Corriere della Sera Magazine 25/05/2006 pag.42 Aldo Cazzullo, 25 maggio 2006
Corriere della Sera Magazine 25 maggio 2006. ”Mario Draghi, che mi ha sostituito nel governo della Banca d’Italia, è bravo, competente, va benissimo
Corriere della Sera Magazine 25 maggio 2006. ”Mario Draghi, che mi ha sostituito nel governo della Banca d’Italia, è bravo, competente, va benissimo. Ma è il mio opposto”. Così disse, dopo il Te Deum per il Capodanno 2006, Antonio Fazio dal ritiro di Alvito. Aveva ragione: Draghi è il suo opposto. Non solo per lo stile: al suo ingresso a Palazzo Koch ha rifiutato di cedere la borsa al commesso - come faceva il predecessore - preferendo portarla di persona, al primo viaggio a Francoforte non ha preso l’aereo privato ma un volo di linea. Non solo per la strategia di governo, in linea con la sua storia di artefice delle privatizzazioni degli Anni Novanta e di autore della legge sull’Opa: no al neoprotezionismo, sì all’apertura alla concorrenza (anche straniera) e alle liberalizzazioni. Ma anche per il modo di intendere la propria funzione. Alla vigilia della sua prime Considerazioni finali, il rito che nell’era del predecessore era divenuto evento mondano e giudizio universale, Draghi ha spiegato ai collaboratori la sua visione del ruolo di Bankitalia. ”L’epoca in cui la Banca era chiamata a supplire a compiti che spettano allo Stato è finita, e non da oggi; è finita dai tempi di Guido Carli – è il ragionamento di Draghi -. La mia prima relazione non avrà un tono esortativo. Non si tratta di dire ai ministri e tanto meno agli imprenditori quel che devono fare. Il compito del governatore è semmai di far vedere cose che magari sfuggono. Cose che, se solo fossero viste, verrebbero eliminate. Si tratta di additare non orizzonti futuri, ma ostacoli attuali che rendono difficile il buon funzionamento del sistema economico”. Come a dire: sono qui non per sollecitarvi ma per aiutarvi, per mostrare quali sono le convenienze e quali i ritardi dovuti alla storia o alle leggi, alle circostanze o alla politica, che ora è possibile colmare. Annotazioni di sistema, ma anche di dettaglio: un esempio che ricorre nelle conversazioni private del governatore è quello delle autostrade, che per il pagamento automatico dei pedaggi si avvalgono dell’intermediazione delle banche, quando invece potrebbero emettere direttamente le proprie carte, risparmiando tempo e denaro. E’ un cambiamento di cultura, oltre che di forme esteriori. Anche per questo, il peggior servizio che si potrebbe rendere a Draghi è ricreare quel culto della personalità di cui Fazio fu oggetto e nel contempo vittima: il governatore latinista, tomista, umanista. Il suo successore si muove con riservatezza ma per segni inequivoci. La chiusura della stagione delle scalate estive. La vendita delle proprie azioni Goldman Sachs, la banca americana di cui era vicepresidente per l’Europa, e il conferimento del ricavato in un ”blind trust”, un fondo di cui non controlla la gestione. Draghi è un figlio d’arte, ma non un figlio di papà. Suo padre fu collaboratore di Donato Menichella, l’erede di Luigi Einaudi; ma morì quando il primogenito Mario aveva quindici anni. Tocca a lui prendersi cura dei fratelli minori, Andreina, ora storica dell’arte, e Marcello, imprenditore. Alla scuola romana dei gesuiti – l’istituto Massimo, nel quartiere romano dell’Eur – i suoi compagni di classe sono l’attuale presidente di Fiat e Confindustria Luca Cordero di Montezemolo, il capo della polizia Gianni De Gennaro, il presidente della Bnl Luigi Abete, e pure il conduttore tv Giancarlo Magalli (’io ero la pecora nera, ma neppure Mario era un secchione – ha raccontato -. Studiava molto, però non cercava di accattivarsi la benevolenza dei professori”). Comincia allora la passione per lo sport, la pallacanestro, il tennis e soprattutto l’alpinismo, praticato sulle vie ferrate delle Dolomiti e sulle cascate di ghiaccio. La sua formazione di economista è legata alle figure di Federico Caffè, di cui è assistente, e di Franco Modigliani, che lo porta al Mit, dove ottiene il dottorato in Economia: a 35 anni è docente di Economia internazionale a Firenze, a 37 direttore esecutivo della Banca mondiale a Washington. E’ il momento dell’incontro con altre due figure fondamentali: Guido Carli, che lo nomina direttore generale del Tesoro, e Carlo Azeglio Ciampi, che gli affida il dossier delle privatizzazioni. Draghi lavora con nove governi, dall’ultimo esecutivo di Andreotti al secondo di Amato, fino al 2001 e alla vittoria del centrodestra, quando lascia il Tesoro per tornare in America. Ma sarà proprio il governo Berlusconi, d’intesa con l’opposizione di centrosinistra, a nominarlo lo scorso 30 dicembre a Palazzo Koch, con un mandato di sei anni. Legato naturalmente al mondo anglosassone – ama New York, a Londra aveva casa vicino a Harrods -, in questi mesi Draghi ha come riferimento la Germania; e non solo per il clima di collaborazione tra schieramenti contrapposti creato dalla Grosse Koalition. La ripresa tedesca, come ha spiegato più volte, lo rende ottimista sulle prospettive dell’economia italiana. Ognuno ha un compito per cogliere il vento dello sviluppo. Quello che Draghi assegna a se stesso è superare una visione dirigista ai limiti del paternalismo a favore di un’ottica liberale, che fa della concorrenza un’opportunità anziché un pericolo da aggirare con stratagemmi ai limiti del codice penale. Più che proteggere le inefficienze del sistema italiano, si tratta di liberarlo dalle storture che impediscono il libero spiegamento delle forze economiche, danneggiano i consumatori e fin dai primi Anni Novanta penalizzano la crescita economica. Gli uomini di punta di questa nuova stagione (anche per raccogliere l’eredità del direttore generale Desario, giunto alle soglie della pensione) sono Ignazio Visco, nuovo responsabile dell’area ricerca economica, e Giovanni Carosio, chiamato a guidare la vigilanza al posto di Frasca, l’uomochiave del sistema Fazio e del tempo delle scalate. Al loro fianco avanzano due donne, il nuovo ragioniere generale Anna Maria Tarantola e Matilde Panzeri, che dirige la circolazione monetaria. Ma nei primi giorni del suo mandato Draghi ha voluto rivolgersi a tutti i dipendenti, con una lettera in cui li ha invitati a ritrovare l’orgoglio di servire il paese per mezzo di un’istituzione dall’antico prestigio. Fuori dal lavoro, il governatore è molto riservato. La sua vita privata non è in società ma in famiglia: la moglie Serena, discendente di Bianca Cappello, sposa del granduca di Toscana Francesco de’ Medici; i due figli Federica e Giacomo, 30 e 27 anni, una scienziata e un economista, allievo di Francesco Giavazzi, l’amico di sempre. Una volta (come ha scritto Sergio Bocconi sul Corriere) Draghi si iscrisse a un club romano di fitness. Poi, quando un cronista captò un discorso in spogliatoio e lo trasformò in indiscrezione, rinunciò alla tessera. Aldo Cazzullo