Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2006  maggio 13 Sabato calendario

Diritto di critica magistrati esclusi. La Repubblica 13 maggio 2006. O la libertà è un´illusione necessaria o è necessaria l´illusione della libertà

Diritto di critica magistrati esclusi. La Repubblica 13 maggio 2006. O la libertà è un´illusione necessaria o è necessaria l´illusione della libertà. (da "Il bibliotecario di Leibniz" di Sergio Givone – Einaudi, 2005 – pag. 67) Si può criticare il provvedimento di un magistrato, in forza della libertà d´opinione sancita dall´articolo 21 della Costituzione? Lo può fare un avvocato? E soprattutto, lo può fare in un atto giudiziario attraverso il quale esercita il suo mandato difensivo? Secondo il Tribunale di Roma in composizione monocratica, formato cioè da un solo giudice, questo non è consentito. Un avvocato non può criticare il provvedimento di un magistrato. Non lo può fare neppure in un atto con cui difende il suo assistito.  destinata senz´altro ad alimentare reazioni e polemiche, nel mondo della giustizia e anche in quello dell´informazione, la vicenda che riguarda gli avvocati Gian Domenico Caiazza del foro di Roma e Antonio Fasolino del foro di Napoli, condannati entrambi per diffamazione, nei confronti del giudice per le indagini preliminari di Torre Annunziata, alla pena della multa e al pagamento di 50 mila euro per i danni morali. Un caso che, oltre a provocare l´astensione dei penalisti romani dalle udienze di venerdì prossimo, 19 maggio, ripropone all´ordine del giorno il tema del risarcimento per diffamazione (che riguarda in particolare i giornalisti e gli editori) su cui nella scorsa legislatura il centrodestra aveva approvato alla Camera una nuova legge che purtroppo il Senato non ha fatto in tempo a ratificare. Riassumiamo, innanzitutto, i fatti. Sottoposto alle indagini preliminari per un reato di tentata estorsione che risaliva a due anni prima, il signor G. T. era detenuto da oltre due mesi in regime di arresti domiciliari. Non essendo il provvedimento gravato da restrizioni ulteriori, in quel periodo il cittadino in attesa di giudizio aveva potuto ricevere a casa parenti e amici, continuando a usare quotidianamente il telefono o altri strumenti di comunicazione. Improvvisamente, a causa di un infarto, muore il padre che abitava in un palazzo accanto, al numero civico successivo. I difensori presentano un´istanza al gip affinché consenta al detenuto di vegliare il feretro e di seguire le esequie il giorno successivo. Ma il magistrato autorizza il signor G.T. a partecipare, sotto scorta, soltanto al funerale. A quel punto, con una lettera riservata poi resa pubblica attraverso un documento e un manifesto della Camera penale di Roma, i due avvocati segnalano l´episodio al presidente del Tribunale di Torre Annunziata, al ministro della Giustizia e al vice-presidente del Consiglio superiore della magistratura. Dopo aver illustrato le premesse in fatto e in diritto, scrivono testualmente: "Un siffatto provvedimento lascia dunque sgomenti, per la sua manifesta mancanza di giustificazione logica e di qualsivoglia plausibile ragione cautelare, e per la sua altrettanto manifesta, gratuita e sconcertante disumanità (...). Non resta allora a questi difensori altra via che elevare la più ferma ed indignata protesta per un provvedimento odioso, gravemente quanto gratuitamente contrario al senso di umanità...". Da qui, la querela del gip per diffamazione, il rinvio a giudizio con citazione diretta e la successiva condanna. Per completezza dell´informazione, va aggiunto che l´Associazione magistrati del Lazio ha replicato con una nota che minaccia però di aggravare la vertenza. "La Giunta – si legge fra l´altro - concorda che ogni critica a provvedimento giurisdizionale è pienamente legittima ma che, nel caso in esame, il documento della Camera Penale è stato redatto e diffuso prima ancora del deposito della motivazione della sentenza e, quindi, senza neppure conoscere le argomentazioni logico giuridiche adottate dal Giudice". Ma, a suo avviso, la decisione di astenersi dalle udienze per approfondire la questione "rappresenta una forzatura che può anche essere letta, prima ancora che come critica aprioristica e pregiudiziale nei confronti dell´operato del Giudice di primo grado, anche come un´indebita pressione sul Giudice che sarà chiamato a valutare l´eventuale impugnazione". Evitiamo qui di commentare la vicenda, per non rischiare d´incorrere nella stessa ipotesi di diffamazione. Entro i limiti del diritto di opinione e di critica, e con tutto il rispetto per la categoria dei magistrati, non si può fare a meno tuttavia di osservare che un episodio del genere non favorisce il confronto tra ordine giudiziario e avvocatura penale. Né giova certamente all´amministrazione della giustizia, sul piano della comunicazione e dei rapporti con l´opinione pubblica. * * * A questo proposito, sarà bene che il nuovo Parlamento riprenda al più presto l´esame della legge sui limiti del risarcimento per diffamazione, in modo da impedire che questo possa tradursi in una forma di ritorsione o peggio ancora di speculazione finanziaria. La libertà d´informazione va tutelata e garantita anche in concreto. Non è più tollerabile che una tale minaccia continui a pesare su tanti giornali e giornalisti, ipotecando il bilancio e l´indipendenza delle aziende editoriali. Potrebbe essere un test per misurare la volontà riformatrice del centrosinistra sul terreno minato della giustizia e anche la disponibilità reciproca dei due schieramenti a ricercare accordi bipartisan sulle questioni trasversali che riguardano i diritti fondamentali. Un´altra piccola riforma a costo zero, realizzabile rapidamente, è quella che riguarda la citazione degli inquirenti negli articoli di giornale o nei servizi radiotelevisivi. Da una parte e dall´altra, molti si lamentano (spesso a ragione) di un eccessivo protagonismo dei magistrati, fonte di tante dichiarazioni premature o intempestive, di tante rivelazioni o fughe di notizie, di tante condanne mediatiche pronunciate prima delle sentenze nelle aule dei tribunali. Ecco un´altra occasione di convergenza fra centrosinistra e centrodestra: basterebbe vietare, come si fa da sempre in Gran Bretagna, di pubblicare i nomi dei magistrati che svolgono le indagini e poi formulano l´accusa, per cominciare a mettere mano alla crisi della giustizia. Giovanni Valentini