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 2006  maggio 06 Sabato calendario

Passione Raffaello. L’Espresso 6 maggio 2006. Di Leonardo o Caravaggio sappiamo esattamente il pensiero politico, di Raffaello la storia invece ci ha tramandato una figura che sembra aver camminato in modo ovattato attraverso i drammi del primo Rinascimento

Passione Raffaello. L’Espresso 6 maggio 2006. Di Leonardo o Caravaggio sappiamo esattamente il pensiero politico, di Raffaello la storia invece ci ha tramandato una figura che sembra aver camminato in modo ovattato attraverso i drammi del primo Rinascimento. L’immagine è quella di un pittore asettico, estraneo alla politica, che sembra utilizzasse i signori solo come committenti senza rendersi conto degli accadimenti del suo tempo. Se però si rileggono i quadri della sua giovinezza depurandoli dagli stravolgimenti interpretativi del romanticismo, se ne comprende la vasta portata politica. La "Deposizione" è la summa di tutto questo, ma già i quadri precedenti ne anticipano il leitmotiv. Raffaello vive i suoi primi anni tra Urbino, Città di Castello e Perugia, città i cui governi erano altamente instabili non solo per le rivalità interne fra i Montefeltro, i Vitelli e i Baglioni, ma soprattutto per i papi che consideravano quelle terre come zona di sfruttamento sia per le materie prime, sia per le braccia da cui estraevano i condottieri che difendevano il papato dalle minacce degli altri regnanti d’Europa. Essere un condottiero al soldo del papa significava avere anche fama e ricchezza locale. In questo ambiente cresce Raffaello, tra Signori che cercano l’indipendenza dal papato, ma che nel papato trovano la loro forza. Questa dicotomia pervade tutta la sua vita e non lo abbandonerà mai. Una prima dimostrazione la abbiamo nella "Madonna dei garofani". Tralasciando ogni commento sulla bellezza dell’incontro fra madre e figlio voglio attirare l’attenzione sullo sfondo. Alcuni critici affermano che il panorama rappresenta il vecchio testamento, mentre quello in primo piano il nuovo. Per me queste sono elaborazioni successive, qui si tratta dell’istinto di un giovane di ventitré anni che dipinge in lontananza i paesaggi a cui era abituato - le colline, le torri umbro-marchigiane - e in primo piano le colonne del tempio ideale bramantesco, cioè il futuro, la capitale dello Stato pontificio. Quando si accinge a dipingere la "Deposizione", Raffaello capisce che quella è la sua grande occasione per andare a Roma, ma nello stesso tempo non vuol rinnegare le sue origini e la stirpe dei Baglioni e dei Vitelli a cui tanto doveva. E da grande artista quale è riesce a darci il senso della sua duplicità senza che questa venga considerata una diminutio. Raffaello era stato chiamato a dipingere il quadro da Atalanta Baglioni, che voleva ricordare ai posteri il proprio figlio Grifonetto, ucciso in seguito alle lotte cruente che imperversarono nella Perugia della fine del secolo XV. Grifonetto a 23 anni era un giovane nobile, forte e «bello come Ganimede». Sposato a 18 anni a una ragazza ancor più bella di lui, Zenobia Sforza, Grifonetto era pronto a eliminare ogni ostacolo al suo potere e a rivendicare per i suoi quattro figli l’eredità del padre Braccio. Grifonetto segue i consigli dello zio Filippo e del cognato Bernardino pronti a congiurare insieme ai fuorusciti perugini contro i propri parenti di sangue. Era il 15 luglio 1500, data tonda, da opera scespiriana più che da cronaca storica. E da tragedia scespiriana sono pure gli eventi che si consumano nell’arco di poco tempo. Perugia è in festa per le nozze di Astorre Baglioni con Lavinia Colonna. Grifonetto tradisce, si allea ai congiurati per eliminare in una sola notte, notte che verrà ricordata come "la notte delle nozze rosse", i capostipiti della famiglia Baglioni. Lo sdegno in città è fortissimo e la madre, Atalanta, si rifiuta di accogliere il figlio maledicendolo per la sua efferatezza. La vendetta dei parenti superstiti non tarda a venire. Il giorno successivo a quello della strage, Grifonetto viene ucciso sulle scalinate di Perugia. Atalanta è sempre una madre e di fronte alla morte corre dal figlio giusto in tempo per raccogliere il