Varie, 18 maggio 2006
BIANCHI
BIANCHI Alessandro Roma 28 gennaio 1945. Politico. Ministro dei Trasporti nel Prodi II (2006-2008). Già Pci-Pds-Ds, nel 2006 candidato al Senato con Pdci-Verdi (non eletto per 1800 voti). Ingegnere, ex rettore dell’università di Reggio Calabria (dal ”99), esperto di urbanistica • «Barba e capelli da post-chitarrista» (’Corriere della Sera”). «[...] «Sono territorialista: è nel Dna di un urbanista non devastare gli ambienti. [...] Ho una cultura intrisa di meridionalismo. Qualsiasi intervento sul territorio deve partire dal Mezzogiorno che si trova ancora in uno stato di isolamento ottocentesco [...] Sono urbanista: città e paesaggi hanno a che fare con i trasporti” [...]» (Antonella Baccaro, ”Corriere della Sera” 18/5/2006) • «[...] un Professorone, e che Alessandro Bianchi sia tale lo si intuisce già sentendolo parlare. Il Professorone dice cose così: ”I termini ultimativi non sono mai così ultimativi”. Oppure: ”Non mi appassiona l’unanimismo”. O ancora: ”Il diritto di veto è una forma decadente di democrazia”. E sta parlando di ferrovie. Per lui, i ragazzi alla ricerca di un impiego in realtà sognano ”di acquisire una dimensione sociale”. Se ricorda il passato da Rettore, e magari le lauree ad honorem conferite a Umberto Eco e Francesco Rosi, le inserisce nel tentativo di ”mettere in primo piano l’importanza dell’estetica e dell’etica nelle dimensioni delle nostre città”. In effetti il Professorone, prima di diventare il responsabile dei Trasporti, era, come accennato, Magnifico Rettore e precisamente dell’università di Reggio Calabria. Formalmente è un ingegnere ma, curioso del mondo, ha allargato le sue competenze alla storia e all’arte. Nel suo curriculum accademico si contemplano pubblicazioni varie e altisonanti. ”Verso una nuova domanda di pianificazione del territorio”; ”Un Atlante del patrimonio insediativo storico della Calabria”; ”L’approccio sistemico nella pianificazione urbana e territoriale”. Anche per la portata dei titoli, Oliviero Diliberto, segretario del Partito dei comunisti italiani, lo ha candidato al Senato e poi al governo. In cambio, Bianchi ha dato una definizione di Diliberto carica di dovuti superlativi: ”Una persona straordinaria, di levatura intellettuale notevolissima, dalla passione politica forte e radicata, con un fortissimo senso delle istituzioni”. Del Professorone si sa che è orgogliosamente comunista. Si è iscritto al Pci a metà degli anni Settanta, quando ne aveva già trenta, abbagliato da Enrico Berlinguer. Si è iscritto al Pds. Ai Ds, non ricorda bene. Col Pdci ha un rapporto di collaborazione esterna. Accettò di candidarsi al Senato nonostante la nuova legge elettorale, dal lui considerata ”orribile” e che ”ha reciso ogni legame tra elettore ed eletto e ripristinato lo strapotere delle nomenclature partitiche”. Ci passò sopra, alla legge, proprio perché, candidando lui, un outsider, e per di più come capolista, il Pdci aveva dimostrato di infischiarsene delle nomenclature partitiche. Purtroppo il legame tra elettore ed eletto non si strinse neanche così. Bianchi non prese abbastanza voti per entrare a Palazzo Madama. Allora pensò di riallacciare il legame tra elettore eccetera dicendo sì alla proposta di fare il ministro. Il giorno in cui entrò al Quirinale per giurare davanti al presidente Giorgio Napolitano, per via della barba e dei capelli lunghi e candidi qualcuno lo paragonò a Shel Shapiro. Secondo Gian Antonio Stella, è più rassomigliante al mago Gandalf del Signore degli Anelli. Soprattutto attirò l’attenzione dichiarando le sue competenze in materia; gli si chiese dell’Alitalia e rispose: ”Non ho un’idea che non sia quella del cittadino che osserva le cose”. Però aveva un’idea precisissima sulle urgenze, ”quella delle integrazioni modali”, e quella dei ”nodi concettuali, come l’intermodalità ed altri