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 2006  maggio 24 Mercoledì calendario

Il magistrato che non ama il pallone «Gli attaccanti? Per me sono aggressori». Corriere della Sera 24 maggio 2006

Il magistrato che non ama il pallone «Gli attaccanti? Per me sono aggressori». Corriere della Sera 24 maggio 2006. Milano. Dicono che non abbia mai giocato a pallone, che nella sua vita sia andato allo stadio una o due volte sempre «costretto» e che per intero abbia visto in tv una sola partita: la mitica Italia-Germania 4-3 di Messico ’ 70. Francesco Saverio Borrelli non odia il calcio, semplicemente non lo interessa. Almeno fino a ieri. Lui, che a stento distingue i ruoli dei calciatori (gli attaccanti li definisce «aggressori»), per guidare l’ ufficio inchieste della Figc dovrà imparare a tempo di record le norme della giustizia sportiva e il regolamento del gioco del calcio. E forse qualche partita dovrà pure andarla a vedere. Lo sa lui stesso, per primo: « stata una sorpresa, devo dire che proprio non me l’ aspettavo. Ora devo studiare in fretta una materia che non conosco», ammette senza reticenze. Per tutta la giornata di ieri il telefono di casa Borrelli e i cellulari della famiglia hanno squillato ininterrottamente dopo che il commissario straordinario della Federcalcio, Guido Rossi, ha annunciato di aver reclutato tra le sue fila il capo di Mani pulite. «Non faccio altro che rispondere alle chiamate», racconta Borrelli. La prima, ovviamente, è stata quella di Rossi. I due si conoscono da anni, si sono incrociati tante volte dentro e fuori le aule del palazzo di giustizia di Milano: «Mi ha telefonato stamattina (ieri, ndr.), mi ha proposto l’ incarico e io ho accettato». Di Borrelli come possibile capo di qualcosa, come ministro o chissà cos’ altro si è sempre parlato, ma pochi sanno che, in realtà, tra tante chiacchiere quella di Guido Rossi forse è la prima proposta concreta mai arrivata all’ ex capo di Mani pulite, se si esclude una ventilata offerta per una lista in corsa alle regionali della Lombardia di qualche anno fa e la candidatura a sindaco che gli offrirono ufficialmente a Chiavari, dove va in villeggiatura con la famiglia. Rifiutò entrambe le proposte. D’ altronde, l’ ex magistrato non ha mai incoraggiato le offerte. Dopo la pensione, ad esempio, ha sempre detto che non avrebbe fatto altro che, appunto, il pensionato. Quindi, a 76 anni suonati, Borrelli sembrava ormai incamminato verso una tranquilla, anche se sofferta, pensione. Sofferta perché, dice chi lo conosce bene, lui avrebbe voluto impegnarsi, ma le ragioni dell’ opportunità (evitare strumentalizzazioni che danneggiassero la magistratura) gli avevano consigliato di stare fermo. La pensione era arrivata il 12 aprile 2002 allo scoccare del 72/o anno di età e dopo 47 anni di magistratura durante i quali è stato pretore, giudice fallimentare e civile, presidente di sezione del tribunale e di corte d’ assise nonché, come Procuratore della Repubblica, guida del pool Mani Pulite e protagonista indiscusso dell’ era di Tangentopoli, prima di chiudere come procuratore generale. Anche se per altri tre anni è rimasto nel giro, in carica come giudice tributario. Un curriculum eccezionale che gli ha garantito una conoscenza profonda e poliedrica del diritto. Diplomato in pianoforte al conservatorio, Borrelli è appassionato di musica classica e opera - non manca una prima della Scala - e di letteratura. Ma gli interessi culturali non debbono trarre in inganno: l’ ex capo del pool è uno sportivo. Pratica regolarmente la bicicletta, il nuoto, l’ equitazione (famosa la foto che lo ritraeva a cavallo e che gli procurò qualche arrabbiatura quando si disse, falsamente, che l’ animale era di Giancarlo Gorrini, allora inquisito dalla Procura). Borrelli ama molto lo sci e proprio durante una discesa sulle nevi di Courmayeur, il 5 gennaio scorso si è rotto una gamba. Un brutto incidente che lo ha inchiodato in casa per qualche settimana. Un periodo difficile per un uomo abituato a muoversi senza vincoli. Il calcio no, proprio non sa cosa sia. «Credo - rivela il figlio, Andrea, anche lui magistrato a Milano - che l’ unica partita che ha visto allo stadio fu quella inaugurale di Italia ’ 90 a Milano (Argentina Camerun, 0-1, ndr). Ci dovette andare in veste ufficiale come procuratore della Repubblica. Oltre a Italia-Germania del ’ 70, le partite che ha visto in tv si contano sulle dita di una mano e quelle che ha guardato fino alla fine sono ancora meno». Le cronache parlano anche di un altro incontro al quale Borrelli ha assistito come spettatore, quello a Monza tra le nazionali dei magistrati e dei cantanti. Era il 23 ottobre 1994: vinsero i giudici 2-1. In relazione allo sport, la filosofia del nuovo capo ufficio inchieste Figc è: « bello da fare, non da guardare». «In 30 anni di magistratura non l’ abbiamo mai sentito parlare una volta di calcio», ironizza uno dei suoi ex pm di punta che conserva gelosamente una foto nella quale Borrelli è ritratto in piedi schierato tra i giocatori della squadra della procura. La maglia se la mise sopra la giacca. Ma almeno una volta, anche Saverio Borrelli ha dato qualche pedata a un pallone: «Era un’ estate di 30 anni fa a Primolo in Val Malenco - ricorda Andrea Borrelli - facemmo una partitella tra bambini e genitori». Andrea tifa per l’ Inter e, come la mamma, anche per la Fiorentina. Il cuore di Borrelli padre, date le premesse, ovviamente non batte per alcuna squadra: «Sono assolutamente neutrale, non sono tifoso e non mi sono mai occupato di calcio da vicino», conferma. «Non credo che conosca la regola del fuorigioco - ironizza il figlio - e quando ero bambino più volte l’ ho incalzato con la richiesta di schierarsi, di dichiarare una simpatia. Fino a che lui, per liberarsi di me, rispondeva che tifava per la Carbosarda, una squadra dei minatori del Sulcis il cui nome qualche decennio fa talvolta compariva sulle schedine del totocalcio». Da Tangentopoli a Calciopoli, Borrelli si trova ancora una volta alle prese con gli intrighi e gli affari sporchi. Secondo lui, tra i due fenomeni «potrebbero esserci assonanze», ma quando gli si chiede cosa farà, risponde: «Non lo so ancora e non credo che sia il caso dirlo - premette -. Comunque, è per me, in questo momento, ancora troppo presto per esprimere giudizi. Prima di tutto dovrò prendere contatti con il mio nuovo ufficio, conoscere la realtà, esaminare le carte, andare a Roma ma, ripeto, per ora non posso ancora dire nulla in proposito. Se lo facessi, sarei deontologicamente scorretto». Qualche tempo fa, in un’ intervista al quotidiano gratuito Metro parlò di «piedi puliti» e degli «interessi economici» in gioco, di «etica sportiva ferita», di «una passione della collettività tradita con violenza», di una vicenda «simile a Tangentopoli» durante la quale emersero «comportamenti che soprattutto offendevano il senso civico». Concluse dicendo che «sarebbe stato bello se fosse cambiata musica». E alla domanda su quale opera lirica si attagliasse meglio alla vicenda, rispose: «I Masnadieri di Verdi». Giuseppe Guastella