suo corpo agonizzante; e non solo lo perdona per aver tradito i suoi, ma lo convince a perdonare ai suoi assassini per mettere fine a quella sanguinosa faida che stava portando ad estinzione l’intera famiglia. Quando Atalanta gli commissiona il quadro, il giovane Raffaello ragiona a lungo sulla commessa ricevuta e realizza molteplici stesure preparatorie del dipinto. Alla fine ogni grammo di colore aveva un peso e una interpretazione specifica. Le nozze rosse, il fatto storico cruento in seguito al quale gli viene commissionata la deposizione sono del 1500, ma il quadro viene terminato solo nel 1507. Sia che il pittore si trovasse allora presente alla scena che commosse Perugia, sia che ne raccogliesse i racconti dei contemporanei, la tavola che dipinse sembrò a tutti straordinariamente evocativa della tragedia. Fu un quadro altamente politico in quanto tale era l’atmosfera umbra in quel momento: prendere posizione per l’una o l’altra fazione significava scommettere tutto, non solo la carriera ma anche la vita. La composizione è divisa in due gruppi che rappresentano anche due posizioni politiche. Il gruppo principale è rappresentato dai tre discepoli che trascinano il cadavere del Cristo (quasi fosse di loro proprietà!). Uno di essi porta il peso maggiore, ha la testa appoggiata sul proprio corpo, e sta per salire uno scalino. Dietro di lui incombe San Pietro, quasi a controllare che il trasporto abbia preso la direzione giusta. Alle spalle di San Pietro è un San Giovanni che fa da guardiano.all’entrata del sepolcro. L’altro gruppo fa perno sul portatore che ha le sembianze di Grifonetto e che sembra voler riportare il Cristo nella terra umbra. La stessa direzione viene enfatizzata dalla composizione delle pie donne che si.affannano a sorreggere la madre, Atalanta. Le donne nelle loro fattezze etrusche e nei loro abbigliamenti.sembrano rappresentare le terre su cui i Baglioni avevano governato (Bettona, Torgiano, Castiglione). Tra i due gruppi, in sembianze di Maddalena, è dipinta Zenobia: la romana che pur tanto aveva vissuto a Perugia che rappresenta il legame tra le due anime di Raffaello e ne sottolinea l’ambivalenza e l’ambiguità. In questo quadro il pittore.ripropone infatti la sua ambivalenza: l’amore per Perugia, la città dall’atmosfera cupa ma densa di pathos in cui si era sviluppata la sua giovinezza, e nello stesso tempo la speranza in una vita più serena e di un futuro più brillante. Il paesaggio sullo sfondo ripete la stessa convinzione: a sinistra Raffaello riproduce un paesaggio di fantasia che si richiama però alle pitture di ambiente romano (laghetti, torri quasi barocche), ma sulla destra dipinge i suoi ricordi: le gole aspre che doveva attraversare per andare dall’Umbria alla Toscana, i castelli che controllano il passaggio del forestiero. In particolare sulla collina dell’estrema destra, poco sotto il Golgota, decide di dipingere un castello, simbolo della travagliata famiglia Baglioni, e sulla sinistra un edificio di tipo bramantesco. La parte destra del quadro rappresenta quindi paesaggi perugini e per traslato tutte le terre indipendenti dal papa, la parte sinistra invece Roma ed il suo potere. Il Cristo, per la prima volta dipinto mentre sta per essere trasportato, è il simbolo della vera fede, per cui tutti combattono: da una parte è tirato da Grifonetto, simbolo dell’indipendenza contro la tirannia papale, dall’altra è San Pietro che riporta il Cristo nell’area della fede ecclesiastica. Il piede di San Pietro sembra sovrastare quello dei perugini, lo scalino.in basso a sinistra, sembra.alludere.alla frase.«tu sei Pietro...». E proprio su questo scalino Raffaello appone la sua firma, per far comprendere dove si è ufficialmente schierato. Ultimo simbolo, il fiore in primo piano: il tarassaco o dente di leone, volgarmente detto soffione, rappresenta la buona novella che si sparge per tutta la terra. insomma il quadro che rappresenta la vittoria del papato sui ribelli. Sarà il quadro che segnerà la linea di demarcazione tra il Raffaello umbro e quello romano. Nel 1508 infatti il pittore è già al lavoro per decorare una stanza del più grande nemico dei Baglioni: papa Giulio II. Alessandra Oddi Baglioni