territoriali”. Forse ha piuttosto le fattezze del classico scienziato pazzo hollywoodiano, quello con duemila formule in testa e senza un dollaro in tasca. Aveva giurato da dieci minuti, e già era lì col suo cavallo di battaglia di Professorone della Calabria: il ponte sullo stretto. ”Inutile e dannoso, non lo faremo”, disse. Impregilo, l’impresa vincitrice dell’appalto, perse il 5 per cento in Borsa, e al ribasso andarono anche Astaldi, Cementir, Vianini Lavori, Italcementi. Bianchi ci rimase male. Non è uno che voglia far danni. Quelle cose, spiegò, le ho dette ”come ricercatore, come scienziato, come studioso”. Ammise: ”Devo studiare ancora”. Studiò da uomo delle istituzioni e cinque giorni più tardi, procuratosi un’infarinatura su Alitalia, a chi gli domandava ragguagli sui cambi al vertice della Compagnia confidò: ” necessariamente uno dei temi in discussione”. Il titolo di Alitalia fu sospeso per eccesso di ribasso. Romano Prodi, che non sarà Professorone, ma su certe cose ci arriva, chiese ai suoi ministri un po’ di silenzio. Bianchi si adeguò: ”Mi taccio”. La tregua durò una settimana soltanto. Forse il Professorone riteneva che il divieto escludesse i grandi temi della passione e dell’anima. Il 25 maggio consegnò ad Aldo Cazzullo la sua visione della politica estera: ”Ascoltare per ore e ore il discorso del primo maggio di Fidel, nella piazza grande, mi ha dato emozioni forti. Ammiro molto quel che Castro ha fatto nel ”59, e anche dopo, resistendo all’assedio. So anche che esiste una fetta di diritti civili che non vengono rispettati. Cuba ha un potenziale umano straordinario; tra qualche anno, con gli investimenti in ricerca che sta facendo, sarà in grado di primeggiare nel mondo”. Dovette riallinearsi. Partecipò alla sfilata militare sui Fori del 2 giugno. Difese le ragioni della Tav, fino al giorno prima combattuta da tutti i massimalisti di sinistra. [...]» (Mattia Feltri, ”La Stampa” 19/8/2006) • «’Definirsi comunisti oggi è un problema – dice Alessandro Bianchi ”. Così come definirsi marxista. Ho letto Marx, ma altrettanto importanti per me sono stati Owen, Fourier, Kropotkin. Sono molto amico di Marco Minniti. Ho un ottimo rapporto con Massimo D’Alema. Stimo tanto Fassino. Napolitano è una grandissima figura della politica italiana, la scelta migliore. Il Sessantotto mi colse di striscio, nel Settantasette ero già dall’altra parte della barricata in università e non amavo i duri dell’autonomia, che tentavamo di tenere ai margini delle manifestazioni. Il mio impegno non è stato tanto nei cortei quanto sulle riviste, nei convegni, nelle aule. Mi sono iscritto al Pci a metà degli anni Settanta, incantato da Berlinguer. Ma sono stato anche iscritto al Pds, dopo la svolta. Non ricordo se ho mai preso la tessera Ds. Diciamo che sono un uomo di sinistra [...] figlio di un militare dell’aeronautica, cresciuto tra l’aeroporto di Cagliari e la scuola elicotteri di Frosinone, ma si sente innanzitutto ”uomo del Mediterraneo”. Al Mediterraneo ha dedicato l’università di Reggio Calabria, dove ha seguito l’intero cursus honorum da ricercatore a rettore, e dove ha fondato il Dipartimento delle città mediterranee. [...]» (Aldo Cazzullo, ”Corriere della Sera” 25/5/2006) • «[...] Definirlo un po’ naif è troppo poco e troppo tanto [...] è uno di quegli uomini che non si è mai preoccupato di nascondere ciò che gli passa per la testa. A volte può essere anche una virtù. Ma da ministro della Repubblica certe virtù fanno tremare i polsi e pure le Borse. [...] Il suo abbigliamento è sempre stato molto informale. Anche in Università. Jeans, barba bianca e capelli lunghi da post sessantottino. Un look che è la sua ”firma”. Alto, magro, movimenti eleganti, il baciamano alle signore, fascinoso per le sue studentesse, una vita sui libri. Laurea in ingegneria civile alla Sapienza, ordinario