Macchina del tempo n. 5 maggio 2006, 5 maggio 2006
Il profumo ha una forza di persuasione più convincente delle parole, dell’apparenza, del sentimento e della volontà
Il profumo ha una forza di persuasione più convincente delle parole, dell’apparenza, del sentimento e della volontà. Non si può rifiutare la forza di persuasione del profumo, penetra in noi come l’aria che respiriamo, penetra nei nostri polmoni, ci riempie, ci domina totalmente, non c’è modo di opporvisi». Così scriveva Patrick Süskind, il creatore del memorabile personaggio letterario di Jean-Baptiste Grenouille, un ragazzo nato e cresciuto nella Parigi del XVIII secolo, dotato di un naso straordinario ma stranamente privo di qualsiasi odore corporeo, una caratteristica inquietante che lo spingerà a creare un’inconfondibile fragranza, commettendo terribili omicidi. Le pagine del romanzo Il Profumo, ora trasformate in un film che arriverà nelle sale il 14 settembre (nel cast c’è anche Dustin Hoffman), hanno evocato a milioni di lettori aromi, essenze e sfumature del mondo unico di Grenouille, basato esclusivamente sul senso dell’olfatto. Un senso che, invece, nella cultura occidentale è subordinato alla vista e all’udito. il senso meno sviluppato ma che più degli altri, come diceva Süskind, ha il potere di penetrare nella sfera emotiva e inconscia, di muovere pulsioni istintive, irrazionali e primitive, di fissare ricordi come tracce indelebili nella mente. Può capitare di percepire un odore ed essere catapultati in un passato lontano, sentir riaffiorare memorie che si credevano perse, il volto di una persona cara, una scena d’infanzia, un vecchio amore, e riprovare sulla scia impalpabile di quell’aroma le stesse emozioni che un tempo hanno accompagnato un episodio della propria vita. Perché succede questo? «Le molecole trasportate dall’aria, attraverso le terminazioni nervose nel naso, raggiungono il sistema limbico, una regione sotto la corteccia cerebrale che si trova nella parte orbitofrontale: è il regno delle emozioni e degli stati d’animo», spiega Gesualdo Zucco, docente di psicologia dell’apprendimento e della memoria alla facoltà di medicina dell’Università di Padova. «Per questo, un profumo può scatenare reazioni che non controlliamo e di cui non abbiamo consapevolezza». Certo, anche una canzone o una fotografia possono evocare ricordi, ma non con la stessa forza e la vividezza di particolari di cui è capace uno stimolo olfattivo. «Vista e udito sono sensi cognitivi, che nel corso dell’evoluzione umana hanno accompagnato l’apprendimento, la lettura e la scrittura, lo sviluppo del pensiero razionale e del ragionamento. Non a caso, le terminazioni nervose di occhi e orecchie arrivano direttamente alla corteccia cerebrale», continua il professor Zucco. così che si spiega come mai talvolta siamo preda di sensazioni inspiegabili, come malinconia, tenerezza, attrazione o disgusto verso qualcosa, senza sapere perché: forse dipende solo dal fatto che avvertiamo un odore nell’aria e per riflesso condizionato, la nostra mente lo associa a un evento trascorso in cui abbiamo provato quelle sensazioni. Ma l’olfatto non è solo il senso dell’emozione: gioca ruoli importanti in tutte le specie, compresa la nostra, anche se nell’evoluzione umana le capacità olfattive sono andate via via affievolendosi. Gli animali si riconoscono dagli odori, attraverso gli odori delimitano il territorio, avvertono i pericoli, inviano segnali di allarme, individuano i partner e si predispongono all’attività sessuale. Sono tutte funzioni del sistema olfattivo che si riscontrano anche negli uomini, nonostante nel corso dei millenni le dimensioni culturale e visiva siano diventate predominanti rispetto a quella olfattiva. «Con gli occhi non si vede né dietro la testa né al buio, e spesso nella percezione del pericolo il naso fa prima della vista, per esempio nell’avvertire una fuga di gas o il fumo di un incendio», fa notare Alessandro Gusman, antropologo dell’Università di Torino e autore di Antropologia dell’olfatto, un saggio in cui ripercorre attraverso le culture, passate e presenti, i simboli e i significati attribuiti all’olfatto. Si sa, per esempio, che l’utilizzo di profumazioni, per fini cosmetici, rituali o erotici, è antichissimo e universalmente diffuso, almeno da quando, circa 5.000 anni fa, fu inventato il processo di distillazione con cui gli uomini impararono a sprigionare le sostanze volatili da erbe e fiori. «Da sempre i profumi hanno una funzione identificatrice, tanto che l’odore dell’altro è stato visto, in alcune epoche storiche, come un attributo classificatorio e usato come stigma verso certi gruppi sociali», suggerisce il professor Gusmam. Forse per questo regalare un profumo non è mai facile, pur conoscendo bene i gusti di una persona. Il profumo che ci spruzziamo addosso parla di noi stessi: è qualcosa in cui ciascuno si riconosce e attraverso cui si annuncia agli altri, una forma di espressione e di comunicazione. Diverso il ruolo della deodorizzazione, che non ha scopi connotativi, ma piuttosto serve a coprire gli odori naturali, a contrastare quel processo di prolificazione batterica che causa i cattivi odori. Massimo Canevacci, docente di antropologia culturale all’Università La Sapienza di Roma, ritiene che nella nostra società tra odori e profumi ci sia una sorta di conflitto. «L’odore è diventato qualcosa da eliminare, da contrastare attraverso misure e strategie igieniche. Si deodora il corpo proprio come si tiene pulita la casa in cui si vive. O siamo inodori, e a questo scopo dobbiamo lottare senza soluzione di continuità contro le secrezioni delle ghiandole sudoripare dell’organismo, oppure abbiamo addosso un profumo: siamo portati ad accettare solo ciò che è profumato e a rifiutare i contatti maleodoranti», afferma Canevacci. Tuttavia l’odore naturale, anche se mascherato dall’eau de toilette, non possiamo lavarlo via, un po’ come il colore degli occhi non si può cambiare né nascondere. un tratto che ci contraddistingue gli uni dagli altri, e fa sì che due partner saprebbero riconoscersi anche a occhi chiusi. In amore l’occhio vuole la sua parte, ma è altrettanto innegabile che spesso è il naso a dire l’ultima parola e a decidere se c’è attrazione o repulsione ”a pelle”. I messaggeri chimici coinvolti nella comunicazione sessuale e riproduttiva sono i feromoni, ma mentre negli animali la loro azione è ben documentata, negli esseri umani resta ancora un po’ aneddotica. I mammiferi infatti sono dotati di una struttura specializzata per la ricezione dei feromoni, chiamata organo vomeronasale. Nella nostra specie una struttura analoga è visibile solo tra la dodicesima e le ventitreesima settimana di gravidanza, poi scompare o regredisce prima della nascita. Forse, quindi, la comunicazione odorosa fra due persone non è merito dei feromoni. Eppure è qualcosa di profondo, naturale ed emotivo. Che sfugge alla razionalità e non ha bisogno di altre spiegazioni.