Sergio Bocconi, Corriere della Sera, 27/07/2006, 27 luglio 2006
Il terzomondista con il mito americano, Corriere della Sera, 27 aprile 2006 «Sono Enrico Mattei, pescatore
Il terzomondista con il mito americano, Corriere della Sera, 27 aprile 2006 «Sono Enrico Mattei, pescatore. E petroliere per hobby». Amava presentarsi così. Un po’ perché trote e salmoni sono stati la sua vera passione e un po’ perché spesso diventano la scusa per incontri, relazioni, affari. Come quando una delle «famigerate» Sette sorelle, la Standard Oil, lo invita a una battuta in Canada, o quando lui cerca (invano) di ingraziarsi l’ ammiraglio inglese in Italia. L’ uomo è timido ma risoluto, concentrato verso l’ obiettivo: al grande ricevimento in onore di Alexej Kossighin invita tanti quadri sconosciuti del gruppo, ma giovani e belli. Perché ai russi vuole vendere il futuro. Ecco Mattei: il mito che è stato operaio, partigiano, dirigente democristiano, liquidatore disobbediente dell’ Agip, presidente dell’ Eni; il manager che ha ritrovato il metano a Caviaga e messo in scena il petrolio a Cortemaggiore, che ha costruito i metanodotti di notte violando la legge 8 mila volte e ha sfidato i signori del petrolio intrecciando relazioni «terzomondiste» con i produttori; il boiardo di Stato monopolista e potentissimo che si è «guadagnato» avversari come Indro Montanelli e Luigi Sturzo; l’ incorruttibile che ha corrotto usando (frase a lui attribuita ma smentita dagli storici) «i partiti come taxi», che ha collezionato in 35 volumi gli articoli contro di lui e ha lanciato il suo giornale corsaro: Il Giorno; il leader di cui tanti hanno raccontato la vita e tantissimi il mistero della morte; l’ uomo nato povero e scomparso a Bascapè il 27 ottobre 1962 in una notte di pioggia, ricco più di nemici che di soldi. La sua è la storia eccezionale di un italiano-tipo, che dal nulla si è inventato tutto. Dal nulla significa che Mattei nasce il 29 aprile 1906 ad Acqualagna, paese delle Marche, da un padre carabiniere che ha un solo tesoro: ha catturato il brigante Musolino aggiudicandosi la copertina della Domenica del Corriere. Un padre ruvido che vorrebbe trasferirsi a Camerino per far studiare i figli ma deve ripiegare a Matelica, dove Enrico a scuola va malissimo. Cittadina che ha però il merito di ospitare vivaci imprenditori e Marcello Boldrini, l’ uomo che più di ogni altro contribuirà a «inventarsi» Mattei. Quando il padre Antonio capisce che del ragazzo non farà mai un dottore, nel 1921 lo affida a Cesare Scuriatti, proprietario di una fabbrica di letti metallici. Qui Enrico, da apprendista operaio addetto alla macchiatura di finto legno, acquista dimestichezza con vernici e solventi e dà il via alla storia italiana che pure resiste alla ragazzata di una fuga a Roma in cerca di fortuna: dopo aver tentato di dormire al Grand Hotel e di spacciarsi per attore alla Metro Goldwin Mayer, l’ avventura si conclude con un ceffone del padre, chiamato a recuperarlo dai carabinieri di Poggio Mirteto. Rieccolo dunque apprendista, alla conceria Fabretti di Giovanni Fiore. Ma le cose vanno qui diversamente: assunto a 16 anni ne diventa direttore a 20. Solo che il ’ 29 ferma la fabbrica e Mattei va a Milano, con in tasca 500 lire e alcune lettere di presentazione. Lui la pensa così: «Porto tutto il mio come una lumaca. Ho 23 anni ma il tempo mi prende alla gola, non posso fare la lumaca». Perciò corre. Venditore alla Max Meyer, rappresentante generale per la Lowenthal, infine il salto a imprenditore nel ’ 34 quando apre la Icl, che produce vernici per l’ industria. Nel frattempo si sposa con la ballerina austriaca Margherita Maria Paulas, detta Greta, che lo accompagnerà con discrezione per tutta la vita. E prende contatto con la Famiglia marchigiana, l’ associazione dove ritrova Boldrini, docente di materie statistiche alla Cattolica di Milano. Boldrini negli anni Trenta frequenta intellettuali cattolici antifascisti come Giorgio La Pira (che tanti anni dopo gli farà comprare il Pignone) , Giuseppe Dossetti ed Enrico Falck. Circoli di amici che daranno vita alle correnti della sinistra dc e nei quali Mattei, descritto nei rapporti di polizia come «un buon fascista», si converte alle idee che poi lo accompagneranno