Viaggi, Michael Crichton, Garzanti 2005, 1 giugno 2006
POSCRITTO: SCETTICI AL CAL TECH*
Nella primavera del 1987 conobbi Paul MacCready, quell’ingegnere aeronautico simpatico e divertente che nel 1977 ha costruito il "Gossamer Condor", realizzando così uno dei più antichi sogni dell’uomo: il volo muscolare umano. MacCready ha progettato anche il "Gossamer Albatross", il primo aereo azionato dall’uomo che ha attraversato la Manica, e anche un aereo a energia solare.
Nel corso della nostra conversazione Paul parlò con disprezzo dei sensitivi, persone che sostenevano di vedere le aure. L’opinione di MacCready era che questa gente nel migliore dei casi era ingenua e nel peggiore imbrogliava.
Io non ero d’accordo: nella discussione che seguì Paul mi disse di essere membro della sezione di Pasadena del CSICOP.
Il Comitato per l’Indagine Scientifica delle Rivendicazioni dei Fenomeni Paranormali era stato fondato nel 1976 da un gruppo di eminenti filosofi, psicologi, scienziati e maghi. Nella loro rivista trimestrale, "The Skeptical Inquirer", i membri del CSICOP avevano screditato le rivendicazioni dei fenomeni "paranormali". C’erano sezioni del CSICOP in tutto il paese e quella di Pasadena, di cui facevano parte molti membri del Cal Tech, era particolarmente attiva. MacCready mi propose di fare un discorso a questo gruppo.
Accettai immediatamente pensando che sarebbe stata un’esperienza interessante sia per me che per il pubblico. Paul disse che avrebbe fatto in modo di farmi invitare. Iniziai a preparare il mio discorso.
Dato che non sapevo molto sul lavoro del CSICOP cominciai col leggere una scelta di articoli tratti da "The Skeptical Inquirer" e pubblicati nel volume Science Confronts the Paranormal. La maggior parte degli articoli non mi interessava affatto, in essi si screditavano i bioritmi, la chiromanzia, l’astrologia, gli UFO e il Triangolo delle Bermude, fenomeni in cui comunque non credevo. Altri articoli, quali un esame critico delle ricerche del mostro di Lochness mi sembrarono di scarso interesse poiché erano privi di implicazioni filosofiche o intellettuali.
In alcuni articoli mi disturbava il tono violento di molti autori che stimavo, la tendenza ad attribuire agli avversari le motivazioni più basse. In realtà sembrava ci fosse molta animosità personale e insulti da entrambe le parti. Per esempio, a proposito delle presunte analogie tra chiaroveggenza e misticismo orientale, rilevate da scrittori quali Fritjof Capra, Isaac Asimov osservava:
Se nel mondo intuizione e ragione hanno la stessa importanza e se i saggi orientali conoscono l’Universo quanto lo conoscono i fisici, perché non considerare le cose al contrario? Perché non adoperare la saggezza dell’Oriente come una chiave alle domande senza risposta della fisica? Per esempio: qual è la componente fondamentale costituente le particelle subatomiche che i fisici chiamano quark?...
Asimov concludeva:
Questa presunta verità dell’intuizione è una vera e propria sciocchezza ed è ridicolo vedere delle menti razionali che si sono perse d’animo inginocchiarsi davanti ad essa.
No, non è esatto definirlo ridicolo: è tragico. C’è stata almeno un’altra occasione simile nel corso della storia, quando il pensiero greco laico e razionale si inchinò davanti agli aspetti mistici del Cristianesimo: quelli che seguirono furono i Secoli Bui.
Non ce ne possiamo permettere altri.
Queste erano parole appassionate e nel leggerle cominciai ad avvertire che c’era da parte del CSICOP qualcosa che andava al di là di un giudizio spassionato su dati discutibili. Lo stesso Asimov aveva implicitamente tracciato il paragone tra scienza e religione come modi divergenti di considerare il mondo. Ciò ovviamente lasciava aperta la possibilità che la scienza fosse una religione, e questa era una posizione eretica che pochi scienziati avrebbero accettato. Ma nel rileggere gli articoli del CSICOP cominciai a capire che la scienza era in lotta per la supremazia contro altri modi di percepire vissuti come minacciosi. Se volevo essere efficace nella mia conferenza alla sezione di Pasadena del CSICOP dovevo impegnarmi a fondo.
