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 2006  maggio 05 Venerdì calendario

La Bibbia degli animali. Dio e angeli esclusi, nella Bibbia ci sono quasi più bestie che uomini, com’è ovvio, perché a quel tempo gli esseri umani non avevano ancora sterminato l’85% degli animali che il Signore, troppo fiducioso, gli aveva affidato con l’incarico di dare nome a ogni specie

La Bibbia degli animali. Dio e angeli esclusi, nella Bibbia ci sono quasi più bestie che uomini, com’è ovvio, perché a quel tempo gli esseri umani non avevano ancora sterminato l’85% degli animali che il Signore, troppo fiducioso, gli aveva affidato con l’incarico di dare nome a ogni specie. Gli animali, nati nel quinto giorno, come inquilini della Terra avevano un certo diritto di precedenza visto che l’uomo è nato nel sesto, ma oltre a dargli un nome lui ha cominciato a farli fuori e a mangiarseli, sacrificandone qualcuno al Signore tanto per mettersi a posto la coscienza, però Dio non era soddisfatto perché preferisce offerte spirituali (anche Lucrezio che non credeva negli dei, scriveva «Non è religione sporcare col sangue di forti animali le are/ è religione, semmai, poter guardare con la mente tranquilla l’immenso della materia»). La storia, comunque, la sanno tutti perché la Bibbia è il libro più famoso del mondo, una specie di fumettone che fa impallidire le telenovele più caleidoscopiche, infatti ci sono dentro ecatombi, maledizioni, profezie terribili, invocazioni, sangue, sesso, orrendi delitti e punizioni così spietate che per rispetto al Signore un libro simile non dovrebbe essere citato in chiesa come ”Parola di Dio” . Nessuno però l’aveva mai studiato lasciando quasi da parte gli uomini e badando soprattutto agli animali e alle piante. Ci voleva un naturalista, e non uno da poco: addirittura il presidente del WWF, Fulco Pratesi. O Pio Pellicano è lo strano titolo di questo libro (edizioni Rubbettino, 2005, pagine 109, 10 euro) che spiega come il pellicano sia un simbolo divino, perché gli si attribuiva una pietà e una generosità senza pari. Credevano che nutrisse i figli «con il sangue e la carne del suo petto», così «aveva un posto di rilievo nell’iconologia cristiana tanto da essere considerato il simbolo stesso del Redentore». Insomma, dopo la colomba-Spirito Santo, questo pennuto rappresenta Gesù, ma qui l’autore ha un dubbio: non avranno mica confuso il pellicano (Pelecanus onocrotalus) con il capovaccaio (Neophron percnopterus) che in volo, visti dal basso, sono quasi uguali? Altrimenti perché il pellicano biblico citato per esempio da Isaia quando parla della distruzione del territorio di Edom, e citato da Sofonia quando annuncia quella di Ninive, città di peccato (rasa al suolo nel 612 a.C.), dovrebbe secondo le loro profezie trasferirsi tra i ruderi, o nel deserto, lui che è un uccello acquatico? L’autore con incantevole umorismo riesce a sottolineare certe incongruenze del sacro libro. Per esempio il fatto incontestabile che le vipere non fanno le uova, ma partoriscono viperotti vivi (sono vivipare, no?) e velenosissimi di cui hanno paura perfino le madri. Infatti - non lo dice l’autore, lo dicono in campagna - li lasciano cadere dagli alberi per non essere morsicate. Invece il profeta Isaia, parlando della desolazione in cui piomberà Edom, dice che «là avrà il nido la vipera, vi deporrà le uova, le coverà e le farà schiudere». Anche il Libro di Giobbe quando riferisce le parole di Jahve (un altro nome di Dio) è poco attendibile. L’Altissimo, tuonando con arroganza, avrebbe chiesto al povero Giobbe, colpito da tutte le disgrazie immaginabili, di riflettere sulla sua pochezza e non illudersi di stargli a pari. E a proposito del terribile leviatano - che dalle descrizioni potrebbe essere solo il coccodrillo del Nilo - domanda: «Puoi tu prendere con l’amo il leviatano e con funi legarne la lingua?». Di sicuro Giobbe non ce l’avrebbe fatta a prendere all’amo un coccodrillo di quella stazza, ma a che scopo avrebbe dovuto legargli la lingua, visto che è già ferma come un sasso e non si articola nemmeno? Jahve ha forse dei vuoti di memoria? Nessuno dubita che sia stato Lui a porre le fondamenta della Terra e a misurarne le dimensioni, ma quando parla del Behemot, l’ippopotamo che pur brucando erba come un bue ha una forza spaventosa, dimentica che mentre le bestie possono trasformare l’erba in proteine, l’uomo - a meno che non mangi legumi - non lo può fare che in minima parte, e si capisce che gli estensori del tempo, ignoranti dei processi metabolici, avevano poco a che vedere con Dio, facendogli fare pessime figure. C’è anche il problema di Giona e della balena, nel cui ventre il profeta sarebbe rimasto tre giorni, ma è da escludere che l’abbia inghiottito proprio una balena, visto che come sottolineava Melville nel ”Moby Dick”, ha un esofago tanto stretto che «una pagnotta da un soldo la potrebbe strozzare». L’unico che poteva ingoiarlo è il capodoglio, o magari uno squalo. «Nel ventre di uno di tali mostri - scrive Pratesi (forse un naturalista come lui non dovrebbe definire mostro un animale terribile, sì, però magnifico) - fu trovato una volta un cavallo, un’altra volta un uomo con l’armatura, e Muller racconta che nel 1758 da un pescecane fu tolto un uomo vivo, appena inghiottito». Se però Giona fosse stato là dentro per tre giorni e lo squalo l’avesse rigettato su una spiaggia ancora vivo, c’è da pensare che il povero pesce dovesse avere gravi problemi di digestione. Resta ancora un’ipotesi: Giona non avrà vissuto per tre giorni nel ventre di uno squalo-balena, sfarzosamente illuminato dagli esserini planctonici di cui il simpatico pesce si nutre? In fatto di figuracce, quella che fa fare a Dio il profeta Eliseo è proprio grossa. Era calvo, e quando un gruppo di ragazzetti l’ha chiamato ”testa pelata”, lui li ha maledetti nel nome del Signore, il Quale mandò due orse che sbranarono 42 di quei ragazzi irrispettosi. Possibile, dice Pratesi, che i monelli non siano riusciti a fuggire? Le orse erano solo due e loro non erano mica pecore chiuse in un ovile. Il Dio della Bibbia sembra inventato apposta per terrorizzarci, e spesso lo è. Però a volte ci soccorre come quando manda giù la manna, che ancora intriga migliaia di esegeti, al punto che per cercare insieme una risposta c’è perfino un sito web: www.mannadellemadonie.com. Dei misteri della Bibbia si potrebbe parlare per ore, ma il più curioso è quello del bue e dell’asinello, animali che nessun evangelista cita quando scrive del Natale di Gesù. E in fondo è meglio, perché oramai i telespettatori vedono nei loro musi solo le facce desolate di Bonolis e di Laurenti, che nel presepe avevano preteso, poverini, un posto ’di primo piano’.