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 2006  aprile 27 Giovedì calendario

Più fai-da-te, anche senza sindacati. Il Sole 24 Ore 27 aprile 2006. "Siamo seduti su un ghiacciaio"

Più fai-da-te, anche senza sindacati. Il Sole 24 Ore 27 aprile 2006. "Siamo seduti su un ghiacciaio". Gigi Copiello, ex capo di tutti i metalmeccanici del Nord-Est iscritti alla Fim-Cisl, se la cava con una metafora "altissima e purissima". Lui che è vicentino di Velo D’Astico - fisico asciutto, barba bianca e folta alla Karl Marx - le Dolomiti le conosce bene. Né bisogna essere degli esperti del surriscaldamento del globo per sapere che i ghiacciai si restringono come un maglione in lavatrice a 60 gradi. E allora non ci si può che chiedere: ma la disaffezione al sindacato riguarda solo i metalmeccanici? O solo il Nord-Est? O solo la Cisl? Milano. Siamo nelle stanze hi-tech di Accenture, gigante della consulenza aziendale. Centinaia di giovani, molto giovani, che analizzano aziende che in città e dintorni trovi a ogni passo. Aziende del terziario avanzato, dicono quelli che per mestiere catalogano e incasellano settori industriali e postindustriali. Così avanzato che i dipendenti masticano l’italiano e parlano l’americano o un english che più english non si può. La portavoce di Accenture è una milanese che prima di approdare alla società di consulenza si è fatta le ossa all’ufficio stampa dell’università Bocconi di Milano. Lei non sa neppure che cosa sia il sindacato. "E come potrei? Da noi il lavoro non è una sistemazione. E tantomeno un posto fisso. Oggi siamo qui, domani chissà dove. Forse per questo la regola che tutti impariamo il primo giorno di lavoro è così perentoria che potevano coniarla solo gli anglosassoni: up or out. O fai carriera o sei fuori". Un tritacarne che macina tutto e tutti. Con un turn over medio del 15% l’anno: in sette anni Accenture cambia completamente i suoi 3mila dipendenti. Di qui discende tutto il resto. Regole chiare e trasparenti, ambiente informale (il lei è una bestemmia), attenzione spasmodica alle risorse umane e agli obiettivi che ogni dipendente-partner deve raggiungere. Lavorando da casa? Dal mare? Da una baita in montagna? Fa lo stesso. "Qui da noi nessuno timbra il cartellino: neppure le impiegate meno specializzate o le segretarie più giovani". Luigi Dedei, Fim, omologo milanese di Copiello, allarga le braccia: "Beh, sui livelli medio alti di retribuzione e di carriera può essere normale che non si senta l’esigenza della tutela sindacale". Quello che a Dedei non sembra normale è la risposta che la portavoce di Accenture dà quando le chiediamo - quasi vergognandocene - se per caso il suo inquadramento risponda a qualche giurassico criterio parasindacale: "Io sono un metalmeccanico. Tutti qui abbiamo il contratto da metalmeccanico. Insomma, una tuta blu". Dedei ride e corregge: "vero, tute blu con dei superminimi altissimi, benefit a iosa e premi di risultato". Copiello, invece, si spinge più in là. E per un attimo si sostituisce ai giuslavoristi: "Sono metalmeccanici perché la legislazione sul lavoro è rimasta più o meno quella dello Statuto dei lavoratori del 1970". Pure la cultura sindacale è ferma agli anni 70? "Anche quella". Insomma, viviamo in un mondo in cui ci sono metalmeccanici che parlano tre lingue, saltano da una parte all’altra dell’Europa e guadagnano quattro, cinque, seimila euro al mese (più benefit e premi di risultato). Alla Oracle Italia, filiale milanese della multinazionale americana, confermano punto per punto. Da zero a 800 dipendenti ricchi e felici in 13 anni. "Siamo tutti quadri e dirigenti con il contratto dei metalmeccanici. Tutti laureati, molti di noi con master in business administration. Noi ci tuteliamo da soli. La porta del nostro amministratore delegato è sempre aperta. Entri e parli. Nessuno si sente frustrato. Se hai un problema lo risolvi. Vuoi più formazione? Non c’è neppure bisogno di chiederlo: qui c’è un programma personalizzato di formazione continua. Il concetto è di scuola americana, quasi terra terra: se stiamo bene noi è molto facile che stia bene anche l’azienda". Resta la domanda: ma il sindacato è scomparso solo nel terziario avanzato? Copiello scuote la testa. E apre un suo articolo pubblicato su "Nordest Europa", mensile di confronto tra le culture riformiste stampato a Padova. "Ci sono aziende vicentine dell’abbigliamento - ha scritto - dove i sindacalisti non varcano la soglia da anni: la pluripremiata Diesel di Renzo Rosso, Gas, Dainese (quella delle tute di Valentino Rossi) e la ex Sport Wear (ora Sinv) di Ambrogio Dalla Rovere". Dal software targato Usa alle tradizionalissime aziende fashion del profondo Nord-Est, con operai che non sempre raggiungono i mille euro netti di stipendio. Dalla Rovere è un personaggio dickensiano. In trenta durissimi anni ha tirato su un’azienda con 430 dipendenti che lavora per i grandi nomi della moda: Valentino Red, Krizia, Donna Karan, Dimensione danza e Moschino, di cui detiene una partecipazione del 30 per cento. Uno di quei padroni con il mito dell’impresa sociale. Un po’ come succede alla Oracle, se un dipendente ha bisogno di qualcosa bussa alla sua porta. "Diciamo quasi sempre di sì ai nostri dipendenti. Vogliono l’anticipo di stipendio? Ecco qui i soldi. La quota del Tfr? Nessun problema. Un aiuto per cure mediche? Ci pensiamo noi". Un dialogo che ha funzionato anche quando l’azienda ha dovuto riorganizzare l’orario di lavoro: in marzo e in settembre, finite di confezionare le nuove collezioni, i dipendenti rimangono due mesi a casa. E recuperano in modo non certo ortodosso. "Nelle settimane che precedono la sospensione della produzione l’orario di lavoro passa da 40 a 48 ore a settimana", spiega il paròn. Sul sindacato Dalla Rovere è tassativo: "Qui nessuno è iscritto al sindacato, non ce n’è bisogno. Anche se negli ultimi quattro anni, su invito dell’Associazione degli industriali di Vicenza, convochiamo Cgil, Cisl e Uil per informarli sulle modalità della sospensione del lavoro". Neppure i licenziamenti creano tensioni. "La nostra è un’azienda con regole severe che nessuno mette in discussione. Il dipendente che fa il furbo viene immediatamente emarginato dagli stessi colleghi". Il ghiacciaio, dunque, continua a sciogliersi. Ma, secondo Dedei, solo per le aziende innovative o che viaggiano con il vento a favore: "Spesso ci implorano di intervenire lavoratori che in passato avevano mostrato una totale indifferenza verso il sindacato. Quando l’azienda entra in crisi, pure il dipendente che fino a una settimana prima sembrava un eterno innamorato si rivolta contro l’oggetto del suo amore. Ma a quel punto è troppo tardi". Sembra di vederli, i sindacalisti, su una delle ultime lastre di ghiaccio. L’up or out dei metalmeccanici in blazer grigio per chi difende i lavoratori pone un’alternativa ancora più brutale: arrendersi o esplorare altre vie. Chissà come lo tradurrebbero gli inglesi. Mariano Maugeri