Iniziai col dire che non mi aspettavo di modificare le opinioni di nessuno. Non volevo convincere nessuno di niente. Ritenevo che alcuni fenomeni paranormali avessero fondatezza e sapevo che quasi tutto il pubblico era di diverso parere. Anziché discutere dettagliatamente questo punto suggerii che saremmo stati tutti d’accordo nel sostenere che la storia, alla fine, avrebbe dimostrato chi aveva ragione o torto. Non restava che aspettare.
Per il momento, volevo presentare al pubblico alcune delle esperienze che mi avevano portato a modificare le mie opinioni e cercare di, spiegare il mio punto di vista attuale. Perché - dissi - secondo me il problema andava molto al di là dei fenomeni "paranormali", investendo direttamente la posizione intellettuale che è alla base della scienza della seconda metà del ventesimo secolo.
Dissi: C’è qualcuno in questa stanza a cui sono state tolte le tonsille e le adenoidi? C’è qualcuno che ha subito una mastectomia totale per un cancro al seno? C’è qualcuno che è stato ricoverato in un’unità di rianimazione? C’è qualcuno che ha dovuto mettere un bypass aorto-coronarico? Ovviamente erano in molti.
Continuai: Quindi voi tutti avete a che fare con la superstizione, visto che queste operazioni sono tutti esempi di comportamento superstizioso. Esse vengono eseguite senza che vi sia una dimostrazione scientifica dei loro benefici. La nostra società spende miliardi di dollari ogni anno per una medicina della superstizione e questo è un problema e ha un costo molto più considerevole delle rubriche di astrologia sui quotidiani, tanto attaccate dall’intelligenza del CSICOP.
E aggiunsi: Non dobbiamo essere troppo pronti a negare il potere della superstizione nella nostra vita. Chi di noi, colpito da un attacco di cuore, rifiuterebbe di essere curato in un’unità di rianimazione solo perché non ha prove dell’efficacia di tali unità? Tutti ricorreremmo all’unità di rianimazione. Proprio tutti.
Proseguii accennando ai vari casi di frode nella ricerca scientifica. Isaac Newton potrebbe aver falsato i suoi dati: sicuramente lo ha fatto Gregor Mendel, il padre della teoria dell’ereditarietà; il matematico italiano Lazzerini falsificò un esperimento per determinare il valore di pi greco e i suoi risultati non furono messi in discussione per più di mezzo secolo. Lo psicologo inglese Cyril Burt non si limitò ad inventare i propri dati, inventò anche i nomi dei ricercatori che avrebbero dovuto raccoglierli. In anni più recenti ci sono stati casi di frode che hanno coinvolto William T. Summerlin della Fondazione Sloan-Kettering e i dottori John Longo e John Darsee della Harvard Medical School. Altri casi riguardavano un gruppo di ricerca al Dana Farer Cancer Institute, il dottor Robert Slutsky dell’University of California San Diego Medical School, il dottor Jeffrey Borer della Cornell University e Stephen Breuning dell’Università di Pittsburgh. Anche se la maggioranza dei casi riguarda la medicina e la biologia, ce ne sono anche in altri campi; recentemente sono stati ritirati tre articoli comparsi nel "Journal of the American Chemical Society" e uno dei tre casi è tuttora irrisolto. L’entità delle frodi era sconosciuta, ma ricordai che nella scienza è innegabile che esistano frodi. Quindi il fatto che vi siano dei professionisti fraudolenti in un campo non è motivo sufficiente per sostenere che quell’intero campo di indagini deve venire eliminato.
