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 2006  maggio 12 Venerdì calendario

Pitanguy Ivo

• Nato a Belo Horizonte (Brasile) il 5 luglio 1926. Chirurgo. Estetico. «[...] il luminare brasiliano che ha trasformato in un fenomeno di massa la chirurgia estetica, conferisce una dimensione quasi politica all’umano desiderio di possedere un bell’aspetto. Una filosofia che lo spinge ogni giorno [...] a non limitarsi all’applicazione di tecniche rivoluzionarie, ma ad entrare nella psicologia dei pazienti che arrivano da tutto il mondo nella sua clinica di Rio de Janeiro. Pitanguy ha ancora le mani ferme per operare. Conserva però soprattutto la curiosità di capire. Prima e dopo gli interventi si aggira per le stanze, chiacchiera coi degenti (parla sei lingue), si fa raccontare le loro storie. Scienziato e insieme confidente. In oltre mezzo secolo di lavoro Pitanguy ha reso più seducenti capi di Stato, potenti finanzieri, brillanti manager, famose attrici, stelline in ascesa. Grandi nomi rigorosamente protetti dal segreto professionale. Ma ha ridato anche serenità alla gente comune. Con riduzioni o ingrandimenti dei seni. Lifting ai volti, alle pance, alle cosce. Nei casi più gravi di malformazione, ha restituito la normalità correggendo difetti congeniti o da traumi, annullando deformità, ricostruendo integralmente pelli devastate da terribili ustioni. La sua fama ha valicato i confini nazionali. autore di oltre 900 pubblicazioni. Come conferenziere ha un’agenda da globetrotter. [...] Ciò che non tutti sanno, e di cui lui stesso non parla volentieri per pudore, è che l’Istituto Ivo Pitanguy amministra a Rio il reparto di un ospedale dove vengono operate gratuitamente persone con basso reddito che non potrebbero mai permettersi un intervento di chirurgia estetica. la 38.ma Infermeria della Santa Casa della Misericordia, dove in cinque sale chirurgiche, in oltre 45 anni, le équipes di medici volontari coordinate dal maestro hanno reso più gradevole la fisionomia di 50 mila brasiliani di ogni età. Poveri delle favelas, madri abbandonate dai mariti, ragazzi di strada, neonati deformi. Affetti da emangiomi, labbra leporine, ipertrofie delle mammelle, schiacciamenti delle palpebre, scottature, perdite traumatiche dei capelli. Malformazioni che possono rendere mostruoso l’aspetto di una persona, con pesanti ripercussioni sul suo senso di autostima. Pitanguy estrae con qualche reticenza dal cassetto il dépliant che illustra l’iniziativa benefica e mostra le sequenze degli interventi più riusciti: la graduale trasformazione di creature sfigurate da gravissime patologie in ragazzi sorridenti e reinseriti nella vita. ” un vanto”, dice il professore: ”Aver esteso i vantaggi della mia esperienza alle classi più umili. un impegno che fin da giovane ho preso con me stesso e che ancora a distanza di tanti anni avverto come un dovere. Non è eticamente ammissibile che la chirurgia estetica sia riservata esclusivamente alle élites. Certo, il nostro contributo è solo una goccia nel mare. Abbiamo ridotto seni spaventosamente dilatati a 8 mila donne del popolo, però chissà quanti altri casi non siamo riusciti a trattare. Non ce la facciamo a risolvere i problemi di tutti i poveri che ci chiedono aiuto. In questo momento abbiamo una lista di attesa di più di seimila pazienti. Ma, con tutta la migliore volontà, non riusciamo a compiere più di 12 interventi al giorno [...] Cerco di trascorrere tutti i mercoledì nell’ospedale della Misericordia con i miei collaboratori. Chirurghi, ma anche psicologi e assistenti sociali. Passo da una corsia all’altra. Registro i drammi umani. Esamino le cartelle cliniche. Non ci sono priorità prefissate. Salvo situazioni marginali, da trattare con anestesia locale, sono tutti casi delicati. La valutazione è collegiale, frutto di una riflessione di gruppo. Privilegia per lo più il livello di povertà, lo stato di depressione mentale, l’urgenza di reinserimento nella società dei degenti. La finalità del nostro progetto è esplicita fin dal nome: ’Ricostruire per integrare [...] Ho fatto gli studi universitari di medicina prima a Belo Horizonte, la mia città natale, poi qui a Rio. Dove dopo la laurea ho lavorato in un pronto soccorso al reparto ustioni. Ma in Brasile non c’era ancora una scuola di chirurgia plastica. Non c’era alcun modo per migliorare. Ho cominciato a interessarmi della materia leggendo alcune pubblicazioni specialistiche che arrivavano dall’Europa. Per soddisfare le mie curiosità non mi restava però che andare all’estero. Ero giovane, voglioso di conoscere. Così, agli inizi degli anni Cinquanta cominciai a viaggiare. Stati Uniti, Francia, Germania. Infine mi fermai in Inghilterra [...] Perché a Londra esercitavano i padri della chirurgia plastica che avevano elaborato nuovissime tecniche per curare l’enorme numero di persone rimaste ferite durante la Seconda guerra mondiale. Ho imparato tutto da loro. Sono grato, in particolare, a sir Harold Gillis. Un grande maestro [...] Sono un cittadino del mondo. Ma nello spirito mi sento profondamente brasiliano. Quando mi parve di aver appreso abbastanza capii che era tempo di ritornare. Partecipai, qui a Rio, al concorso per una cattedra di chirurgia generale all’Università Cattolica. Lo vinsi. E subito dopo inaugurai la prima scuola sudamericana di chirurgia plastica [...] All’inizio degli anni Sessanta. Quando mi sono accorto di essere conosciuto anche fuori dal Brasile. Mi cercavano da tutto il mondo. Ero diventato un punto di riferimento. E avevo bisogno di un mio spazio personale per affinare le tecniche. [...] Appena tornato dall’Inghilterra trovai lavoro per qualche tempo in un ospedale per stranieri. Una notte venni svegliato per un’emergenza. Una giovane signora polacca aveva riportato gravissime ustioni in un incendio scoppiato nella sua casa. Quando la visitai mi accorsi subito che era un caso disperato. Le fiamme le avevano bruciato l’epidermide al 100 per cento. Riuscii a bloccare i focolai di infezione e a salvarle la vita. Ma ancor più complicata fu l’opera di ricostruzione. Alla ricerca di donatori di pelle mi rivolsi all’Esercito della salvezza. E iniziai quasi subito i trapianti lungo tutto il corpo. Un’operazione difficile, che richiese alcuni mesi. Rividi la paziente molti anni dopo. Era diventata un medico. E aveva con sé la figlia, che mentre rievocavamo la sua lunga convalescenza si annoiava e ci teneva il broncio. ”Professore, è colpa sua”, mi rinfacciò a un certo punto scherzosamente la signora. ”Lei è un po’ il padre di questa bambina. Senza le sue mani non avrei avuto la possibilità di metterla al mondo’”» (Gianni Perrelli, ”L’Espresso” 18/5/2006).