Macchina del tempo n. 5 maggio 2006, 5 maggio 2006
La repubblica ha la sua magna charta. Dopo la liberazione del territorio nazionale, le forme istituzionali saranno scelte dal popolo, che a tal fine eleggerà a suffragio universale, diretto e segreto, un’Assemblea Costituente per deliberare la nuova Costituzione dello Stato»
La repubblica ha la sua magna charta. Dopo la liberazione del territorio nazionale, le forme istituzionali saranno scelte dal popolo, che a tal fine eleggerà a suffragio universale, diretto e segreto, un’Assemblea Costituente per deliberare la nuova Costituzione dello Stato». Così stabiliva un decreto del primo governo Bonomi, emanato il 25 giugno 1944 dal Luogotenente generale del Regno Umberto di Savoia (di fatto detentore delle prerogative sovrane), che sostanzialmente sanciva l’alleanza tra monarchia e partiti antifascisti durata fino alla fine della guerra. Così, quando l’Italia fu liberata dai nazi-fascisti, venne il momento di mettere in atto il decreto del governo Bonomi. Si trattava, per l’appunto, di eleggere un’Assemblea Costituente, rappresentativa delle forze politiche, investita del mandato di redigere il testo della Costituzione e di approvarlo. Ferruccio Parri, presidente del governo di coalizione dei partiti del Comitato di Liberazione Nazionale, aveva istituito il Ministero per la Costituente con l’incarico di preparare studi e progetti sui principali problemi connessi alla riforma dello Stato da sottoporre alla futura Assemblea, da eleggere secondo i tempi e i modi stabiliti durante il governo De Gasperi (uno dei quattro di quegli anni). La prova generale avvenne con le elezioni amministrative, in più turni, fra il 10 marzo e il 7 aprile, per la ricostituzione di 5.722 Consigli comunali su 7.235 Comuni, nelle quali votarono per la prima volta le donne e che furono le prime nell’Italia liberata, dopo vent’anni di fascismo. La votazione avvenne il 2 giugno 1946, contestualmente al referendum popolare per la scelta tra Monarchia e Repubblica. Il sistema elettorale prescelto per la consultazione elettorale fu quello proporzionale puro, con voto «diretto, libero e segreto a liste di candidati concorrenti», in 32 collegi plurinominali, per eleggere 556 deputati (la legge elettorale prevedeva l’elezione di 573 deputati, ma le elezioni non si effettuarono nell’area di Bolzano, Trieste e nella Venezia Giulia, dove non era stata ristabilita la piena sovranità dello Stato italiano). Furono eletti 556 deputati (di cui 21 donne) appartenenti soprattutto ai grandi partiti di massa che andavano imponendosi sullo scenario politico italiano: un grande partito cattolico-conservatore (la Democrazia Cristiana) contrapposto a due partiti operai di pari importanza, il PSI e il PCI, nato dalla scissione di Livorno del 1921 e in netta ascesa rispetto ad allora. Ecco i risultati nel dettaglio (fra parentesi i seggi): DC 35,2% (207) - PSI 20,7% (115) - PCI 18,9% (104) - PRI 4,4% (23) - PLI 6,8% (6) - Monarchici 2,8% (0) - Uomo Qualunque 5,3% (30) – Unione Democratica Nazionale 6,8% (41) – Movimento Indipendentista Sicilia 0,7% (4) - Blocco Nazionale Delle Libertà 2,8% (16) e altri minori. Nulle e bianche 7,8%. Votarono 24.947.187 elettori, pari all’89,1% degli aventi diritto. La prima riunione della Costituente si tenne a Montecitorio il 25 giugno 1946 e sancì l’elezione del presidente Giuseppe Saragat (in seguito dimissionario e sostituito, l’8 febbraio 1947, da Umberto Terracini). Il 28 giugno l’Assemblea elegge Enrico De Nicola ”Capo provvisorio dello Stato”, fino a che cioè non sarebbe stato nominato il primo Capo dello Stato a norma della nuova Costituzione. La Costituente inoltre deliberò la nomina di una commissione ristretta (Commissione per la Costituzione), composta di 75 membri scelti dal Presidente sulla base delle designazioni dei vari gruppi parlamentari, cui viene affidato l’incarico di predisporre il progetto della Costituzione da sottoporre al plenum dell’Assemblea. Nominata il 19 luglio 1946 e presieduta da Meuccio Ruini, la Commissione si articola in tre Sottocommissioni: la prima sui diritti e doveri dei cittadini, la seconda sull’ordinamento costituzionale della Repubblica (divisa a sua volta in due Sezioni, per il potere esecutivo e il potere giudiziario, più un comitato di dieci deputati per la redazione di un progetto articolato sull’ordinamento regionale), la terza sui diritti e doveri economico-sociali. Conclusi i lavori delle varie Commissioni, il 31 gennaio 1947, un Comitato di redazione composto di 18 membri, presenta all’aula il progetto di Costituzione, diviso in parti, titoli e sezioni. Dal 4 marzo al 20 dicembre 1947 l’Aula discute il progetto e il 22 dicembre viene approvato il testo definitivo. La Costituzione repubblicana è promulgata il 27 dicembre 1947 da De Nicola ed entra in vigore il 1° gennaio 1948, giorno nel quale lo stesso De Nicola assume il titolo di Presidente della Repubblica. Ufficialmente la vita politica italiana prese il via con le elezioni del 18 aprile 1948, che furono in realtà un vero e proprio referendum pro o contro l’Occidente. Nacque così il nuovo Parlamento democratico, affidato ancora a De Gasperi, che rimase in carica fino al 1953, in quanto rappresentante del partito di maggioranza relativa (la Democrazia Cristiana). L’11 maggio 1948 venne eletto Presidente della Repubblica l’economista Luigi Einaudi, a sancire un’unità nazionale ormai così salda da assorbire senza danni anche l’azione dei movimenti secessionisti, presenti in Valle d’Aosta, Sicilia e Alto Adige. La carta risultò essere una vera sintesi delle tre tradizioni di pensiero presenti nella Costituente, quella cattolico-democratica, quella democratico-liberale e quella socialista-marxista, e può essere considerata il capitolo conclusivo e decisivo di una crescita civile che è passata per il Risorgimento, per l’unità, per la prima rivoluzione industriale e per il fascismo, fino a configurarsi come il risultato più alto della lotta antifascista.