Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2006  maggio 05 Venerdì calendario

Il candidato Amato e la rapina in banca. Libero 5 maggio 2006. Nella notte di sabato 9 luglio 1992 il governo di Giuliano Amato, maschera sul volto e tuta nera, penetrò nei forzieri delle banche italiane prelevando il 6 per mille da ogni deposito

Il candidato Amato e la rapina in banca. Libero 5 maggio 2006. Nella notte di sabato 9 luglio 1992 il governo di Giuliano Amato, maschera sul volto e tuta nera, penetrò nei forzieri delle banche italiane prelevando il 6 per mille da ogni deposito. Un furto con scarsa destrezza che fruttò 5.270 miliardi di vecchie lire. Un furto che nessun giudice, nè la Cassazione e nemmeno la Corte Costituzionale, ha mai condannato. Un peccato di cui Amato non si è mai pentito. Ancora il 9 maggio dell’anno scorso, in un’intervista al Corriere della Sera lo definiva «un colpo da boy scout» a confronto dei disastri che, a suo parere, avrebbero inevitabilmente, provocato le acrobazie dei vari Fiorani, Ricucci, Consorte. Oggi, a quasi 70 anni Giuliano Amato è considerato una riserva della Repubblica e come tale possibile candidato al Quirinale. Tuttavia il suo nome resterà per sempre legato alla più odiosa manovra di finanza straordinaria mai effettuata da un governo italiano. Un decreto legge d’emergenza autorizzava il prelievo forzoso sui conti correnti e la difesa dello Stato è sempre riuscita a dimostrare che non si trattava di un furto ma di una tassa che occorreva pagare. Non diversamente dall’oro alla Patria donato ai tempi della guerra italo-etiopica. D’altronde che c’era di diverso? Nel 1935 bisognava fronteggiare le inique sanzioni ordinate dalle «demoplutocrazie» occidentali. Nel luglio 1992 i grandi speculatori internazionali che sparavano sulla povera lira. Al punto da costringerla a lasciare l’ancoraggio nello Sme (il nonno dell’euro). Certo erano momenti di assoluta emergenza. A Palermo erano stati uccisi Falcone e Borsellino, Mani Pulite incombeva dopo l’arresto, avvenuto pochi mesi prima di Mario Chiesa, il terrore serpeggiava nel sistema finanziario italiano. Alcune aste dei Bot si erano chiuse a fatica mettendo l’Italia a rischio di fallimento come, qualche anno dopo, sarebbe accaduto all’Argentina. A fronte di una situazione tanto drammatica Amato aveva varato una manovra da 100 mila miliardi, la più grande mai effettuata nella storia della Repubblica. Quella che avrebbe consegnato il suo personaggio all’immagine di implacabile vestale delle tasse. Nella furia fiscale si era mosso anche con qualche grossolanità contraddicendo la sua fama di Dottor Sottile. Per esempio il furto sui conti correnti era stato deciso nonostante il diverso parere del ministro del Tesoro, Piero Barucci. Il professore toscano aveva proposto una manovra molto più digeribile per i risparmiatori. Chiedeva un aumento della tassazione sui depositi che certamente avrebbe avuto un aspetto meno odioso. Anche Antonio Fazio, allora vice direttore generale di Banca d’Italia, aveva sollevato qualche eccezione preoccupandosi delle conseguenze della violazione notturna del risparmio. Invece Amato, vista la situazione, aveva deciso di non essere per nulla sottile. Vennero tassate tutte le giacenze esistenti alla data del 7 luglio determinando effetti perversi. Per esempio chi aveva venduto una casa proprio in quei giorni si trovò scippato di una parte del suo patrimonio. Se l’accredito sul conto corrente fosse avvenuto il 6 luglio o l’8 non avrebbe versato nulla. Tassati anche i clienti che avevano ordinato un pagamento ma la banca aveva tardato l’esecuzione. Non a caso allora Giulio Tremonti cominciò a parlare di uno Stato che, con disinvoltura, metteva le mani nelle tasche dei cittadini. Amato inaugurò la stagione delle imposte una-tantum che successivamente Prodi avrebbe utilizzato largamente per portare la lira all’appuntamento con l’euro. La più famosa rimane la tassa sul medico di famiglia oppure la patrimoniale sulle imprese. Alcune imposte, invece, da episodi unici si trasformarono in prelievi permanenti. Per esempio l’Isi che nacque come Imposta straordinaria sugli immobili (3 per mille sulla rendita catastale rivalutata). Dopo diventerà Ici e l’aliquota salirà fino al 9 per mille. Amato ruppe definitivamente il patto del centro-sinistra con i lavoratori autonomi e con i commercianti in particolare. Più ancora di quanto non avesse fatto nel 1984 Bruno Visentini con l’introduzione dei registratori di cassa. Il suo governo varò la minimum tax che contraddiceva tutti i principi delle imposte da pagare in base alla capacità contributiva. Stabiliva dei parametri fissi in base ai quali il gioielliere di via Montenapoleone non poteva guadagnare meno di tanto o un architetto meno del suo impiegato di studio. Se dichiarava di meno era inevitabilmente un evasore. Redditometri, riccometri varati dai governi di centro-sinistra e altre diavolerie nascono da qui. Il risultato fu paradossale: solo in Lazio sparirono trentamila aziende. Qualcuna fallì. La maggior parte si rintanò nell’area dell’economia in nero togliendo tasse allo Stato e contributi all’Inps. La minimum tax fu inutile. Ma serviva per mostrare ai sindacati, cui Amato aveva fatto ingoiare un inutile blocco salariale e la rottura del legame tra pensioni e stipendi, lo scalpo fiscale del commerciante infedele. Perchè Dottor Sottile è uomo che ama i simboli. Per esempio in quella terribile estate del ”92 decise l’abolizione della scala mobile senza ricordare che il meccanismo di indicizzazione era morto da anni. L’aveva ucciso egli stesso nella notte di San Valentino di dieci anni prima quando era il più stretto collaboratore di Bettino Craxi a Palazzo Chigi. Poi, però, ai funerali del suo ex principale non sarebbe andato. Perchè il Dottor Sottile non dimentica che ogni epoca ha i suoi simboli. Nino Sunseri