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 2006  maggio 01 Lunedì calendario

Il rapporto di Freedom House sulla stampa italiana. Corriere della Sera 1 maggio 2006. Ho ascoltato una sua lezione sul giornalismo all’Università di Siena, e le faccio una domanda che non ho potuto farle in quella occasione

Il rapporto di Freedom House sulla stampa italiana. Corriere della Sera 1 maggio 2006. Ho ascoltato una sua lezione sul giornalismo all’Università di Siena, e le faccio una domanda che non ho potuto farle in quella occasione. Il rapporto della Freedom House del 2005 pone il nostro Paese al 77? posto nella graduatoria mondiale della libertà di stampa (e al penultimo per la nostra zona) classificando il nostro Paese fra quelli in cui la stampa è «parzialmente libera». d’accordo con le considerazioni di Freedom House? Angela Galiberti Cara Angela Galiberti, mi spiace avere drasticamente accorciato la sua lettera. Lei ha sollevato molti problemi interessanti: la politica della Rai durante il governo Berlusconi, l’eccessiva attenzione dei telegiornali per la Santa Sede e la partigianeria di molti lettori, desiderosi di leggere soltanto le notizie che corrispondono alle loro convinzioni. Ma la sua lettera avrebbe occupato troppo spazio. Scelgo quindi il principale dei temi da lei sollevati (il rapporto di Freedom House sulla libertà di stampa in Italia) e cerco di risponderle. Il rapporto è molto citato, ma poco letto. Freedom House (una stimata associazione americana) giudica i Paesi con tre criteri: il contesto giuridico (vale a dire le leggi che garantiscono o limitano il flusso delle informazioni), l’influenza politica, le pressioni economiche; e assegna a ciascuno di questi criteri un punteggio che è tanto più elevato quanto più il Paese presenta carenze e difetti. I Paesi che non superano i 30 punti sono «liberi»; quelli che hanno un punteggio fra i 30 e i 60 sono parzialmente liberi e quelli che hanno un punteggio fra i 60 e i 100 sono «non liberi». Il punteggio dell’Italia è 35, così composto: contesto giuridico 9, influenze politiche 13, pressioni economiche 13. Nel rapporto per il 2005 Freedom House segnala che il nostro Parlamento ha recentemente approvato norme con cui vengono abolite le pene detentive per i giornalisti in caso di querela e ricorda una serie di casi precedenti che possono imputarsi alla prassi giudiziaria piuttosto che al governo: 18 mesi di carcere e una forte pena pecuniaria al giornalista Massimo Melilli, gli arresti domiciliari per Lino Jannuzzi, due perquisizioni (impropriamente definite «government raids») nelle case e nelle redazioni di due giornalisti che si erano rifiutati di rivelare le fonti dei loro articoli. Una buona parte del rapporto è dedicata al caso di Silvio Berlusconi che «controlla o esercita influenza» su sei delle sette reti televisive nazionali: quelle di Mediaset perché appartengono alla sua azienda, quelle della Rai perché «tradizionalmente soggette a pressioni politiche». A proposito della stampa, Freedom House afferma che molti giornali «hanno una proprietà privata, ma sono spesso collegati a partiti politici o gestititi da vasti gruppi di controllo che esercitano una certa influenza editoriale». Del Corriere della Sera, «il maggiore e più venduto dei giornali italiani», scrive che alcuni suoi giornalisti, nello scorso dicembre, «hanno protestato contro le crescenti interferenze e pressioni dei suoi azionisti». Il rapporto è necessariamente schematico, non sempre preciso e convincente (il Corriere ha spesso criticato, sia pure civilmente, le politiche industriali dei suoi azionisti), ma è fatto con serietà da persone abbastanza bene informate. Se vorrà leggere l’intero testo potrà entrare nel sito di Freedom House e scrivere nella casella della ricerca: «freedom of the press, Italy». Scoprirà che molte delle anomalie segnalate appartengono all’Italia prima di Berlusconi e continueranno a caratterizzare l’Italia dopo Berlusconi. Sergio Romano