Kurt Vonnegut, La Repubblica, 15/05/2006, 15 maggio 2006
L´autobiografia politica, La Repubblica, 15 maggio 2006 Da bambino ero il membro più giovane della mia famiglia, e il figlio più piccolo è sempre quello che fa il buffone, perché solo grazie alle buffonate riesce a inserirsi nei discorsi dei grandi
L´autobiografia politica, La Repubblica, 15 maggio 2006 Da bambino ero il membro più giovane della mia famiglia, e il figlio più piccolo è sempre quello che fa il buffone, perché solo grazie alle buffonate riesce a inserirsi nei discorsi dei grandi. Mia sorella aveva cinque anni più di me, mio fratello nove, e i miei genitori erano dotati entrambi di una bella parlantina. Perciò, quando ero molto piccolo e cenavamo insieme, a tutte queste persone io risultavo noioso. Non volevano sentirsi raccontare le sciocche novità infantili delle mie giornate. Volevano parlare delle cose veramente importanti che gli erano successe al liceo, o magari all´università o al lavoro. E allora l´unico modo che avevo per entrare nel discorso era dire qualcosa che li facesse ridere. Mi sa che le prime volte devo averlo fatto per caso: per caso devo essermene uscito con un gioco di parole che li ha lasciati a bocca aperta, o qualcosa del genere. E poi ho scoperto che le battute erano un ottimo mezzo per infilarsi in una conversazione fra adulti. Sono cresciuto in un´epoca in cui, in America, esisteva una comicità di altissimo livello: cioè durante la Grande Depressione. Alla radio c´erano un´infinità di comici assolutamente formidabili. E anche senza volerlo, io li studiavo. Per tutta la mia infanzia ho ascoltato varietà radiofonici almeno un´ora ogni sera, e mi interessava sempre di più capire com´erano fatte le battute e come funzionavano. Quando voglio far ridere, cerco sempre di non risultare offensivo. Credo che ben poco di quello che ho scritto sia roba veramente di pessimo gusto. Credo di non aver scandalizzato o sconvolto molta gente. Gli unici espedienti a effetto che uso sono, di tanto in tanto, le parolacce. Certe cose non fanno ridere. Non riesco a immaginare un libro o uno sketch comico su Auschwitz, per esempio. Così come non sono in grado di fare battute sulla morte di John Fitzgerald Kennedy o di Martin Luther King. Per il resto, non mi viene in mente nessun altro tema che preferirei evitare, sul quale non avrei nulla da dire. Le catastrofi totali sono decisamente divertenti, come ci ha dimostrato Voltaire. Ecco: può far ridere perfino il terremoto di Lisbona. Io ho assistito alla distruzione di Dresda. Ho visto la città com´era prima e poi sono uscito dal rifugio antiaereo e l´ho vista com´era dopo, e indubbiamente una delle reazioni è stata la risata. Lo sa Dio se la risata non è un modo in cui l´anima cerca un po´ di sollievo. Qualunque argomento può essere fonte di risate, e immagino che si sentissero risate particolarmente spettrali perfino tra le vittime di Auschwitz. L´umorismo è una reazione quasi fisiologica alla paura. Freud sosteneva che è una reazione alla frustrazione: una delle tante. I cani, diceva, quando non riescono a uscire da un cancello, cominciano a raspare e a scavare per terra e a fare movimenti senza senso, ringhi e quant´altro: è il loro modo di affrontare la frustrazione, la sorpresa o la paura. E in effetti spessissimo il riso viene provocato dalla paura. Anni fa ho lavorato per un programma comico della televisione. Cercavamo di creare una serie in cui, come regola di base, in ogni episodio si nominasse la morte: un ingrediente che avrebbe aggiunto intensità a ogni tipo di risata, senza che gli spettatori si rendessero conto di che trucco usavamo per farli sbellicare così tanto. C´è anche un riso superficiale. Bob Hope, per esempio, non era un vero umorista. Era un comico con del materiale molto esile, che non tirava mai in ballo nulla di scottante. Invece Stanlio e Ollio mi facevano piegare in due dalle risate. Nelle loro storie, per qualche motivo, c´è un che di tremendamente tragico. I due protagonisti sono troppo buoni per sopravvivere in questo mondo, e si trovano sempre in gravissimo pericolo. Potrebbero finire ammazzati da un momento all´altro. Anche le battute più semplici si basano su leggere fitte di