b, 12 maggio 2006
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MANCINI Vincenzo. Imprenditore. Patron della Cisalfa. «Acquisizioni una dietro l’altra anche quando la congiuntura non è da tempi d’oro
MANCINI Vincenzo. Imprenditore. Patron della Cisalfa. «Acquisizioni una dietro l’altra anche quando la congiuntura non è da tempi d’oro. L’avventura dello studente Vincenzo Mancini comincia a Tivoli, un piccolo negozio di sport di 150 metri quadrati. Era il 1977. Oggi che ha 53 anni la sua Cisalfa fattura 440 milioni di euro. il piccolo che diventa medio. Il giro d’affari nel ’94 era di soli 43. I dipendenti 360, oggi 2300. Corre, anche adesso che i consumi sono fermi. L’amministratore delegato Mario Giunta ma soprattutto amico di Mancini la racconta così: ”Il segreto? Crescere sempre. A colpi di acquisizioni, anche nei momenti difficili, come questi con i consumi che continuano ad essere piatti. Andare in controtendenza, migliorare l’organizzazione. E soprattutto sfruttare le debolezze della concorrenza”. L’impresa familiare che decide di non fare tutto in proprio ma delega, crea un struttura aziendale, senza perdere di vista gli insegnamenti del buon padre di famiglia e anche una certa dose di modestia. Come fa ora Giunta: ”Siamo solo stati dei guerci in un mondo di ciechi. Negli anni Settanta-Ottanta vendere materiale sportivo era facile perché non c’era l’offerta adeguata e la domanda era alta. Il contrario di oggi. Le dimensioni dei negozi erano minime, non esisteva l’azienda”. Arriva il primo grande salto nel 1994 con l’acquisizione dei 19 negozi della Goggi. E il passaggio da Roma al Nord. ”Si trattava solo di marciare un po’ più spediti in un mondo che camminava. Le dimensioni sono fondamentali, perché ti danno un potere contrattuale che altri non hanno. Con i fornitori, ma anche nel rapporto con i clienti”. Volontà, idee, lavoro di squadra, persone qualificate, va tutto bene. Ma i soldi? Le acquisizioni sono state molte e a tambur battente: Germani, Este, Milanesio, Rigoni, tra il 1999 e il 2002. ”Questo è il punto dolente del sistema Italia. Abbiamo dovuto fare tutto da soli, con l’autofinanziamento, gli utili che venivano reinvestiti nell’azienda”. Il paradosso è che oggi ad Osio Sopra, sede operativa della Cisalfa, c’è la fila di banche d’affari e investitori istituzionali. Filosofia spicciola ma concreta: ” sempre così quando hai bisogno di soldi non trovi nessuno. Quando non avresti più bisogno, fanno a gara ad aiutarti”. Soprattutto nei momenti più difficili, nel 2002, è andata così. La Giacomelli, dimensioni ridotte ma più famosa della Cisalfa perché quotata in Borsa, va gambe all’aria con i suoi bond, come Cirio e Parmalat: ”Il credito allora si è ulteriormente ridotto, e abbiamo ancora una volta dovuto fare da noi”. A guardare i bilanci i numeri dicono con successo: nel 2002 il rapporto tra capitale e indebitamento era di uno a cinque, dieci milioni contro cinquanta. Nel marzo 2006, secondo l’ultima semestrale, è sceso a 0,7: 65 milioni di euro di patrimonio netto, 40 milioni di impieghi. l’Italia che va, spesso da sola. l’Italia che, spesso in buona ma scarsa compagnia, finisce sulle classifiche dei grandi settimanali americani quando vanno a scovare in giro per il mondo chi cresce davvero» (Federico Monga, ”La Stampa” 12/5/2006).