunga pena (22 anni) interamente scontata. [...]» (Enrico Bonerandi, ”la Repubblica” 6/6/2006) • «[...] La sua mano, tra il ”79 e l’82, ha ucciso più volte. ”Ma la verità è che sento per intero la responsabilità morale di tutti gli uomini assassinati o feriti da Prima linea”. La sua mano, oggi che, ultimo tra i suoi mille ex compagni, è tornato ad essere un uomo libero, firma un racconto che è metafora e storia di quel salto nel buio. A cominciare dalla scelta del titolo: Miccia corta [...] Perché ”corta” è stata la corsa di Segio e dei suoi compagni (’Le nostre vite somigliano a candele che hanno continuato a bruciare a entrambe le estremità”). Perché ”corta” era la miccia che, il 3 gennaio del 1982, accese l’ordigno che aprì il muro di cinta del carcere di Rovigo, nella sua ultima e disperata azione che consentì l’evasione delle militanti di ”Prima linea” Susanna Ronconi (che di Segio era la compagna), Marina Premoli, Federica Meroni e Loredana Biancamano e costò la vita ad un innocente. Un pensionato di 64 anni, Angelo Furlan, investito dalle schegge dell’esplosione mentre portava a spasso il suo cane (’Non dimenticherò mai la generosità della stretta di mano della figlia e del genero nelle gabbie del processo”, scrive Segio) [...] Segio non si autoassolve, né cerca giustificazioni nel doppio, comodo equivoco della generazione perduta dai ”cattivi maestri” e del contesto di asserita ”guerra civile”. ”Non utilizzare come scudo queste due categorie è una scelta consapevole. Noi abbiamo avuto torto. E questa è una verità indelebile. Dunque, ho preferito e preferisco parlare delle mie responsabilità, delle mie scelte e di chi le ha condivise con me. l’unico modo per provare a spiegare, soprattutto alle nuove generazioni, le mie ”ragioni’ di vinto, le origini politiche e morali della nostra scelta di ottusità violenta. Il ruolo della Dc, del Pci, del Msi, degli apparati deviati dello Stato in quegli anni ha indubbiamente importanza sul piano della ricostruzione storica, ma non può essere usato come un alibi” [...]» (Carlo Bonini, ”la Repubblica” 26/2/2005).