Poi ricordai che la scienza nel suo complesso non si evolve secondo un piano esclusivamente razionale, come gli affari o il commercio. Max Planck, premio Nobel per la fisica, ha detto: " Una nuova verità scientifica non si afferma convincendo i suoi avversari e illuminandoli, ma piuttosto perché dopo molti anni i suoi avversari muoiono e le nuove generazioni crescono abituate ad essa".
Ricordai che in ogni epoca gli scienziati hanno sempre avuto la tendenza a credere di aver scoperto tutto quanto vi era da scoprire; ad esempio, l’anatomista francese barone Georges Cuvier, uno degli scienziati più brillanti e famosi del suo tempo, annunciò nel 1812 che "vi erano pochissime speranze di scoprire nuove specie di grandi quadrupedi". Purtroppo per Cuvier questa affermazione era antecedente alla scoperta dell’orso Kodiak, del gorilla di montagna, dell’okapi, del tapiro dal dorso bianco, del varano di Komodo, della gazzella di Grant, della zebra di Grevy, dell’ippopotamo pigmeo e del panda gigante, per citare solo alcuni esempi di grandi quadrupedi. Affermazioni analoghe sono state avanzate da quasi ogni generazione di fisici e si sono sempre dimostrate sbagliate.
Ricordai tutte le volte in cui la scienza non aveva accettato scoperte legittime nel momento in cui erano state fatte. Quando nel 1889 J.J. Thomson misurò la massa e la carica dell’elettrone molti suoi colleghi lo sospettarono di frode o di incapacità, vista che era nota la sua goffaggine come sperimentatore. E ancora, quando nel 1932 Carl Anderson del Cal Tech scoprì il positrone, sia Bohr sia Rutherford rifiutarono la scoperta perché "era impossibile controllarla". La teoria della deriva dei continenti, proposta da Alfred Wegener nel 1922, dovrebbe sembrare ovvia a chiunque guardi una carta del mondo e noti come i continenti combacino, eppure ai geologi sono occorsi quarant’anni per vincere l’opposizione di uomini illustri, quali Harold Jeffreys e Maurice Ewing.
Ricordai che la velocità con cui la scienza progredisce è molto variabile. La teoria della gravitazione di Newton non è stata messa in dubbio per più di duecento anni e solo la scoperta della precessione del pianeta Mercurio l’ha invalidata. Al contrario, l’ipnotismo era una pratica screditata da più di duecento anni, cioè dal giorno in cui a Parigi un gruppo di scienziati famosi, tra cui Benjamin Franklin e Lavoisier, aveva dichiarato che l’ipnosi non aveva valore; eppure oggi l’ipnosi è indiscutibilmente riconosciuta e ampiamente diffusa. Quindi la velocità con cui una disciplina si sviluppa non implica affatto la sua validità.
Poi rivelai gli orientamenti e le manie della scienza che influenzano gli scienziati a tutti i livelli. Decine di scienziati famosi non hanno avuto problemi nel proporre alla nostra società di impegnarsi in una costosa ricerca della vita extraterrestre, benché lo studio della vita extraterrestre sia, per citare il paleontologo George Gaylord Simson, "uno studio senza soggetto". Credere nell’esistenza della vita extraterrestre è una congettura non dissimile da un puro atto di fede. Pochi, se non addirittura nessuno di quei grandi scienziati, sottoscriverebbero una qualsiasi proposta di studio dei fenomeni paranormali, perché il paranormale non è altrettanto di moda degli extraterrestri. Eppure ci sono più prove dell’esistenza dei fenomeni paranormali che non di quella degli extraterrestri.
Dissi quindi che dal mio punto di vista il progetto della scienza non mi sembrava tanto diverso da altre imprese umane. C’era superstizione istituzionalizzata, c’era frode, c’erano passi falsi ed errori, c’era conservatorismo e testardaggine evidente, e c’erano mode. Marcello Truzzi, già redattore della rivista del CSICOP, osservava: "Gli scienziati non sono quegli esempi di razionalità, obbiettività, apertura mentale e umiltà che molti di loro vorrebbero far credere di essere".
Ricordavo queste cose al pubblico non tanto per screditare la scienza quanto per collocare l’operato della scienza in una prospettiva più realistica rispetto a quei fenomeni che non venivano accettati.
