Corriere della Sera 11/05/2006, pag.6 Maria Laura Rodotà, 11 maggio 2006
Cappello, cappotto spigato e occhiali il look borghese-colto-meridionale. Corriere della Sera 11 maggio 2006
Cappello, cappotto spigato e occhiali il look borghese-colto-meridionale. Corriere della Sera 11 maggio 2006. «Certo è molto signore» dicevano di lui le signore, ai tempi del compromesso storico. Anche quelle anticomuniste; favorevolmente colpite da portamento e comportamento di Giorgio N., dal suo essere portabandiera- superstite di quella borghesia meridionale colta e dabbene che era sempre stata minoritaria e che già allora non c’era quasi più. Ignorando – ai tempi giravano meno foto – uno dei suoi tratti stilistici rivelatori: l’indossare, a comizi e feste dell’Unità, quando il sole batteva sul suo cranio precocemente lucido, cappellini da muratore fatti di carta di giornale. Con totale disinvoltura: da borghese che aveva sposato la causa della classe operaia e alcuni suoi accessori, da migliorista pragmatico che vuole anzitutto evitare il malore (in seguito, a cerimonie istituzionali, allo stesso scopo si è messo in testa il programma dell’evento). Certo, molto signore, napoletano curato nell’abbigliamento, come tanti suoi amici della generazione di Raffaele La Capria detto Dudù (nel film Leoni al sole, tratto dal suo Ferito a morte, Vittorio Caprioli intratteneva un gruppo di napoletani vacanzieri su serie questioni di stile come «il gioco del calzino» sotto i pantaloni). Però un napoletano fisicamente trattenuto, mai sbracato come gli amici più gagà, più borghese perbene (di nuovo), più dirigente del Partito. E deputato, a lungo, con stipendio assai ridotto (i parlamentari ne davano buona parte al Pci) e famiglia da crescere. E’ il lungo periodo in cui Napolitano veste con budget contenuto. Tendenzialmente in grigio e camicia bianca, d’estate porta completi bell’e fatti beige carico e spezzati con «giacchetelle» a quadretti, e mocassinoni. D’inverno lo si vede con un cappotto genere spigato siberiano, né Politburo né Fantozzi, spigato e basta. Fino all’elezione alla presidenza della Camera, terza carica dello Stato, comprensiva di vita di rappresentanza, e meno frugale. E a un Napolitano che si mostra nelle sue varie versioni da uomo che ama i bei vestiti ma soffrirebbe a farsi notare per i suoi vestiti: eccellenti grisaglie e abiti blu, discretissimi gessati (anche per giurare al Quirinale da ministro dell’Interno), qualche tweed anti-bertinottiano nel senso che quasi non si capisce sia tweed. E, come prima, qualche cardigan bordeaux da professore. Più il cappello – che si toglie per salutare, forse è l’unico rimasto in Italia a farlo – più gli occhiali; più leggeri di una volta, come gli occhiali di una volta accessoriati con le «aggiuntive», le lenti scure che li fanno diventare da sole. Più il cappotto portato sulle spalle, soluzione stilosa ma che mette a dura prova la schiena (a chi è scomposto cade, forse per questo non usa più). Soluzioni stilose per intenditori non giovanissimi. Ma apprezzate da qualche giovane, come una trentenne in politica che dice: «A prima vista pare anonimo, però: non si corregge il collo con camicie americane, né i piedi con scarpe milionarie, né i difetti fisici con giacche extralarge. Promosso». Peccato: ora non si farà più cappellini di carta di giornale, ma sul gioco del calzino continuerà sicuramente, discretamente, a essere pignolissimo, come fa su tutto. Maria Laura Rodotà