Affari & Finanza La Repubblica 03/05/2006, pag.9 Giovanni Pons, 3 maggio 2006
E’ arrivata la rivincita del vero erede di Enrico Cuccia. Affari & Finanza La Repubblica 3 maggio 2006
E’ arrivata la rivincita del vero erede di Enrico Cuccia. Affari & Finanza La Repubblica 3 maggio 2006. «Abbiamo fatto l’investimento dopo avere valutato le capacità di management e i soci. Ci sono nomi notevoli, esteri di primaria importanza». Le parole sono di Giampiero Pesenti, re del cemento italiano, entrato con una quota del 3% nella Banca Leonardo, la nuova creatura di Gerardo Braggiotti. Ed è difficile non dargli ragione. La compagine azionaria che il figlio dell’ex presidente della Comit è riuscito a coagulare intorno alla banca fondata dagli ex agenti di cambio milanesi Attilio Ventura e Gian Luigi Milla insieme al banchiere di Lugano Alberto Foglia, è sicuramente di alto livello. E soprattutto con un respiro internazionale, la caratteristica che è sempre mancata alla Mediobanca di Enrico Cuccia e Vincenzo Maranghi. Il finanziere belga Albert Frères, principale azionista con il 20%, ha affermato pubblicamente che partecipa all’iniziativa grazie alle ottime relazioni che da molti anni lo legano a Enrico Braggiotti, il padre di Gerardo che negli ultimi anni ha guidato la Compagnie Monegasque de Banque. E la holding Eurazeo, forziere dei capitali delle più ricche famiglie francesi, a partire dai DavidWeill per proseguire con le altre per molti anni presenti in Lazard, con un altro 20% contribuisce a fare della Leonardo un vero salotto internazionale. Così, a soli otto anni dalla sua uscita da Piazzetta Cuccia per divergenze di vedute con l’allora amministratore delegato Vincenzo Maranghi, Braggiotti, almeno sulla carta, sembra aver coronato il suo sogno: una merchant bank di livello europeo che opera nella consulenza, nel risparmio gestito, nel private equity e nel brokeraggio. Sarà lui dunque il banchiere che più di ogni altro riuscirà a raccogliere l’eredità di Cuccia? Chi ha provato a mettersi su questa strada, finora, è finito nella polvere. Maranghi è stato estromesso dai suoi azionisti dopo soli tre anni di gestione autonoma di Mediobanca. Antonio Fazio, l’ex governatore con ambizioni di centro direzionale di banchieri e finanzieri nostrani ha dovuto dimettersi per problemi di credibilità ridotta ai minimi termini. E colui che sembrava aver vinto tutte le più difficili battaglie degli ultimi anni, Cesare Geronzi, ha dovuto subire l’onta dell’interdizione dalle cariche societarie ad opera di poco conosciuti ma intraprendenti magistrati parmensi. E se si dovesse guardare soltanto allo statuto della nuova Banca Leonardo, che attribuisce larghi poteri al suo amministratore delegato nominato venerdì scorso, si arriva alla conclusione che il modello seguito è proprio quello della "vecchia" Mediobanca. Grandi poteri a un solo uomo per disinnescare quei conflitti d’interesse che necessariamente emergono quando i clienti sono anche presenti nel libro soci. Esattamente ciò che fece infuriare i banchieri azionisti di Piazzetta Cuccia quando Maranghi cercò di esercitare quel potere ereditato dal maestro. Ma nel caso di Braggiotti i soci sono stati avvertiti prima, dunque la credibilità di cui gode il banchiere nato a Casablanca e con studi a Parigi e Londra, sembra sia il principale asset su cui si basa la nuova impresa. Forte di questa leva Braggiotti, come un tempo Cuccia, ha voluto al suo fianco i grandi nomi della finanza e dell’industria che poi sono anche i suoi potenziali clienti. Un esempio per tutti. L’Ifil Investissment, holding controllata dalla famiglia Agnelli, si è recentemente fatta assistere da Braggiotti nel contestato equity swap su azioni Fiat che ha permesso alla holding di mantenere la presa sul gruppo automobilistico oltre il 30%. Diventando socio della Banca Leonardo, Ifil sa che qualsiasi mandato verrà assegnato in futuro a Braggiotti in parte verrà assegnato a se stessa in quanto partecipante all’azionariato. Il conflitto d’interessi è evidente come lo è sempre stato per Mediobanca che infatti in ogni bilancio è costretta a iscrivere nelle parti