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 2006  maggio 03 Mercoledì calendario

Né donna matura né toscana, ma ragazzina e lombarda. Libero 3 maggio 2006. E invece no. Non toscana ma lombarda

Né donna matura né toscana, ma ragazzina e lombarda. Libero 3 maggio 2006. E invece no. Non toscana ma lombarda. Non donna matura ma ragazzina. Non la sconosciuta Lisa Gherardini ma la nobile Bianca Sforza, figlia di Ludovico il Moro e cugina di Isabella d’Aragona. Ernesto Solari, professore di storia dell’arte a Como, a proporre una nuova identità per la Gioconda sulla base di una serie di confronti iconografici e sul ”riconoscimento” del paesaggio alle spalle della dama. Lo studioso, già autore di una serie di testi sui dipinti e sui ”codici” celati da Leonardo nelle sue tele, pubblica in questi giorni ”La Gioconda: il volto e l’anima” (ed. Aisthesis, pp. 140, euro 15), un saggio nel quale ribalta tutte le ipotesi di lettura del ritratto: «Le mie ricerche indirizzano verso un’identità lombarda della dama: sul foglio 385 del Codice Trivulziano di Leonardo compaiono due piccoli studi per ritratti ignorati sinora dagli studiosi. Quello femminile ha una fortissima somiglianza con la Gioconda, sia nel profilo che nei drappeggi della scollatura, mentre quello maschile suo compagno è probabilmente Galeazzo di San Severino, un cavaliere già ritratto da Leonardo come ”Cavaliere in arme”. San Severino sposò Bianca Sforza, figlia naturale del Signore di Milano, proprio nel 1496, anno cui è databile anche il foglio in questione. Bianca, che Leonardo vide praticamente nascere nell’anno in cui arrivò alla corte milanese (1482), morì poi giovanissima, dopo soli tre mesi di matrimonio - forse incinta e perciò avvelenata da Beatrice d’Este, seconda moglie di suo padre, invidiosa di lei e gelosa della sua eredità». Il pittore avrebbe però eseguito il dipinto molti anni dopo la morte di Monna Bianca con l’intenzione di realizzare «non un ritratto ma un’immagine allegorica, in cui si cela il percorso iniziatico che porta il credente verso la redenzione». Sarebbe dunque una sorta di testamento spirituale: da qui l’attaccamento che aveva per la tela, da cui non si separò mai sino alla fine. Anche il ”doppio” paesaggio dietro alle sue spalle (spezzato da una linea d’orizzonte non omogenea) è secondo Solari prettamente lombardo: «Si vedono le Grigne, i laghi, un ponte che è identico a quello di Lecco come dimensioni e come ritmo delle arcate. E capovolgendo il dipinto si vede il profilo del Resegone». Se sul versante iconografico Solari si oppone all’’ipotesi Monna Lisa”, dal punto di vista più strettamente filosofico e religioso rifiuta però anche il Leonardo esoterico e anticlericale tirato in ballo dalle pagine del ”Codice da Vinci”: «Questo Leonardo mangiapreti è un falso clamoroso. Leonardo fu in contatto con gli ambienti di Marsilio Ficino, di Pico della Mirandola, del Bramante, con Raffaello. Se si può fare una lettura simbolica delle sue opere dev’essere in questo senso: la cosiddetta Gioconda è un quadro pieno di rimandi alle conoscenze cabalistiche mediate dai neoplatonici. Laddove per cabala si intenda non un esoterismo magico o una setta segreta, ma un insieme di elementi che ai tempi di Leonardo erano la strada verso la comprensione profonda del Cristianesimo». Pia Capelli