La Stampa 28/05/2006, pag.7 Francesca Paci, 28 maggio 2006
Finocchiaro La signora in rosso che tutti amano dai compagni ad Alleanza nazionale. La Stampa 28 maggio 2006
Finocchiaro La signora in rosso che tutti amano dai compagni ad Alleanza nazionale. La Stampa 28 maggio 2006. Per molti compagni di schieramento era perfetta per la poltrona di Guardasigilli, e il ministro della Giustizia in carica, Clemente Mastella, concorda con cavalleria: «Sarebbe stata eccellente, spero di cederle il testimone tra cinque anni». I più ottimisti la consideravano pronta per il Quirinale. Nominata invece capogruppo dell’Ulivo a Palazzo Madama, è stata l’unica a strappare l’applauso dell’aula intera. Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, l’aveva previsto: «Se arriva Anna, al Senato non ci sono problemi». Anna Finocchiaro, 51 anni che non le daresti mai, carriera in magistratura, ex ministro diessino delle Pari opportunità dal ’96 al ’98 e poi, fino al 2001, presidente della commissione Giustizia della Camera, è la donna più amata della politica italiana. Seria, preparata, appassionata lettrice dello scrittore israeliano Yehoshua e del poeta Giovanni Giudici, seducente. Gli uomini s’inchinano ammirati all’incontro dell’intelligenza con la bellezza della maturità; incontro che, vent’anni dopo, resta così affascinante da ricordare i tempi in cui, tra avvocati e giudici della Procura di Catania, la giovanissima pubblico ministero era nota - con formula degna di un romanzo di Brancati - come «la pretora bona». E le colleghe vincono l’invidia, presto conquistate dallo stile sobrio. Gli avversari del centrodestra, guidati da Pier Ferdinando Casini, le riconoscono competenza e classe. Una donna che sa mettere in riga i maschi rimanendo «femmina» al potere. Per capire davvero chi è Anna Finocchiaro bisogna tornare a Catania, la città tra il vulcano e il mare che ha accompagnato i suoi primi passi. Dai locali prefabbricati di San Pietro e Paolo, parrocchia dei cattolici di sinistra dove l’anziano sacerdote Giovanni Pilo la ricorda «adolescente alle prese con il volontariato» prima che s’iscrivesse alla sezione del Pci Ruggero Grieco, quella «dei comunisti borghesi», fino ad oggi, agli stucchi di Palazzo Madama. «La Finocchiaro? Il nostro fiore all’occhiello». Basta il nome a scatenare Franco, un autista che, con i colleghi, fa a gara a darle un passaggio all’aeroporto quando «l’onorevole» torna a casa per il fine settimana. A Catania vivono la sorella minore Paola, insegnante di matematica, la mamma, il marito Melchiorre Fidelbo, stimato ginecologo, sposato nel gennaio dell’82, e le figlie Costanza e Miranda, 13 e 19 anni. Abitano in un appartamento con vista straordinaria sul golfo, ma il palazzone non è per niente lussuoso, via Artale Aragona, lungomare di caffè e pasticcerie, la concessionaria Hyundai, il chiosco dei panini Noè. E’ lo stile Finocchiaro: automobile Micra, una pizza la sera con gli amici al popolare San Giovanni Li Cuti, bagno al mare al Lido La Battigia, stabilimento per famiglie dove una cabina non costa più di 1000 euro l’anno, mai in giro con la scorta. Nemmeno in vacanza. Raffaele Baldoni, proprietario dell’agriturismo Il Collaccio, in Umbria, una delle «tane» amate da Anna Finocchiaro, rimase di sasso quando la vide arrivare la prima volta nel luglio di nove anni fa: «Era ministro delle Pari opportunità, mi aspettavo schiere di auto blu e invece si presentarono lei, il marito, le figlie, persone normalissime, facevamo mangiate di pasta con asparagi e tartufi». «Viene da una famiglia molto bene, il padre Luigi era magistrato, presidente della Corte d’Appello, ma lei è sempre stata una ragazza semplice, semplice e sicurissima di sé». A 83 anni suonati la memoria del professore di storia dell’arte Francesco Tropea non fa cilecca e non dimentica la studentessa brillante al primo banco, sezione C liceo classico Cutelli, stessa scuola dell’ex sindaco Enzo Bianco e di Miranda, neodiplomata, e Costanza. Bella e semplice, ma colta, capace di intervenire al dibattito sulla fiducia al governo Prodi citando Max Weber e la scrittrice Christa Wolf. A Catania la risposta è identica, «Brava Anna». A scuola, in parrocchia, nelle boutique chic di corso Italia, dove cede volentieri al suo secondo vizio, oltre alle sigarette Merit, abiti e pashmine alla moda. Dai congressi di partito alle aule di giustizia - è stata una delle prime in Sicilia ad