Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2006  maggio 11 Giovedì calendario

Metamorfosi dei Benetton. Panorama 11 maggio 2006. La fusione Abertis-Autostrade rappresenta un affare certo per la famiglia Benetton, non mi sembra sia utile agli interessi dell’Italia e ai milioni di utenti della rete autostradale

Metamorfosi dei Benetton. Panorama 11 maggio 2006. La fusione Abertis-Autostrade rappresenta un affare certo per la famiglia Benetton, non mi sembra sia utile agli interessi dell’Italia e ai milioni di utenti della rete autostradale. Acquistata circa sei anni or sono dall’Iri mediante un limitato conferimento di contanti, 1,5 miliardi di euro, aiutato da abile creatività finanziaria, la società Autostrade si è dimostrata per i Benetton una gallina dalle uova d’oro, contando sulla generosità di governi che hanno autorizzato incrementi dei pedaggi. Caricata di debiti per circa 8 miliardi nel 2002, Autostrade ha registrato un’ascesa esponenziale dei ricavi e della redditività, ampi flussi di liquidità che hanno consentito la riduzione dell’indebitamento. Dopo il fallimento, per mancanza di coraggio imprenditoriale, della tentata espansione sul mercato francese, ecco la fruttuosa fusione con una società ampiamente indebitata come Abertis, l’ottenimento di un ricco dividendo straordinario: i Benetton rientrano del loro investimento finanziario, lasciano la gestione della nuova società ai soci spagnoli, incassano liberi di non investire, godono della condizione propizia di una possibile uscita lucrosa. La famiglia Benetton ha saputo bene sfruttare le condizioni acquisite col passaggio da un monopolio pubblico a quello privato, sostituzione che rappresenta sempre un sicuro danno. La mancata liberalizzazione si traduce nell’assenza di concorrenza e garantisce ai monopolisti privati condizioni che colpiscono l’interesse pubblico e quello dei consumatori. E se i Benetton replicassero le loro manovre anche in Adr e Telecom, altri gruppi ex pubblici nei quali hanno proficuamente e sapientemente investito? La famiglia Benetton aveva per tanti anni mostrato spirito imprenditoriale ruspante, una delle migliori espressioni della arrembante razza industriale del Nord-Est, proiettata alla conquista dei mercati vendendo maglieria e diffondendo un modello di sviluppo innovativo. L’iniziale spinta propulsiva è andata inaridendosi e i Benetton si sono dedicati meno alla manifattura e molto di più alla finanza, meno alla creazione di valore dall’industria e molto di più allo sfruttamento intenso delle concessioni statali. Il comportamento avuto nella vicenda Antonveneta, a favore della scalata dei furbetti del quartierino, l’intricata querelle intorno alla vendita del Gazzettino, dimostrano un mutamento sostanziale della natura del gruppo di Ponzano Veneto: dall’industria agli affari, la finanza non come sussidio al manifatturiero ma come valore prevalente, interesse per i giornali non diventato spasmodico solo se è vero il disinteresse dichiarato per parte consistente della quota di Rcs- Corriere della seraaccumulata da Stefano Ricucci. La partecipazione alle privatizzazioni dei Benetton è sembrata corrispondere a una logica protesa allo sfruttamento delle concessioni governative e assai poco al sostanziale rispetto degli impegni assunti e delle garanzie offerte all’atto della privatizzazione stessa. Era scontato ed era scritto negli accordi stipulati che Autostrade avrebbe dovuto utilizzare parte dei pedaggi riscossi per garantire una buona manutenzione dei 3 mila chilometri di rete oltre che per migliorarla e modernizzarla, senza parlare degli investimenti da realizzare per lo sviluppo di ulteriori attività. Niente o poco di ciò è stato fatto, ma il titolo di Autostrade è lievitato dai 7 euro preprivatizzazione agli attuali 24 euro. La rete autostradale italiana costruita da società dell’Iri, per tanto tempo gestita e controllata da imprese pubbliche, era considerata tra le migliori d’Europa, infrastruttura fondamentale per lo sviluppo e la modernizzazione dell’Italia. Offriva ricavi e profitti ben più modesti rispetto agli attuali. La rete autostradale gestita dai Benetton garantisce margini cospicui agli azionisti, offre servizi insoddisfacenti agli utenti. Eppure lo Stato italiano, i suoi vari governi hanno garantito alla società Autostrade molteplici e sostanziosi aumenti dei pedaggi. Il traffico cresce, i pedaggi aumentano, la qualità dei servizi peggiora, Autostrade incrementa i profitti, prepara proficue operazioni per gli azionisti, i consumatori si lamentano. Dopo avere chiuso gli occhi per troppi anni, l’Anas mostra il viso dell’arme e minaccia sanzioni contro Autostrade per il mancato rispetto degli impegni assunti. Un atteggiamento tardivo, col sentore di arbitraria vendetta per quella che viene considerata una vendita mascherata agli spagnoli. Patriottismo malriposto, e il tacon sarebbe peggiore del buso. I Benetton possono vendere i loro beni a chi vogliono, nel rispetto di regole e di impegni. Il governo e l’Anas difendano il pubblico interesse, senza impotenti arbitri, manifestando maggiore attenzione ai consumatori e minore alla nuova razza furbona. Antonio Mereu