Varie, 2 giugno 2006
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Danzi Gianni
• Viggiù (Varese) 25 gennaio 1940, Barasso (Varese) 2 ottobre 2007. Vescovo • «Al buon prete ”non si chiede di essere esperto in economia, in edilizia o in politica”, ha detto Benedetto XVI in Polonia. Ma in Vaticano chi ha questi talenti può far molta strada. questo il caso di Gianni Danzi, uno dei monsignori con cui Luciano Moggi andava a pranzo a Roma, a cui dava del tu, e a cui chiedeva il numero di telefono di ragazze moldave e filippine. ”Donne di servizio”, ha messo in chiaro Danzi alla radio della Svizzera italiana, dopo l’intercettazione finita sui giornali: ”Facevano capo alla parrocchia romana di Santa Croce di Gerusalemme dove io andavo a dir messa”. Oggi Danzi non è più in Vaticano. stato trasferito [...] a Loreto, microdiocesi di 11 mila fedeli e cinque parrocchie, ma con un importante santuario mariano che è alle dirette dipendenze della Santa Sede. Loreto è l’approdo dei grandi giubilati. Prima di lui sono finiti lì gli ex segretari di Giovanni XXIII, Loris Capovilla, e di Paolo VI, Pasquale Macchi. Ma Danzi non si rassegna a chiudere così una carriera che in Vaticano gli ha dato molti poteri e anche molti nemici. [...] da giovane fece per due anni il geometra. Ma è cittadino svizzero. diventato prete a Lugano perché nei seminari di Milano tirava cattiva aria per quelli come lui che erano di Comunione e liberazione e obbedivano a don Luigi Giussani. Insegnò religione a Bellinzona e fu segretario del vescovo di Lugano dell’epoca, Angelo Jelmini. Ma ad aprirgli le porte di Roma furono le missioni di Cl in Brasile. Strinse amicizia con il cardinale brasiliano di curia Agnelo Rossi e questi se lo portò con sé in Vaticano, all’Apsa, Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica. Da dove subito dedicò particolare cura alla Polonia, patria del papa allora regnante, Giovanni Paolo II. Danzi contribuì a trapiantare Comunione e liberazione in Polonia, e soprattutto ad assicurare un flusso imponente di derrate alimentari e soldi verso quel paese, ancora sotto il tallone comunista. Stanislaw Dziwisz, l’influente segretario del papa, strinse con Danzi un legame fortissimo. E intanto il cardinale venezuelano Rosalio Castillo Lara aveva preso il posto di Rossi. Dall’Apsa Danzi passò al Governatorato della Città del Vaticano, una specie di municipio che si occupa di tutto ciò che non è spirituale, dai musei ai passaporti agli spacci. Castillo Lara ne era il sindaco e Danzi il segretario generale. Con Dziwisz facevano un terzetto che in curia aveva pochi rivali. Nel 1996 arrivò anche la nomina di Danzi ad arcivescovo, che il cardinale Giovanni Battista Re, giudice istruttore di queste nomine, aveva fatto di tutto per ostacolare, ma che fu sbloccata per ordine perentorio di Dziwisz, a nome del papa. In segreteria di stato Danzi aveva un informatore di primissimo ordine, Francesco Follo, sacerdote di Cremona e ciellino, titolare della cifra, l’ufficio dal quale passano tutte le carte del Vaticano. I due si vedevano quasi ogni giorno nella villa che Danzi aveva ricavato per sé da un vecchio casolare sulle pendici del Gianicolo. Anche lo Ior, Istituto per le Opere di Religione, la ricca banca vaticana, finì sotto le mire di Danzi e Castillo Lara, stando a quanto ha rivelato il presidente dello Ior, Angelo Caloia, nel libro Finanza bianca [...] Ma l’assalto non ebbe successo. A Castillo Lara, tornato in Venezuela, subentrò il cardinale americano Casimir Szoka, con cui Danzi si guastò subito. Follo fu spedito a Parigi, come rappresentante della Santa Sede presso l’Unesco. Morto Giovanni Paolo II, anche Dziwisz lasciò Roma. Non prima d’aver messo Danzi al riparo, sotto il manto della Madonna di Loreto» (Sandro Magister, ”L’espresso” 8/6/2006).