aderire a Magistratura Democratica, diventandone segretaria dall’84 all’87 -, sempre «Brava Anna». Alla Procura, dove ha lavorato fino al 1987, dopo un anno a Savona, con borsa di studio della Banca d’Italia, i penalisti la descivono «avversario temibile». «Tra colleghi ci dicevamo che quando c’era lei bisognava prepararsi bene perché di sicuro aveva studiato il fascicolo a memoria», ripensa l’avvocato Carmelo Calì, che si definisce «moderato» e ad Anna Finocchiaro riconosce un solo difetto, «è comunista». Un neo ma quasi un vezzo, conferma il penalista Enzo Trantino, legale di Marcello Dell’Utri e storico principe del Foro catanese arrivato in Parlamento con An: «Che importa di che partito sia? Ha tatto, acutezza d’analisi, umanità». I nemici, pare, sono la sola cosa che manca alla donna più amata dalla politica italiana. «Non ne ha», taglia corto il magistrato Marisa Scavo, collega e amica sin dai tempi dell’università. Membro onorario della «cerchia di Anna», le «ragazze» che vanno insieme al cineclub King, al teatro, a casa Finocchiaro a mangiare l’insuperabile pasta alla Norma, pomodoro, melanzane e ricotta salata, specialità della senatrice: «Ci siamo sposate a distanza di pochi mesi, i nostri mariti frequentavano insieme la facoltà di medicina, abbiamo mantenuto l’abitudine di fare le ferie insieme, ogni estate organizziamo almeno un viaggio per andare a vedere qualche mostra d’arte contemporanea». La volta più bella però, ricorda la Scavo, fu il capodanno del 1984 in Cappadocia: «All’improvviso andò via la luce e il riscaldamento, faceva talmente freddo che ci mettemmo a letto tutti e quattro insieme, mariti compresi, che risate...». Perché Anna Finocchiaro è seria ma di spirito. Parola di Rita Lorenzetti, presidente dell’Umbia, che durante le legislature in comune ha abitato con lei per tredici anni nel piccolo appartamento vicino a piazza Navona a Roma («tornavamo a casa la sera sfinite, ci toglievamo le scarpe, Anna preparava la pasta e chiacchieravamo come studentesse, fino a notte alta»). E soprattutto parola di uno degli amici storici, l’ex presidente della Camera Luciano Violante, l’uomo che le asciugò le lacrime il giorno che dal Pci nacque la Quercia ma che nell’83 si era opposto alla sua candidatura: «Volevo che restasse in magistratura, era così brava che pensavo sarebbe stato un peccato perderla. Così dissi che ero contrario, lei non se la prese, conosceva la mia stima». Tutti la rispettano, molti la amano. Ma davvero Anna Finocchiaro è donna senza difetti? Qualche voce timidamente critica si leva dai compagni di partito di Catania, quelli che non hanno dimenticato le ultime amministrative, lo scorso anno, quando lei si presentò capolista e prese appena mille voti, la metà dei candidati ne ottennero meno di tre ciascuno, i Ds scesero al 5%, minimo storico da queste parti. «Anna è come un Concorde, un aereo d’alta quota che può avere difficoltà a planare a terra», osserva Gaetano Cardiel, segretario dei Ds di Caltagirone. Per lui è una constatazione, altri lo considerano un problema. Come chi era presente alla festa di chiusura per la campagna contro la legge 40 sulla fecondazione assisitita. La Finocchiaro era stata invitata sul palco, unica tra i politici, insieme a Nino Guglielmino, uno dei fondatori dell’associazione Hera, il principale centro dell’Italia meridionale per la fecondazione assistita. «Stavamo tutti lì, mancava solo lei, la sorella si era fatta male a una gamba ma la gente la aspettava», racconta un giovane militante che preferisce restare anonimo. L’epilogo, una lite in piazza: «Guglielmino le manda un sms per dirle che era inaffidabile e lei arriva dopo dieci minuti, offesissima, furiosa, dovevate sentirla...». L’accusa insomma è volare troppo alto, con ambizione e un po’ d’alterigia. Enzo Bianco, che ha appena concluso la campagna elettorale di Rita Borsellino insieme alla Finocchiaro, minimizza: «Solo chi non conosce a fondo Anna può definirla altezzosa. Figurarsi. E’ stata consigliere nella mia giunta, una delle protagoniste della primavera di Catania. E poi dovrebbero vederla quando andiamo al mare in gommone a Filicudi, nuota da dea e raccoglie dei ricci che solo Giovanna Melandri sa eguagliarla». Bella, brava, professionale, elegante come il Concorde in volo, e sa pescare. Una risorsa così preziosa per Catania che gli abitanti vorrebbero accanto, «Ci piacerebbe averla di più con noi». Francesca Paci