Poi dissi che volevo parlare di uno degli ostacoli più ardui nell’approccio scientifico ai fenomeni in discussione. In molti casi, quali le cosiddette attività paranormali, i ricercatori urtavano contro la tesi dei cosiddetti cultori secondo cui essi non potevano produrre risultati su richiesta; non potevano lavorare in laboratorio, per lo scetticismo da cui erano circondati che inibiva il loro operato e così via. Era come se questi cultori parlassero di fenomeni che dipendevano dal loro stato d’animo. Essi dovevano essere "dell’umore giusto", una condizione difficile da mantenere. Tradizionalmente gli scienziati trovavano difficile da accettare questa posizione. Gli stati mistici, gli stati di meditazione, gli stati di trance erano tutti difficili da accettare.
Eppure tutti noi abbiamo esperienza diretta di attività per le quali occorre essere dell’umore giusto: per esempio il rapporto sessuale, che richiede la lubrificazione nella donna e l’erezione nell’uomo. Il lavoro creativo è un’altra di quelle attività che dipendono dallo stato d’animo e che quindi non possono essere realizzate su richiesta, come testimonia la vasta letteratura dedicata al "chiedere ispirazione alla musa".
Sappiamo da resoconti soggettivi e dalla nostra esperienza che tutti questi fenomeni dipendenti dallo stato d’animo sono accompagnati da cambiamenti di consapevolezza. Può trattarsi di un cambiamento di energia e di concentrazione reale o percepito, di una diversa percezione del tempo, e così via. Tali cambiamenti variano da giorno a giorno, da persona a persona e, per una stessa persona, da esperienza a esperienza. La natura altamente variabile delle esperienze e la loro soggettività rendono difficili da studiare i fenomeni dipendenti dallo stato d’animo, una vera e propria sfida per l’indagine scientifica.
Direi che nel secolo scorso lo studio scientifico della creatività non ha avuto un successo maggiore dello studio scientifico dell’attività paranormale, e per le stesse ragioni. Eppure chi negherebbe che la creatività esiste? Essa è semplicemente molto difficile da analizzare.
Gli scienziati scettici spesso fanno notare, come ha fatto Carl Sagan, che i miracoli della scienza ortodossa superano di molto i miracoli della scienza eterodossa. Penso che sia possibile capovolgere questa idea e affermare che i miracoli della consapevolezza del reale sorpassano di molto ciò che la scienza convenzionale ammette possa esistere. Per esempio, supponiamo che mentre una squadra di uomini enormi vi rincorre con l’intenzione di fermarvi vi sia ordinato di lanciare una palla a settanta metri di distanza cercando di colpire un bersaglio della grandezza di un metro che non riuscite a vedere, subito prima di essere gettati a terra e fatti a pezzetti. Dubito che uno solo dei presenti riuscirebbe a fare una cosa del genere e neppure ci proverebbe. Eppure questo evento improbabile lo possiamo osservare tutte le domeniche pomeriggio alla televisione, nella stagione del football.
Il cambiamento di consapevolezza necessario all’esecuzione di un passaggio in una partita di football professionale è una cosa normale per noi e quindi non ci facciamo caso ma può almeno suggerirci che altri mutamenti indotti nella consapevolezza, nell’ambito di culture e tradizioni diverse, potrebbero produrre risultati sorprendenti.
Prima ho cercato di considerare in modo informale alcune delle obiezioni scientifiche ai cosiddetti fenomeni paranormali. vero che molte di queste credenze sono superstizioni, ma ce ne sono molte anche nel mondo "scientifico", ad esempio in quello della medicina di alta tecnologia.
vero che molti praticanti sono fraudolenti, ma lo sono anche molti scienziati attivi. vero che il progresso nell’indagine del paranormale è lento, ma tale è anche il progresso in molti campi scientifici, in particolare quando i finanziamenti sono incerti.
vero che alcuni fenomeni paranormali sembrano dipendere dallo stato d’animo ed essere connessi con la coscienza, ma ciò vale anche per molti altri fenomeni della vita: pensiamo ad esempio alla meraviglia di un nuovo quadro o di un goal domenicale, a cui non facciamo più caso.