correlate operazioni per diversi miliardi di euro. Ma questa è anche la logica del salotto, che Braggiotti sembra intenzionato a perpetuare nel tempo seppur corroborata da una visione del business più internazionale. Nella compagine sociale di Leonardo è presente per esempio il gruppo spagnolo Torreal, vicino a Eurazeo e titolare di una quota importante della società di costruzioni Sacyr, diretto concorrente di Acs e Abertis. Ma è presente anche Edizione Holding della famiglia Benetton, principale azionista di Autostrade che ha appena annunciato una fusione proprio con Abertis. Braggiotti e la sua Banca Leonardo si candidano a diventare una nuova stanza di compensazione di interessi diversi che necessariamente si verranno a contrapporre nello svolgersi delle varie operazioni di finanza straordinaria in cantiere a livello europeo. Non solo boutique finanziaria sul modello Lazard, Braggiotti lo ha fatto capire nel suo discorso alla prima linea della banca tenuto dopo l’investitura di venerdì scorso. Molto rilassato, deciso, votato all’ottimismo come qualsiasi imprenditore che si cimenta in una nuova avventura, Braggiotti ha illustrato le quattro gambe su cui si sosterrà Leonardo. Innanzitutto comprerà GB Partners, la boutique che aveva messo in piedi dopo la sua uscita da Lazard e composta da 89 professionisti. Il private equity diventerà un’area fondamentale di business da sviluppare al 50% con i soci di Eurazeo. Investimenti nel capitale di rischio anche a supporto dei diversi gruppi economici protagonisti dell’economia europea, dunque anche i propri soci. Si spiega così l’ampia dotazione di capitale fino a 780 milioni di euro che a breve entreranno nelle casse della Banca Leonardo sotto forma di aumenti di capitale di cui Braggiotti ha voluto dotare la banca. Ma certo non servono queste cifre per sviluppare la consulenza finanziaria acquistando sul mercato professionisti seppur costosi. Braggiotti prevede di ingrandire l’area del risparmio gestito ma probabilmente punterà, come ha fatto Mediobanca con Esperia, ai grandi patrimoni. La divisione private banking verrà affidata a uno dei vecchi soci della banca, Paolo Langé, con il compito di far crescere la massa in gestione dagli 1,5 miliardi di euro attuali. E per quanto riguarda il brokeraggio, Braggiotti pensa a una "societarizzazione", cioè a uno scorporo con la partecipazione dei manager al capitale. Un progetto ambizioso destinato prima o poi a scontrarsi con il tempio di Piazzetta Cuccia ed è difficile capire come mai molti protagonisti storici del capitale di Mediobanca abbiano deciso di impegnarsi anche in Banca Leonardo. Gli Agnelli, Ligresti, Allianz, la Pirelli, i Pesenti. «Per qualsiasi problema vai da Cuccia», è la frase storica che il vecchio Carlo Pesenti disse al figlio Giampiero sul letto di morte. E finora il consiglio era stato seguito alla lettera. Qualsiasi operazione di Italcementi e Italmobiliare, le società del gruppo Pesenti, sono state pensate e realizzate con l’apporto determinante degli uomini di Mediobanca. Ma che cosa succederà ora che la famiglia Pesenti ha deciso di incoraggiare le gesta di Gerardo Braggiotti prendendo una partecipazione nella Banca Leonardo? Forse che questi grandi soci non sono più soddisfatti di come vengono gestite alcune pratiche nella nuova Mediobanca dove i grandi banchieri come Profumo e Geronzi e i soci francesi guidati da Vincent Bolloré hanno molta voce in capitolo? Si vedrà già nei prossimi mesi se la Leonardo di Braggiotti oserà dove la triade GalateriNagelPagliaro non vuole più osare. Ormai per le merchant bank non si tratta più di partecipare alle lucrose privatizzazioni di aziende statali o di far valere più di altri la propria capacità di "private placement" tipica dei tempi di Cuccia e Maranghi. Piuttosto occorre progettare le nuove operazioni transfrontaliere di cui tra il 2005 e l’inizio del 2006 si è avuto un assaggio e in cui le banche d’affari straniere giocano d’anticipo. E di accompagnare nella crescita le piccole e medie aziende più promettenti. Sarà una bella sfida e il salotto italiano, nel dubbio, gioca su due fronti. Giovanni Pons