di Urbanistica, una cattedra di Pianificazione del Territorio dal 1987 al 1994 e poi il rettorato a Reggio per due volte consecutive con la sua Università che - proprio quando è arrivato lui - ha iniziato a diventare una ”scuola” per i Paesi che stanno dall’altra parte del Mediterraneo. Come studioso ha sempre goduto di eccellente fama. [...] in Calabria [...] non ha mai preso casa. Una stravaganza o l’inconfessato e permanente desiderio di andarsene? Ha sempre vissuto in albergo. Prima all’hotel Miramare, poi al Lido e poi ancora al Lungomare. Più che un tipo insolito lo raccontano come un vecchio-giovane intellettuale un po’ cosi, uno che ha fermato il suo tempo. Va sempre in giro con quaderni e block notes dove prende meticolosamente appunti. Su tutto. Garbato, mai arrogante, abile nell’intrecciare rapporti. E caparbio. E sempre molto diretto. Poco diplomatico e forse un po’ scomposto anche nelle occasioni ufficiali. Della Moratti ministro dell’Istruzione, ha sempre detto peste e corna pubblicamente con il sorriso sulle labbra. [...] ”Che Bianchi sia stato un pessimo rettore lo sanno benissimo gli studenti di Reggio Calabria, che sia stato un pessimo candidato alle elezioni lo sanno gli elettori calabresi che l’hanno trombato, ora sappiamo anche che è un pessimo ministro”, dichiarava [...] Maurizio Gasparri. ”Si chiama Bianchi, è rosso e dopo le elezioni è diventato anche verde di rabbia”, gli faceva da spalla Giuseppe Scopelliti, il sindaco di Reggio che non ha mai avuto simpatie per il magnifico rettore. La destra - è ovvio con uno così - non l’ha mai sopportato. A sinistra aveva un rapporto molto speciale con Italo Falcomatà, l’ex primo cittadino morto [...] di leucemia. Passavano serate intere nelle sale del rettorato a parlare di come potevano cambiare la loro città. E di cibo anche. Il neo ministro confessa di tanto in tanto ai suoi amici che, prima o poi, scriverà un libro sulla cucina calabrese. E pure una guida sui migliori ristoranti e le migliori trattorie da Cosenza sino a Villa San Giovanni. I suoi amici sono pochi. Frequentazioni molto selezionate, come d’altronde è salutare in posti come la Calabria. Uno è Antonio Romeo, il suo più stretto collaboratore, responsabile della comunicazione dell´’Università. Un altro è l’architetto Antonio Tassone, uno suo ex studente. Poi c’è il primario Lillo Iacopino. Ogni tanto vede il giornalista della Rai Mimmo Nunnari e l’editore della tivù locale Edoardo Lamberti Castronovo. Spesso si incontrano tutti sullo Stretto e poi si infilano sulla strada che porta a Cannitello, quella che va dritta al ”Vecchio Porto” e alla maledetta punta dove qualcuno ha immaginato di far partire il Ponte» (Attilio Bolzoni, ”la Repubblica” 23/5/2006) • «[...] infanzia e adolescenza [...] le ha vissute dentro un aeroporto: quello di Elmas in Sardegna, dove il padre Manfredo era pilota di caccia, poi a Frosinone dove il padre era uno dei primi elicotteristi, e dove almeno aveva casa in città. A Roma arriva, dopo il classico, per laurearsi nel ”70 alla Sapienza con una tesi di Urbanistica. Calcolata lungimiranza o predestinazione numero due, vi sostiene che il bacino calabro ed est-siculo è perfettamente in grado di reggere, dopo quello di Cosenza, quell’ateneo di Reggio che di lì a qualche anno nascerà davvero e in seguito diventerà il suo feudo. Il suo sbarco in Calabria, però, è a Gioia Tauro, nel ”75, per sei mesi di corsi del Formez ai giovani laureati della piana mentre impazza la bufala del Quinto Centro Siderurgico: ”Io ero già allora dichiaratamente contrario”, racconta [...] Chiuso con il Formez, lo ritroviamo a Reggio, nell’Istituto di Architettura embrione del futuro ateneo. [...] Ordinario di Urbanistica dal ”94, nel ”99, semplice direttore di dipartimento, si candida a rettore, tra lo stupore di tutti incluso [...] La spunta su Sandro