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 2006  maggio 28 Domenica calendario

Un nunzio fra le camicie brune del terzo Reich. Corriere della Sera 28 maggio 2006. Sul Corriere della Sera del 21 maggio ho letto che fra i ricordi di infanzia di una lettrice, figlia di un diplomatico italiano a Berlino ai tempi di Hitler, c’ è monsignor Orsenigo che l’ aveva cresimata

Un nunzio fra le camicie brune del terzo Reich. Corriere della Sera 28 maggio 2006. Sul Corriere della Sera del 21 maggio ho letto che fra i ricordi di infanzia di una lettrice, figlia di un diplomatico italiano a Berlino ai tempi di Hitler, c’ è monsignor Orsenigo che l’ aveva cresimata. Come cattolico e come nipote del Nunzio Apostolico in Germania durante il nazismo, monsignor Cesare Orsenigo, mi sono sempre indignato per le ingiuste critiche e i rimproveri rivolti a Pio XI, Pio XII e a mio zio stesso, per i cosiddetti «silenzi» della Chiesa Cattolica. Mi confortano, però, nella mia certezza che quelle accuse fossero profondamente ingiuste, i vari testi a loro difesa e, in particolare, i numerosi scritti di Padre G. Sale e le due recenti pubblicazioni di Monica Biffi. Mi piacerebbe conoscere anche la sua opinione. Sebastiano Caronni Orsenigo, Pavia Caro Caronni Orsenigo, conosco i rimproveri che vennero mossi al nunzio Orsenigo. Fu l’ «uomo del Concordato», il diplomatico vaticano che negoziò a Berlino con il governo di Hitler gli accordi del 1933. Fu l’ uomo che servì fedelmente dalla Germania la politica tedesca di Pacelli negli anni in cui questi fu segretario di Stato e sommo pontefice. Fu l’ uomo che dovette frenare e moderare, per ragioni d’ ufficio, le critiche che una parte del clero cattolico tedesco osò indirizzare al regime nazista. E fu infine, probabilmente, l’ uomo che apprese per primo, dai sacerdoti polacchi e uniati, la tragica sorte degli ebrei nei territori occupati della Polonia e dell’ Ucraina occidentale. Per queste ragioni Cesare Orsenigo, nunzio apostolico in Germania dal 1930 al 1946, è una sorta di coimputato nel lungo processo che si celebra ormai da quarant’ anni contro la memoria di Pio XII. Il papa e il nunzio erano egualmente convinti che la maggiore minaccia, per il futuro dell’ Europa cristiana, fosse rappresentata dal comunismo. E sono quindi egualmente sospettati di avere taciuto o condonato i crimini di un regime che considerava se stesso il maggiore baluardo contro l’ insidia bolscevica. Ma i critici del nunzio dimenticano che il suo maggiore problema, soprattutto dopo l’ inizio della guerra, fu la difesa della comunità cattolica tedesca e degli interessi della Santa Sede contro un sistema politico che stava progressivamente accentuando le sue caratteristiche neopagane. Dopo la spartizione della Polonia dovette occuparsi dei cattolici polacchi e bielorussi. Dopo l’ avvio della «soluzione finale» dovette cercare di proteggere gli ebrei convertiti al cattolicesimo. Dopo la distruzione della nunziatura nel corso di un bombardamento, il 23 novembre 1943, dovette peregrinare tra tutti i monasteri e vescovadi intorno a Berlino alla ricerca di un ufficio e di un telefono che gli permettessero di svolgere le sue funzioni, informare la Santa Sede, continuare la sua quotidiana battaglia contro le vessazioni del regime. Terminata la guerra, rimase a Berlino. In un libro di padre Giovanni Sale, gesuita e redattore storico di Civiltà cattolica («Hitler, gli ebrei e la Santa Sede», pubblicato Jaca Book) si legge una lettera che Orsenigo inviò a monsignor Domenico Tardini il 3 luglio 1945 per riferire una curiosa notizia secondo cui l’ attentato del luglio 1944 sarebbe stato una messinscena organizzata dai fedeli di Hitler per fare emergere e annientare gli oppositori del Führer. Resta da capire, ammise Orsenigo, come i registi dell’ inganno siano riusciti a reclutare «un militare dai sentimenti religiosi e di aperta pratica cattolica», come il colonnello Claus von Stauffenberg, «a meno che non fosse egli pure uno strumento cieco di questa congrega traditrice». Fu questo il periodo in cui i sovietici cercarono di sbarazzarsi della sua ingombrante presenza nella ex capitale tedesca e chiesero polemicamente presso chi fosse «accreditato l’ ambasciatore della Santa Sede». Formalmente non avevano torto. Ma in un libro di Monica Biffi, pubblicato nel 1998 presso le edizioni Ned di Milano con la presentazione di Giorgio Rumi (lo storico cattolico morto recentemente), si legge la risposta del rappresentante francese nella Kommandantur delle potenze occupanti: « accreditato presso Sua Maestà la Miseria Umana». Sergio Romano