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 2006  maggio 28 Domenica calendario

Quel passato che non deve confondere. La Stampa 28 Maggio 2006. Fa bene, il commissario Guido Rossi, ad assicurare un rigore «straordinario» come la sua carica letteralmente impone, anche se i proclami sono una cosa e i risultati un’altra

Quel passato che non deve confondere. La Stampa 28 Maggio 2006. Fa bene, il commissario Guido Rossi, ad assicurare un rigore «straordinario» come la sua carica letteralmente impone, anche se i proclami sono una cosa e i risultati un’altra. Credo che mai come in questo caso le sentenze, per essere giuste, dovranno essere severe. Non più tardi dell’estate scorsa, il Genoa di Preziosi, promosso in serie A, fu spedito in C-1. Avevano beccato il presidente con il sorcio in bocca (la busta dei 250 mila euro destinati al Venezia). A distanza di un anno una perizia - di parte, ma pur sempre scrupolosa - dimostra che il verdetto della Caf sarebbe stato scritto prima che i giudici si riunissero in camera di consiglio. Complotto e cialtroneria? I tifosi del Grifone hanno il diritto di conoscere la verità. Nello stesso tempo, i tifosi della Juventus hanno il dovere di rispettare la realtà. Sono molti coloro che si aggrappano agli scandali pregressi - bilanci gonfiati, iscrizioni aggiustate, passaportopoli, fidejussioni taroccate - per garantirsi una via di fuga. Non v’è dubbio che, in passato, siano stati usati troppi pesi e troppe misure. Per tutti. Il fresco patteggiamento di Recoba e Oriali ne è la prova più lampante: a livello sportivo, l’immancabile «sanatoria» salvò l’Inter e le altre società che, come lei, avevano barato con gli extracomunitari. Oggi, però, siamo di fronte a una vergogna di regime. E quel regime ha in Moggi e nella Gea i grandi burattinai. Sinceramente: non vedo come la Juventus possa smarcarsi dalla responsabilità diretta. E, dunque, da sanzioni adeguate: scudetti revocati, retrocessione. Nello stesso tempo, perché ci si possa fregiare del titolo di «grande burattinaio», servono i burattini. Ecco: qui i conti cominciano a non tornare. I burattini ci sono, ma tutti, nessuno escluso, si appellano alla «legittima difesa». Fiorentina, Milan, Lazio. Se si sono sporcati, la colpa è del lupo mannaro. Il quadro è desolante. Non uno che, nelle sedi istituzionali, abbia sollevato il problema quando avrebbe dovuto. O perché appena arrivato (Della Valle) o perché sinergicamente legato agli untori (Galliani). Paura, calcolo: tocca agli inquirenti stabilirlo. Nel mio piccolo, fatico a immaginarmi un Della Valle così ingenuo e un Galliani così tremebondo. Resta il Moggismo. Fa comodo a tutti nascondersi fra i suoi accoglienti cellulari. Vi consiglio un libro appena uscito, «Indagine sul calcio». Autori, Oliviero Beha e Andrea Di Caro. uno spaccato del nostro Paese, dal mistero-Camerun del 1982 ai Mondiali tedeschi. Leggendolo, ho rafforzato una mia vecchia idea: che i Moggi potevano nascere solo da noi. E solo da noi diventare quello che sono diventati. Pastori geniali nel loro campo, per parafrasare l’ultimo Peruzzi, grazie a un gregge di pecorelle troppo smarrite, o smarribili, per gridare alla verginità perduta. In chiave juventina, l’aspetto più umiliante è ricevere lezioni da avventurieri come Gaucci, Pieroni, Preziosi e da tecnici mediocri come Mancini. D’altra parte, ogni porcheria ha il suo prezzo. E lo schifo, questa volta, non si limita a coinvolgere i vertici. Più drammaticamente, è proprio dai vertici che parte. Il fatto che attorno a Rossi e Borrelli si sia scatenata la solita giostra destra/sinistra, appartiene al repertorio di una politica invadente e tarata. Certo, facevano più comodo controllori come Carraro e Mazzini, e «giudici» come Lanese, Bergamo e Pairetto, collusi, distratti e pilotabili. La tattica del vittimismo ha pagato spesso, in Italia. Paparesta che non denuncia il sequestro di Moggi e chiede favori «fuori sport» a Galliani è la bandiera della doppiezza nazionale. Il calcio ha bisogno di una salutare ripulita. E a costo di sembrare noioso e palloso, al ministro Melandri rinnovo l’invito: rinunciamo agli Europei 2012, non li meritiamo. Roberto Beccantini