Quindi, a mio parere, nessuna di queste obiezioni sollevate dalla scienza tradizionale contro il paranormale sembra sufficiente a impedirne uno studio legittimo. Guardando la questione più da vicino trovo tre motivi diversi e più validi su cui basare questo rifiuto.
Il primo è il senso di disagio semireligioso che questi fenomeni suscitano in uno scienziato dalla mentalità troppo rigida. Nei primi anni del secolo l’amicizia di Freud e Jung finì proprio per il problema dei fenomeni occulti: Jung era apertamente interessato al paranorinale; Freud no. Prima della rottura Freud scrisse a Jung: " Mio caro figliolo, mantieni la calma, perché talvolta è meglio non capire qualcosa che fare grandi sacrifici per capirla". L’interesse entusiasta di Jung per l’astrologia, che egli studiò come un sistema di proiezione psicologica e non come una realtà fisica, suscitò questa risposta di Freud: "Prometto di credere a qualsiasi cosa possa sembrare ragionevole. Non lo farò con piacere ... ".
Mi chiedo: perché non credere? Perché Freud era riluttante? Freud stesso studiava senza esitazione la mitologia e l’arte. Ma l’occulto lo faceva sentire a disagio in un modo che è riconoscibile benché sia difficile da individuare con precisione. Si può affermare che questo disagio fondamentalmente ha origini religiose, origini così profonde che risalirvi ci porterebbe troppo lontano.
Inoltre i fenomeni paranormali suscitano un disagio simile che deriva da pregiudizi intellettuali. Presumo che quasi tutti i presenti abbiano un livello di istruzione superiore. Siamo riusciti a sopravvivere ad anni di studi e siamo tutti abituati a pensare in modo razionale e lineare. Siamo stati abituati a dare valore a questo modo di pensare e ai suoi prodotti. Quindi in libreria ci troviamo in imbarazzo davanti alla sezione dedicata all’occulto, in cui sono ospitati scritti di persone incolte e illetterate. Questa gente non condivide il nostro sistema di pensiero o la nostra sintassi ed è probabile che ci sembri di svilirci quando vediamo il loro lavoro.
Che lo vogliamo ammettere o no, chiunque abbia un’istruzione universitaria possiede determinati criteri con cui sceglie le fonti da citare nei suoi scritti e in primo luogo il genere di argomenti che tratterà. Secondo me questi criteri costituiscono un forte pregiudizio che ha influenzato ogni valutazione accademica del paranormale, così come la cattiva reputazione di Mesmer ha influenzato la valutazione delle sue affermazioni sull’ipnosi.
Una terza ragione per cui gli scienziati sono riluttanti a studiare i fenomeni paranormali è che questi sembrano contraddire leggi fisiche conosciute. Che senso ha studiare l’impossibile? Solo uno sciocco sprecherebbe così il suo tempo. Non si può stimare abbastanza il problema dei dati in conflitto con le teorie esistenti. Arthur Eddington ha detto una volta che non devi credere a nessun esperimento finché non viene confermato dalla teoria: questa affermazione, benché sia una battuta, contiene una realtà di cui non si può non tenere conto.
Certamente il primato della teoria è suggerito dalla storia della scienza. Bronowski osserva: "Charles Darwin non ha inventato la teoria dell’evoluzione, essa era già conosciuta a suo nonno. Specificamente sua è la concezione di una macchina dell’evoluzione: il meccanismo della selezione naturale... Una volta che Darwin ebbe proposto questo "meccanismo", la teoria dell’evoluzione fu accettata da tutti e così sembrò la cosa più naturale del mondo chiamarla ’la teoria di Darwin" ".
In altre parole i dati a sostegno della teoria dell’evoluzione - come le testimonianze fossili - erano conosciuti da tempo: ciò che mancava era una teoria convincente che spiegasse i dati. Una volta che questa fu fornita da Darwin i dati furono accettati.
(continua...)