Sebastiano Messina, la Repubblica 29/4/2006, 29 aprile 2006
Franco Marini. La Repubblica, sabato 29 aprile 2006 Franco Marini non sa ancora quello che lo aspetta, alle nove e mezza del mattino, mentre gira il cucchiaino nel caffè sul divano bianco della sua bella casa ai Parioli
Franco Marini. La Repubblica, sabato 29 aprile 2006 Franco Marini non sa ancora quello che lo aspetta, alle nove e mezza del mattino, mentre gira il cucchiaino nel caffè sul divano bianco della sua bella casa ai Parioli. Non lo sa, però è ottimista. "A me le battaglie piacciono" ammette. "E sono caparbio. Posso perdere una, due, tre volte. Ma torno sempre alla carica. E vinco". Non sa, il candidato del centrosinistra alla presidenza del Senato, se alla fine di questa giornata occuperà la seconda carica della Repubblica. Però gli sembra un buon segno la telefonata che arriva dalla Camera, facendo raffreddare il suo caffè. Fausto Bertinotti: "In bocca al lupo per oggi, Franco". "Grazie Fausto. Tifa per me, perché la mia partita è un po´ più complicata della tua". "Ma ce la fai oggi stesso?". "Ce la posso fare. Speriamo bene". Dopo aver chiuso il telefono - e preso il caffè - Marini si ferma a riflettere sul caso singolare che ha voluto questo incrocio di destini: due ex sindacalisti che si candidavano insieme a presiedere uno il Senato e l´altro la Camera. "Con Fausto c´è sempre stato un ottimo rapporto, anche se come sindacalisti eravamo in disaccordo su tutto. Quando c´era una vertenza difficile e bisognava trovare un compromesso, lui si affacciava dalla finestra, vedeva gli operai che protestavano e diceva: non possiamo firmare, là fuori non approverebbero. Io invece scendevo giù e dicevo ai miei: ragazzi, o questo o niente. E li convincevo che l´accordo andava firmato". Poi, certo, c´era la differenza che passava tra un comunista e un democristiano. "Certo, perché io sono sempre stato democristiano, come lui è sempre stato comunista. Io il mare l´ho visto per la prima volta durante una gita dell´Azione cattolica a Silvi Marina. Sono stato a Roma per la prima volta nel 1950 con un viaggio organizzato dai "baschi verdi" cattolici. Il primo calcio a un pallone di cuoio l´ho dato nell´oratorio. I primi corteggiamenti li ho fatti nella mia parrocchia. Come potevo non essere democristiano? I comunisti li ho sempre rispettati, ma sapendo che io ero diverso da loro. Quando ero nel sindacato, per via dell´unità sindacale si usava la formula "amici e compagni". A un certo punto anche nella Cisl qualcuno cominciò a dire solo "compagni". Allora io smisi di dirlo. Arrivai perfino a rivolgermi al segretario della Cgil chiamandolo "l´amico Lama", pensa te...". L´orologio vola e il candidato del centro-sinistra ha gli ultimi dubbi: "Che dici - domanda alla moglie - prendo l´impermeabile o esco con la sola giacca?". "Fa caldo, basta la giacca" risponde lei, che è già pronta. La vera notizia del giorno - almeno a quest´ora, le 10 del mattino - è che la signora Luisa per la prima volta andrà a trovare il marito in Parlamento. "Non sono mai andato a vederlo - rivela mentre accarezza la cagnetta di casa, un fox-terrier coccoloso e timido - nemmeno a un comizio o a un congresso. Anche perché lavoravo in ospedale e non avevo proprio il tempo. Adesso sono in pensione, e vado volentieri al Senato: anche perché non l´ho mai visto". Nei suoi occhi dolci e sereni si legge però un brivido di emozione. Anche Marini avverte tutta la tensione del momento. "So che oggi sarà un giorno importante - spiega - non tanto per me, ma per il significato politico che questa vicenda ha assunto. Eppure non sono emozionato: ho smesso di esserlo quarant´anni fa. Vede, io avevo un sogno nella vita: diventare il segretario della Cisl. Ci sono riuscito, grazie a Dio, e da allora non ho altre ambizioni". Comunque, per scaramanzia, lui non ha voluto fare nulla di speciale la sera della vigilia. Ha cenato con la moglie, a casa, e si è concesso un solo strappo a una rigorosa prudenza scaramantica: stappando una bottiglia del suo vino preferito, un raffinato Cerasuolo del suo amico Edoardo Valentini di Loreto Aprutino. Fuori, in strada, lo aspetta una troupe di Sky-Tg24. "Lo sa che l´oroscopo oggi prevede belle notizie per lei, e nulla di buono per Andreotti?" domanda la cronista. "Le darei un bacio" risponde Marini, infilandosi nella macchina che lo porterà a Palazzo Madama. All´arrivo trova uno scooterista che lo saluta: lui risponde con un gesto, ma quando quello si toglie il casco scopre che è Marco Pannella. "Auguri, Franco!" quasi gli grida, col suo vocione. Dentro l´aula, l´incontro con Andreotti. Marini sdrammatizza la sfida con una battuta: "Io sarei quel novizio...". Il divo Giulio sorride, spiazzato, poi precisa: "Ma solo qui dentro, si capisce". I segretari cominciano l´appello per la prima votazione, e lui sparisce dall´aula. "Ho sempre fatto così anche ai congressi della Cisl" ricorda. "Io ero capace di tenere il duello al microfono, dare la caccia ai delegati e tenere le fila dell´organizzazione contemporaneamente. Ma quando i delegati cominciavano a votare io avevo già fatto quello che dovevo fare e dunque andavo a dormire: poi, quando mi svegliavo, scoprivo che avevo preso più voti del previsto". Altri tempi. Oggi a Palazzo Madama le cose vanno alla rovescia. I voti del primo scrutinio sono meno di quelli che lui si aspettava. Ci sono cinque schede bianche e quattro nulle. Così Marini non è esattamente di ottimo umore, quando lascia il palazzo per andare a pranzo con la moglie a un ristorante di piazza del Pantheon, inseguito da due giornalisti (uno è Bruno Vespa, che viene a sua volta assediato da una comitiva di turisti trevigiani) e da un colonnello dei carabinieri in borghese che scorta il possibile, anzi probabile presidente del Senato. "Le schede bianche, bisogna cercare di decifrare quelle cinque schede bianche" ripete. E quei senatori che hanno sbagliato apposta il suo nome, scrivendo "Franco Marino", "Giulio Marini" o "Franco Mariti"? Lui non si preoccupa di quei tre voti ("Magari è stato qualche senatore delle circoscrizioni estere che non sa bene come mi chiamo") senza sapere che proprio quei tre senatori gli faranno lo scherzo, al secondo scrutinio, di scrivere "Francesco" invece di "Franco". Provocando, alla fine, l´annullamento della votazione. Dopo che il centro-sinistra lo aveva acclamato in aula. Dopo che tutti si erano già complimentati per l´elezione (compreso Buttiglione). Dopo che lui era andato a stringere la mano allo sconfitto Andreotti. Dopo che il neo-presidente era uscito dall´aula scortato da sei commessi con il frac delle occasioni solenni. Tutto da rifare: per colpa di quei tre "pizzini" con il messaggio in codice del nome sbagliato, tutti hanno dovuto votare daccapo. Così s´è fatto buio, e Franco Marini ha conosciuto solo a notte fonda il risultato della sua prima battaglia a Palazzo Madama. Sebastiano Messina