Varie, 1 giugno 2006
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Pontello Flavio
• Callisto Firenze 11 marzo 1924, Firenze 31 maggio 2006. Imprenditore. Famoso soprattutto come padrone della Fiorentina. «[...] per la gente di Firenze semplicemente il Conte. L’uomo che per un decennio, tra l’80 e il ’90, ha guidato la Fiorentina. Costruttore edile, della società viola non è mai stato presidente, incarico che ha affidato prima al figlio Ranieri, poi a manager come Pier Cesare Baretti e Lorenzo Righetti. Ma soprattutto nei primi anni della nuova avventura è stato lui, Flavio, a manovrare i fili del club. Ingaggia Tito Corsi come diesse e prova a contrastare la Juve con acquisti a effetto: il primo, alla riapertura delle frontiere, è l’argentino Bertoni. Nella stagione ’81-82 i Pontello fanno la rivoluzione, dalla creazione di un nuovo giglio (operazione peraltro mal vista dalla città) all’arrivo di rinforzi importanti: Pecci e Graziani dal Torino, Massaro e Monelli dal Monza, Cuccureddu dalla Juventus e l’allora giovanissimo Vierchowod in prestito dalla Sampdoria. Flavio Pontello lo scudetto non lo ha mai vinto. Ci è arrivato vicino, proprio nella stagione ’81-82, per vederlo svanire all’ultima giornata dopo un testa a testa con la Juventus. I viola pareggiano a Cagliari e l’arbitro Mattei annulla una rete a Graziani, i bianconeri passano a Catanzaro con un rigore di Brady. Quel campionato avrebbe dovuto essere l’inizio di un progetto duraturo nel tempo. Invece ne rappresenta il culmine, dopo il quale si può solo scendere. Firenze ricorda Pontello come un personaggio difficile, dalla battuta facile, ma sempre pronto al battibecco. Aveva un rapporto controverso con la città, con la tifoseria e anche con il Palazzo e le Istituzioni. Era quasi impossibile fargli cambiare idea. Firenze ci prova fino alla fine, nell’estate del ’90, dopo che proprio il Conte Pontello ha ceduto Baggio alla Juve per Buso e un pugno di miliardi. La Fiorentina di Baggino, con Eriksson in panchina e Dunga in mezzo al campo, aveva acceso la passione di Firenze. Ma è un’illusione. Roby se ne va, con lui finisce l’era - controversa - dei Pontello. Comincia la saga dei Cecchi Gori, ma questa è un’altra storia» (Chiara Basevi, ”La Stampa” 1/6/2006). «[...] C’era la Fiorentina del conte Pontello, nobile e costruttore. C’era la Roma del senatore ”diccì” Viola e la Juventus del presidente Boniperti e dell’Avvocato Agnelli. ”Ma io non tratto con i metalmeccanici di Torino”, diceva duro il conte costruttore. Perché i fiorentini hanno lo spirito di Oscar Wilde, per una battuta si farebbero ammazzare. Perché la Juventus era e resta la ”nemica di sempre”, perché la nobile Viola di Pontello non divenne campione d’Italia per un soffio o un rigore che il bianconero Brady infilò nella porta del Catanzaro. Insomma, alla fine di quel campionato 1981-82 lo scudetto lo vinse ancora la Signora di casa Agnelli. La Fiorentina arrivò seconda. Scrissero sui muri di Firenze: ”Meglio secondi che ladri”. Altri tempi, stessi sospetti. Il conte Pontello, sarcastico e decisionista, a tratti autoritario. Acquistò una Fiorentina ”artigianale” e costruì una società moderna. Portò a Firenze brasiliani affascinanti come Socrates, altri ruvidi come Dunga. Portò in Italia argentini come Passarella e Bertoni. Acquistò un sogno, Roberto Baggio. Poi finirà che molti (magari non tutti) ricorderanno Flavio Pontello solo per la cessione di Roberto Baggio. ”E io invece voglio ricordare quando acquistammo Baggio dal Vicenza”, racconta Claudio Nassi, che del club di Pontello fu direttore generale. Il racconto, allora: ”Era un lunedì, avevamo appena comprato Nicola Berti. Avvertii il conte che bisognava prendere Baggio dal Vicenza e bisognava fare in fretta, perché altrimenti il Torino di Luciano Moggi ce l’avrebbe soffiato...”. Pontello domandò a Nassi: ”Chi è il presidente del Vicenza?” Il presidente era Maraschin. ”L’industriale del ferro, lo conosco, stiamo facendo insieme un’autostrada, lo chiamo io”, disse il conte. Una telefonata, una manciata di ore. ”Il venerdì dopo eravamo in sede a firmare, Baggio era della Fiorentina per 2 miliardi e 800 milioni di lire”. Il sogno incantò Firenze. Come lui al Franchi aveva visto solo un certo Giancarlo Antognoni. ”Con il conte avevo un rapporto molto forte, diretto - ricorda Antognoni -. Era un uomo cordiale e deciso. Di sicuro, la Fiorentina di Pontello è stata la più forte nella quale io abbia mai giocato”. Una Fiorentina che comprò grandi giocatori e poi iniziò a venderli: sarà che i nobili girano il mondo, forse capiscono prima come girano le cose. Allora il conte decise di cedere Passarella all’Inter, Galli e Massaro al Milan. Cinque anni dopo, nell’estate del Novanta, decise di vendere Roberto Baggio alla Juventus. Era il tempo delle Notti Magiche, per Firenze furono notti di fuoco. Ma il conte aveva già deciso di cedere la società. Mario Cecchi Gori aveva deciso di acquistarla, a condizione che Baggio restasse in viola. Pontello incontrò i dirigenti bianconeri, al Relais Certosa, l’albergo dove la sua squadra andava in ritiro. Fu l’ultimo blitz del Conte. Prima vendette Robi Baggio alla Juventus, poi la Fiorentina a Cecchi Gori. E a vincere, quel giorno, furono i ”metalmeccanici di Torino”» (Giampiero Timossi, ”La Gazzetta dello Sport” 1/6/2006).