Petruccioli, fratello del diessino Claudio, e sul favorito Rosario Giuffré. Ha dalla sua il rettore uscente Rosario Pietropaolo, di Ingegneria. [...] Pentito di aver appoggiato Bianchi, il decano Pietropaolo? ”Fiuuu, non me ne parli! ”Divide et impera’ è stato il suo motto! Ha frammentato l’ateneo e le facoltà, ha accentrato il potere, ridotto l’autonomia dei dipartimenti, subordinato l’istituzione al suo intendimento di far politica, dirottato le risorse dalla ricerca alla promozione dell’ateneo, dunque di se stesso e della sua vanità”. Documentata da 38 sue foto sul sito unirc.it: rituale, meditabondo, con l’ermellino sull’attaccapanni, a tu per tu con uno scheletro, tra gli studenti sul bus... E siamo al Bianchi rettore. L’ateneo cambia faccia: perde le tre facoltà di Catanzaro che divengono autonome, ma ricrea Giurisprudenza a Reggio e quasi completa il trasferimento delle altre tre facoltà nei nuovi ampi edifici della cittadella. ”Acquista identità e riconoscibilità, grazie alla promozione e al nome scelto, Mediterranea, che apre una fitta rete di scambi con Tunisia, Algeria, Libia, Marocco” [...] Aumenta di molto il numero dei docenti. E quando nel 2003 scoppia la grana dell’aumento delle tasse universitarie, con occupazione del rettorato, Bianchi ”apre con noi studenti un tavolo di trattative in cui troviamo un accordo” [...] Bianchi rettore eredita anche qualche rogna. I quattro palazzoni della Casa dello studente, edificati nella fiumara dell’Annunziata, uno quasi sotto il viadotto autostradale, per giunta mai finiti per beghe col costruttore: ”Se avessi potuto oppormi l’avrei fatto, ma ora è bene vengano completati e funzionino”, risponde. Poi il ponte. Non quello sullo Stretto, da lui sempre bollato come ”opera di regime, inutile e dannosa”, ma il ponticello di otto metri largo quattro, a rischio di cedimento, in vicolo Graziella: ”è l’unico accesso alla mia facoltà; se crollasse, ai nostri 1.800 studenti (su 10 mila dell’intero ateneo) non resterebbe che starsene a casa”, constata Francesco Carlo Morabito di Ingegneria, tra i quattro presidi l’unico reggino. La guerra, però, si scatena su altre due università. La privata Francesco Ranieri di Villa San Giovanni, fondatore, rettore e proprietario dello stabile il medesimo Ranieri Francesco, nume tutelare l’ex onorevole di Forza Italia Giuseppe Caminiti, sponsor ufficiale Silvio Berlusconi che ne dà pomposamente l’annuncio a Reggio nella campagna per le regionali 2005 mentre la ministra Moratti concede il riconoscimento. Bianchi, che l’anno prima è stato eletto anche segretario della Crui, Conferenza dei rettori italiani, si dimette e incassa la solidarietà dei colleghi, la Corte dei Conti rinvia la pratica, Bianchi ritira le dimissioni [...] ”Peccato che intanto Bianchi, in Comitato universitario regionale, voti anche contro il riconoscimento della Dante Alighieri, accreditata Università per stranieri a Reggio”, attacca il vicesindaco repubblicano Giovanni Rizzica, ironizzando sul Sangiorgino d’oro conferito dalla sua giunta al rettore. ”Votai contro perché mancavano i requisiti”, replica il ministro, ”poi accompagnai io la pratica perché giungesse a buon fine”. Le delusioni gli vengono dalla politica. Pci finché è esistito, poi senza tessera, per conoscenza accademica amico di Oliviero Diliberto che nella capitale insegna Diritto romano, alle politiche di aprile Bianchi, senza dimettersi, si candida al Senato nella lista Pdci-Verdi. Ma non ce la fa, per 1.800 voti passa il candidato dell’Udeur. Non sta nemmeno nella lista di professoroni proposta dal Pdci a Prodi come possibili ministri. Ma quando il manuale Cencelli attribuisce al Pdci i Trasporti, Diliberto chiama il rettorato, e a un Bianchi che cade dalle nuvole comunica: ”Stai pronto, stiamo lavorando per farti ministro...”» (Roberto Di Caro, ”L’espresso” 22/5/2006).