Corriere della Sera, 21/12/2001, 21 dicembre 2001
Il mercato del burqa è velato, Corriere della Sera, venerdì 21 dicembre 2001 Saldi di fine regime: se sono ancora poche le donne afghane che hanno stracciato il burqa, sono molti i negozianti che li vendono a prezzi stracciati
Il mercato del burqa è velato, Corriere della Sera, venerdì 21 dicembre 2001 Saldi di fine regime: se sono ancora poche le donne afghane che hanno stracciato il burqa, sono molti i negozianti che li vendono a prezzi stracciati. Prima, a Kabul, un vestito a copertura integrale ”made in Corea” si vendeva a un milione, un milione e duecento mila afghani (100-120 mila lire). Adesso, lo stesso modello è scontato a 70 mila lire. E i più economici, ”made in Pakistan”, costano 20 mila lire. Ma nessuno li compra più. Tempi duri, per il ”burqa business”. «Con la fine dei talebani le vendite sono cadute del 50 per cento», si lamenta Mohammad Islamadin, ”sarto” di Kabul, intervistato dal ”Wall Street Journal”. Certo è difficile commuoversi per i problemi occupazionali di un fabbricante di burqa. Il signor Islamadin ammette che, quando comandava il mullah Omar, «la situazione era molto brutta per le donne, ma era molto buona per me». Islamadin faceva il taxista, quando i talebani conquistarono il potere nel ’96. Lui fiutò l’affare e fece i soldi sulla pelle delle donne. Su 25 milioni di afghani, il 60 per cento sono donne. E per legge tutte dovevano indossare il burqa. Islamadin allestì la sua boutique in un container ai margini della strada. Faceva confezionare gli abiti alle donne a domicilio, contravvenendo alla legge per cui al sesso femminile era proibito lavorare. Ma i talebani chiudevano un occhio. Come sorvolavano sui nomi poco islamici dei materiali. Per esempio il poliestere ”Mercedes 2001”, prodotto da una ditta di Seul, leader del mercato afghano. Il ”Mercedes 2001” si comprava al bazar, dai grossisti come Sadar Nuri. Ogni quattro mesi, Nuri faceva arrivare 8 mila metri di poliestere azzurro da Seul. Ultimo arrivo, agosto. Durante gli ultimi mesi di regime talebano, ne ha venduti due terzi. Dal 9 novembre, neanche un metro. Quel che rimane sta nel retrobottega. In bella mostra, ora, c’è la stoffa marrone ”made in China”, per fare vestiti di foggia occidentale. «Per il mercato del burqa il futuro è velato», dice il ”Wall Street Journal”. Largo ai tailleur? L’ex taxista Islamadin non si fida. Ha cambiato mestiere, si è messo nel business dei vetri. I burqa rimasti nel container li ha dati al fratello, che vive in campagna. Lì c’è ancora domanda. Prima che i talebani costringessero migliaia di donne di città a farne una divisa, la cappa era usata prevalentemente nelle zone rurali. Anche i sales manager globali come Park Kyung Hyun, rappresentante della ditta coreana che produce la materia prima, non si preoccupano. Langue il mercato afghano del burqa? Pazienza: «Ci sono Paesi dove la domanda di moda ”islamica” non calerà mai». Paesi magari meno integralisti dell’Afghanistan. «Ma sicuramente più ricchi». M. Fa