paura, per esempio la domanda: «Che cos´è quella roba bianca nella cacca di uccello?» L´interlocutore, come se lo stessero interrogando a scuola, là per là ha paura di dire una fesseria. Quando poi sente la risposta, ovvero: « cacca di uccello pure quella», neutralizza con una risata quell´istintivo senso di paura. Dopotutto, non lo stavano interrogando. «Perché i pompieri portano le bretelle rosse? Per tener su i pantaloni» e «Perché hanno seppellito George Washington sul fianco di una collina? Perché era morto». E così via. vero, però, che esistono anche battute a cui non si può ridere, quello che Freud chiamava "umorismo da forca". Ci sono situazioni della vita reale così disperate che non è concepibile nessun tipo di sollievo. A Dresda, mentre eravamo sotto i bombardamenti, seduti in una cantina a ripararci la testa con le braccia nel caso che crollasse il soffitto, un soldato disse, col tono di una duchessa nel suo palazzo in una notte fredda di pioggia: «Chissà come fa stasera la povera gente». Nessuno rise, ma fummo tutti contenti che avesse fatto quella battuta. Se non altro eravamo ancora vivi! E lui ce l´aveva dimostrato. * * * Sapete cos´è un citrullo? Quando facevo le superiori alla Shortridge High School di Indianapolis, sessantacinque anni or sono, un citrullo era uno che si infilava una dentiera nel culo e staccava con le chiappe i bottoni dai sedili posteriori dei taxi. (Invece i sudicioni erano quelli che si mettevano ad annusare i sellini delle bici delle femmine.) E io tuttora considero un citrullo chi non ha mai letto il più bel racconto della letteratura americana, ossia Accadde sul ponte di Owl Creek di Ambrose Bierce. Non è assolutamente un´opera politica. un esempio impeccabile del genio americano, come Sophisticated Lady di Duke Ellington o la stufa Franklin. Considero un citrullo chi non ha letto La democrazia in America di Alexis de Tocqueville. Resterà sempre il più bel libro mai scritto sui punti di forza e sulle debolezze insite nella nostra forma di governo. Volete un assaggio di questo libro meraviglioso? Tocqueville dice, anzi lo diceva 169 anni fa, che il nostro paese è quello in cui l´amore per il denaro fa più presa sull´animo della gente. Ho reso l´idea? Lo scrittore franco-algerino Albert Camus, premio Nobel per la letteratura nel 1957, ha scritto: «Vi è un solo problema filosofico veramente serio: il suicidio». Ecco che ancora una volta la letteratura ci dà occasione di farci un sacco di risate: Camus morì in un incidente stradale. Quanto ha vissuto? Dal 1913 al 1960. Vi rendete conto che tutta la grande letteratura - Moby Dick, Huckleberry Finn, Addio alle armi, La lettera scarlatta, Il segno rosso del coraggio, l´Iliade e l´Odissea, Delitto e castigo, la Bibbia e The Charge of the Light Brigade di Tennyson - parla di che fregatura sia la vita degli esseri umani? (Non è liberatorio che qualcuno lo dica chiaro e tondo?) Per quanto mi riguarda, la teoria dell´evoluzione può andarsene affanculo. Noi siamo un errore madornale. Abbiamo ferito a morte questo bel pianeta - l´unico in tutta la Via Lattea capace di sostentare la vita - con un secolo di folle frenesia del trasporto. Il nostro governo sta conducendo una guerra contro la droga, giusto? Allora perché non se la prende con il petrolio? Lì, altro che ebbrezza distruttiva! Uno ne ficca un po´ dentro l´automobile e può andarsene in giro a duecento all´ora, investire il cane dei vicini e fare a brandelli l´atmosfera. Be´, finché ci tocca essere degli homo sapiens, perché prendersi la briga di stare al mondo? Facciamo a pezzi tutto quanto. C´è qualcuno che ha sottomano una bomba atomica? E chi non ce l´ha, oggi? Però c´è una cosa che devo dire in difesa dell´umanità: in qualunque epoca della storia, dal Paradiso Terrestre in poi, gli uomini si sono semplicemente ritrovati sulla terra di punto in bianco. E, tranne che nel Paradiso Terrestre, esisteva già tutta una serie di giochetti che potevano far dare di matto a una persona anche se non era matta di suo. Fra i giochetti di questo tipo al giorno d´oggi ci sono l´odio e l´amore, il progressismo e il conservatorismo, le automobili e le carte di credito, il golf e la pallacanestro femminile. Kurt Vonnegut