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 2006  maggio 07 Domenica calendario

Auguste e Camille in bella coppia. Il Sole 24 Ore 7 maggio 2006. "A partire da oggi, 12 ottobre 1886, non avrò altra allieva che la signorina Camille Claudel e la proteggerò con ogni mezzo a mia disposizione, con i miei amici, che saranno i suoi, specie quelli influenti

Auguste e Camille in bella coppia. Il Sole 24 Ore 7 maggio 2006. "A partire da oggi, 12 ottobre 1886, non avrò altra allieva che la signorina Camille Claudel e la proteggerò con ogni mezzo a mia disposizione, con i miei amici, che saranno i suoi, specie quelli influenti .... Non accetterò altre allieve, affinché non sorga alcun talento rivale ...; alla prossima mostra farò tutto ciò che è in mio potere per favorirla, nella collocazione dei suoi lavori e con i giornali. Non andrò mai più, per alcuna ragione, dalla signora xxx .... Dopo la mostra partiremo per un viaggio di almeno sei mesi in Italia e al ritorno la sposerò. Sarò felice di offrirle una mia figurina in marmo .... La signorina Camille, da parte sua, si impegna a ricevermi nel suo atelier quattro volte al mese, fino a maggio". Firmato: Auguste Rodin. Nelle parole di questo vero contratto, che Rodin, quarantaseienne e ormai famoso, è costretto a sottoscrivere per non perdere Camille Claudel, giovane allieva talentuosa ma soprattutto amante idolatrata, negli incontri settimanali che lei con modi da contabile gli concede, è riassunta in modo esemplare la loro vicenda delirante, in cui le ragioni dell’arte, del successo, del mercato si intrecciano all’erotismo, alla gelosia, alla malattia di lei, e al reciproco, insaziabile desiderio. Rodin, subito soggiogato da quella diciottenne bella, intelligente e fiera che gli piomba nello studio quando lui ha 42 anni ed è impegnato in commesse grandiose come la Porta dell’Inferno e i Borghesi di Calais, la chiama "mia feroce amica" e le dedica sculture sensuali e disperate come Je suis belle e L’ternelle Idole, in cui l’uomo appare divorato dal desiderio e lei, altera e inespugnabile, si limita a concedersi alla sua adorazione. Camille da parte sua, quando sono lontani gli rinfaccia di scriverle lettere banali che la "annoiano", ma intanto lo implora di raggiungerla, dicendogli "dormo ogni notte nuda, per convincermi di avervi qui". E quando lui, ancora innamorato di quella donna fragile e dispotica, ferita e vendicativa, ma ormai esausto e in cerca di quiete, torna definitivamente dalla prima, rozza e ormai bruttissima, ma devota compagna Rose Beuret (mai abbandonata, a dire il vero: e fu questa la prima e più che condivisibile ragione dei furori della pur tirannica Camille), lei lo svergogna pubblicamente esponendo L’ge Mûr-L’età matura, un gruppo in cui una giovane, splendida donna tende disperatamente le braccia a un uomo di mezz’età (i tratti, pur senza barba, sono quelli di Rodin ma il corpo è stato crudelmente invecchiato) trascinato via da un’orribile megera nuda, le carni cadenti e i capelli da Parca. Si disse: "Simboleggia le età della vita", ma il fratello Paul Claudel (il letterato e diplomatico, accademico di Francia) scrisse che no, quella era una vera autobiografia di Camille, che sbatteva in faccia al mondo la sua tragedia; la stessa che l’avrebbe portata a morire in un ospedale psichiatrico dopo trent’anni di internamento. Per quanti sforzi si facciano, dunque, è impossibile rievocare la loro opera con i soli strumenti della storia del l’arte: la vicenda umana è sempre lì, a dominare la scena e a scompigliare le carte. Si può però cercare di far ordine basandosi solo sui fatti. Ed è ciò che hanno fatto i curatori della mostra di Martigny, che hanno lavorato su documenti d’archivio, su fonti d’epoca, su fotografie. E sulle opere, che hanno accostato in un percorso avvincente, sebbene non riuscitissimo sul piano dell’allestimento, proponendosi di sciogliere nodi attributivi (alcuni tuttora inestricabili, tanto che una piccola sezione si intitola "Claudel ou Rodin?"), di datazione e di storia espositiva e, naturalmente, di paragonarne per quanto possibile il lavoro: che fu però del tutto asimmetrico, e non solo quantitativamente (migliaia le opere di lui, tutte conservate scrupolosamente, sgranate su 60 anni di carriera; un’ottantina quelle di lei sopravvissute alle sue furie distruttrici, create fra il 1880 e il 1913 quando fu ricoverata). Qui sono esposte la gran parte delle opere di Camille e sessanta superbe sculture di Rodin, quelle che più hanno a che vedere con il lavoro della compagna. E benché lei si confermi un’eccellente scultrice, più che degna del successo di critica che conobbe in vita, il confronto che ne deriva risulta impari anche sul piano qualitativo: se si esclude La Petite Chatelâine, incantevole e inquietante ritratto di una bimba dallo sguardo troppo adulto; le sue opere più felici sono infatti quelle che scaturiscono dalla stretta contiguità con l’arte di Rodin, assai ben rivelata dagli accostamenti in mostra. Quelle in cui lei cerca invece di emanciparsi, come La Valse, che ai contemporanei sembrò eccessivamente erotica ("pare che i due vogliano concludere la loro danza in un letto", scrisse Jules Renard) o l’altrettanto celebre e così giapponesizzante La Vague, in bilico come sono tra Nabis e Art Nouveau appaiono eleganti lavori di un’ottima artista, dotata per di più di un incredibile mestiere, ma denunciano con troppa evidenza il debito con il gusto del momento; incapaci dunque di valicare il tempo, come invece quelle di Rodin. "Claudel et Rodin. La rencontre de deux destins", Martigny, Fondation Pierre Gianadda; fino all’11 giugno. Catalogo Fondation Gianadda. Ada Masoero