Libero 29/04/2006, pag.9 Maurizio Stefanini, 29 aprile 2006
Quando Montecitorio vede rosso
Ingrao, Jotti, Napolitano, Violante Quando Montecitorio vede rosso. Libero 29 aprile 2006. Da Giovanni Gronchi a Fausto Bertinotti, sono stati 12 i presidenti della Camera dei Deputati della Repubblica. Da Ivanoe Bonomi al successore di Marcello Pera, sono stati invece 18 i presidenti del Senato. Il maggior avvicendamento nella Camera alta è dovuto anche al fatto che essendo maggiore l’età media dei componenti, qualche presidente muore in carica. Accadde anche allo stesso Bonomi, deceduto 78enne il 20 aprile ’51. Il dato curioso è che, pur essendo il più giovane, fu il primo a morire tra i quattro patriarchi dell’Italia liberale che per le elezioni alla Costituente del ’46 aveva promosso quella lista dell’Unione Democratica Nazionale, ribattezzata dalla stampa ”Onb” dalle iniziali dell’Opera Nazionale Balilla identiche a quelle di tre dei quattro venerandi personaggi: l’86enne Vittorio Emanuele Orlando (morto nel ’52), il 78enne Francesco Saverio Nitti (morto nel ’53), il 73enne Bonomi più l’ottantenne Benedetto Croce (morto pure nel ’52). Ma morì in carica il 6 maggio ’83 anche il dc Tommaso Morlino. Essendo poi il presidente del Senato la seconda carica dello Stato, è a lui che spesso si ricorre come asso nella manica per districare le matasse. Amintore Fanfani, dopo essere stato presidente del Senato per tutta la quinta legislatura (’68-’72) ed essere stato rieletto al principio della sesta, si dimise il 26 giugno ’73 perché chiamato alla segreteria della Dc in crisi. Poi ridivenne presidente nella settima legislatura (’76-79) e fu rieletto nell’ottava, ma di nuovo si dimise il primo dicembre ’82 perché chiamato alla presidenza del Consiglio. L’ultima volta ebbe la carica tra 9 luglio ’85 e 17 aprile ’87, quando di nuovo fu chiamato alla Presidenza del Consiglio per gestire le elezioni anticipate. Ma i presidenti al Senato si possono avvicendare anche perché avendo meno membri maggioranze più ristrette lo rendono meno gestibile. Durante la buriana della Legge truffa, ad esempio, tra 24 giugno ’52 e 23 marzo ’53 si dimisero ben tre presidenti: l’ex-presidente della repubblica Enrico De Nicola, Giuseppe Paratore e Luigi Gasparotto. E il quarto, quel Meuccio Ruini già autore materiale della Costituzione, riuscì sì a concludere in porto le votazioni, ma non senza pagarlo con la testa rotta per un calamaio volato dai banchi del Pci. Quanto a Cesare Merzagora, presidente per tre legislature dal 25 giugno ’53 al 7 novembre ’67, fu obbligato alle dimissioni per aver criticato la riforma regionale. In compenso, il solo Francesco Cossiga il 24 giugno ’85 dovette lasciare la presidenza del Senato perché eletto a quella della Repubblica. Forse perché i deputati nel collegio che elegge il capo dello Stato sono il doppio dei senatori, è avvenuto molto più spesso che al Quirinale siano finiti presidenti della Camera. Avvenne il 29 aprile ’55 con Giovanni Gronchi, che era stato presidente nella prima legislatura e all’inizio della seconda. E il 25 maggio ’92 con Oscar Luigi Scalfaro, eletto presidente della Camera all’inizio dell’undicesima. Inoltre sono diventati presidenti della Repubblica sfruttando una precedente vasta notorietà come presidenti della Camera pur non passando direttamente dall’una all’altra carica Giovanni Leone, eletto al Quirinale nel dicembre ’71 dopo essere stato al vertice di Montecitorio per tre legislature tra 10 maggio ’55 e 21 giugno ’63; eAlessandro Pertini, suo successore al Quirinale il 9 luglio ’78 dopo essere stato al vertice di Montecitorio dal 5 giugno ’68 al 4 luglio ’76. Leone nel ’71 era però già da quattro anni senatore a vita: l’unico ad essere mai divenutopresidente dellaRepubblica. E il 21 giugno ’63 fu anche l’unico presidente della Camera ad abbandonare la carica per diventare presidente del Consiglio. A lungo la presidenza della Camera è stata egemonizzata dal Pci, come pegno di governabilità: Pietro Ingrao dal ’76 al ’79, Nilde Iotti dal ’79 al ’92; e poi, dopo l’elezione al Quirinale di Scalfaro e la trasformazione del Pci in Pds, con Giorgio Napolitano tra 3 giugno ’92 e 14 aprile ’94; e Luciano Violante tra ’96 e 2001. Dunque dal ’68 il presidente della Camera è di sinistra, con la parentesi di un mese e un giorno di Scalfaro nel ’92 e dei due presidenti voluti da Berlusconi: la 31enne Irene Pivetti, poi divenuta presentatrice tv, tra ’94- 96; e il 46eienne Pier Ferdinando Casini tra 2001 e 2006. E la lista dei presidenti di sinistra si allunga poi se consideriamo la Costituente, presieduta tra 25 giugno ’46 e 6 febbraio ’47 dal socialista e futuro presidente della Repubblica Giuseppe Saragat; poi, dopo che la scissione di Palazzo Barberini aveva fatto del Pci il secondo partito, dal comunista Umberto Terracini, tra 8 febbraio ’47 e 31 gennaio ’48. Ma se andiamoal pre Costituzione dobbiamo allora ricordare anche Enrico De Nicola: primo presidente della Repubblica tra il referendum del ’46 e l’entrata in vigore della Costituzione nel ’48, in seguito presidente del Senato tra 28 aprile ’51 e 24 giugno ’52 e anche presidente della Corte Costituzionale tra 23 gennaio ’56 e 26 marzo ’57, ma in precedenza ultimo presidente della Camera dell’Italia liberale, tra 26 giugno ’20 e 25 gennaio ’24. Quanti furono allora in tutto i presidenti delle assemblee nella storia costituzionale d’Italia? Partendo dal Regno di Sardegna e contando anche il fascismo e le transizioni, sono 39 per il Senato e 43 per la Camera. Tra loro perfino un Vittorio Emanuele Orlando presidente virtuale tra 15 luglio ’44 e 25 giugno ’46 di una Camera che non esisteva. Primi della lista, alla Camera il padre della patria Vincenzo Gioberti; al Senato Gaspare Coller. Due soli ebbero la presidenza di entrambe le Camere: Sebastiano Tecchio alla Camera tra 22 marzo 1862 e 21 maggio 1863 e al Senato tra 1876 e 1884; Domenico Farini alla Camera tra 27 marzo 1878 e 19 marzo 1880 e poi di nuovo tra 26 maggio 1880 e 12 marzo 1884, al Senato tra 1892 e 1898. Maurizio Stefanini