nella carriera di manager. Boldrini è il tutore di Mattei, lo fa studiare, lo introduce nella élite cattolica che del futuro capo dell’ Eni apprezza le capacità organizzative. Così nel ’ 44 entra per la Dc nel Corpo volontari per la Libertà, il braccio militare del Cnlai. Si presenta in questo modo: «Sono un ragioniere, affidatemi la cassa». Nelle file partigiane, dove conoscerà Eugenio Cefis, suo collaboratore e poi successore alla guida dell’ Eni, si spende e si distingue: il 5 maggio 1945 quando Milano celebra la Liberazione sfila in testa al corteo con Ferruccio Parri, Raffaele Cadorna, Luigi Longo. E a lui, capo partigiano e imprenditore di successo, Cesare Merzagora affida l’ incarico di commissario liquidatore dell’ Agip. Missione che disattende. Affidandosi ai tecnici come Carlo Zanmatti (di cui inizialmente diffida perché repubblichino); ritrovando il metano a Caviaga e organizzando con attenta regia la scoperta del petrolio a Cortemaggiore; affidandosi a Ezio Vanoni («Il solo al quale, dice, come a mia madre non rispondo mai no») e guadagnandosi la fiducia di Alcide De Gasperi, dapprima favorevole a sbaraccare l’ Agip. proprio Vanoni a «concepire» l’ Eni nel 1953 e ad attribuire all’ ente il monopolio per la ricerca nella pianura padana. Il presidente è Mattei che sa di essere un petroliere senza petrolio, perché conosce la (scarsa) ricchezza del sottosuolo italiano. Lui però non intende fare «la fine del gattino scacciato dai cani che non vogliono si avvicini alla loro zuppa». Perciò va in Egitto, dove un accordo controcorrente gli scatena la reazione di una parte della stampa che lo accusa (Il Tempo) di «far politica estera». Nel ’ 57 la svolta in Iran con la «formula Mattei»: il fifty-fifty sugli utili applicato dalle società petrolifere diventa condivisione paritetica di società e posti in consiglio. Quindi replica in Marocco, Libia, Sudan, Tunisia, Nigeria. Avvia trattative in Algeria e Iraq. I rapporti con i paesi produttori sono stretti e particolari: il centro di formazione di San Donato ospita i loro futuri tecnici e dirigenti, il Mattei «anticolonialista» appoggia il movimento di liberazione algerino offrendogli una sede a Roma, il Marocco gli riserva il cerimoniale dei capi di Stato. Una politica che procura nemici, ma con le Sette sorelle intrattiene comunque rapporti costanti e prima della sua morte è pronto un accordo di «pace», poi firmato da Cefis. Mattei non è però solo visionario nelle relazioni terzomondiste. Nel 1958 decide la costruzione della centrale nucleare a Latina, che entrerà in funzione nel ’ 63. Va a Pechino e Mosca e nel ’ 61, in piena guerra fredda e proprio mentre è in corso la crisi cubana, sottoscrive un patto con i russi ai quali paga il petrolio con i fertilizzanti prodotti a Ravenna. innovatore nella politica del marchio e del customer care: dagli Usa importa il modello delle stazioni di rifornimento che, con i ristoranti e i motel, devono essere uguali, efficienti e puliti allo stesso modo in tutto il mondo. Sono entrati nella leggenda i suoi blitz a sorpresa nei punti in autostrada che non di rado si concludono con solenni arrabbiature. Ecco dunque Mattei. Il manager terzomondista per vocazione e all’ americana per missione. Del quale il mitico Vincenzo Cazzaniga, ai tempi presidente della Esso italiana e ben conosciuto come un «grande elemosiniere» diceva: un lobbysta? «Sì, ma a costi contenuti». E che comunque mai ha corrotto o trattenuto dal bilancio per sé. Il potentissimo manager che la stampa estera ha descritto come il nuovo Cesare o il nostro Luigi XIV abitava a Roma in un hotel mediocre (non potendo avere figli mai volle acquistare un appartamento). E trascorreva i weekend sul lago che prendeva in affitto in Trentino per le trote o in Norvegia per i salmoni. Qualche volta ci andava con l’ aereo dell’ Eni. Ma la benzina la pagava lui. «Non siamo poveri» «Ho lottato contro l’ idea fissa che esisteva nel mio Paese: che l’ Italia fosse condannata ad essere povera per mancanza di materie prime e di fonti energetiche... Io lotto contro il cartello non solo perché è oligopolipolistico ma perché è maltusiano e maltusiano ai danni dei paesi produttori come ai danni dei paesi consumatori». Bocconi Sergio