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 2006  maggio 26 Venerdì calendario

PELINO Paola.

PELINO Paola. Nata a Sulmona (l’Aquila) il 20 novembre 1954. Politico. Deputato. Di Forza Italia. «Magari l’aveva fatta arrabbiare Luxuria, ”le ho espresso ammirazione per i tailleur anni ’30 che indossa e la meravigliosa chioma da Re Leone che la renderà la prossima icona delle drag queen: non mi ha più rivolto il saluto”. Fatto sta che Paola Pelino, neodeputata di Forza Italia, s’è lasciata sfuggire che non conta sui Pacs per aumentare il fatturato famigliare, ”i confetti? Vorrei continuare a venderli alle coppie normali”. Il resto della famiglia non l’ha presa bene, appena letta l’intervista (titolo: ”L’industriale che non vuole vendere i suoi confetti per i matrimoni omosessuali”) al fratello Antonio è toccato scrivere una lettera a Il Giornale, tanto per chiarire che ”le opinioni espresse dal deputato di Forza Italia” sono ”di natura esclusivamente politica e personale e non coinvolgono la direzione dell’azienda”. E qui bisogna intendersi: ”Pelino” non è un cognome qualsiasi, quando a Sulmona cominciarono a produrre confetti era appena finita la guerra d’indipendenza americana e in Europa faceva parlare di sé un filosofo di Königsberg, tale Kant. Più di due secoli e sette generazioni a conservare, come la formula della Coca Cola, il segreto della mandorla rivestita solo di zucchero, ”niente amidi né farine!”. Dal 1783 sono l’azienda simbolo di Sulmona, patria della specialità, teste coronate e sposi qualunque ai quattro angoli del pianeta fanno la fila per prenotare i confetti più famosi e buoni del mondo e alla ”Pelino”, com’è comprensibile, non gliene può importare di meno dei gusti sessuali di chi li ordina: l’importante è che apprezzino almeno una delle 54 varietà, per il resto auguri e siate felici. E ora eccoci qua: dalla guerra d’indipendenza Usa alla guerra dei Pelino. O no? Antonio è l’amministratore delegato dell’azienda, nella lettera precisava che del consiglio d’amministrazione ”Paola Pelino è membro insieme a Mario, Antonio, Lucilla e Marco Pelino”, come a dire che non è la sorella deputata a dare la linea. [...]» (Gian Guido Vecchi, ”Corriere della Sera” 26/5/2006).