Corrado Augias, La Repubblica, 22/04/2006, 22 aprile 2006
Il caso Ricucci è anche questione di denti, La Repubblica, 22 aprile 2006 Gentile dott. Augias, il caso Ricucci può essere un paradigma dell’attuale società
Il caso Ricucci è anche questione di denti, La Repubblica, 22 aprile 2006 Gentile dott. Augias, il caso Ricucci può essere un paradigma dell’attuale società. Ricucci ha iniziato come odontotecnico lavorando in un non meglio precisato studio «odontotecnico» o odontoiatrico. C’è una certa confusione, tra odontotecnico (un artigiano) e odontoiatra (medico, iatròs), purtroppo comune a tutta la stampa e non solo. Appartengo alla categoria non dei «dentisti», ma degli Odontoiatri, vale a dire laureati in Odontoiatria e protesi dentaria, abilitati alla professione, iscritti all’Albo della Provincia di appartenenza, inoltre in possesso di ulteriore specializzazione universitaria in disciplina odontoiatrica. Mi trovo ogni giorno di fronte ad odontotecnici che fanno scempio in maniera abusiva dell’odontoiatria, medici generici che vendono la direzione sanitaria a pseudostudi odontoiatrici gestiti da odontotecnici che «mettono le mani in bocca». Questo succede perché l’università non è in grado di formare professionisti con un corso di laurea adeguato. A questo si aggiunga il diploma di laurea in igiene dentale (Clid), altro grande capitolo dell’istruzione con le lauree brevi, che legittima altre figure border-line (vecchi odontotecnici riciclati a nuovi igienisti dentali) all’esercizio abusivo della professione. In questa situazione il giovane laureato trova subito lavoro come direttore sanitario, eufemismo per `prestanome’, in studi dove nella migliore delle ipotesi può «smanettare» o altrimenti rubare il lavoro con gli occhi ad altri, o addirittura guadagnarsi lo stipendio leggendo il giornale e firmando fatture di lavori e commissioni che il proprietario non può siglare non avendo i titoli necessari. In altri casi il professionista è costretto a lavorare sottopagato in studi-market condotti da personaggi che, privi di scrupoli, considerano la professione (degli altri) come un’impresa su cui lucrare. I tanti Ricucci investono in uno studio, chiamano i giovani laureati affamati di soldi, ambizioni e di esperienza, li mettono a lavorare «in regime di consulenza», vale a dire senza tutele previdenziali ma solo sulla percentuale del profitto, e si arricchiscono con il rischio professionale degli altri. Reinvestono il guadagno in altre attività simili secondo le leggi finanziarie vigenti e al massimo pagano il concordato fiscale. Giuseppe Sepe giuseppesepe@tiscali. it Francamente non avrei mai pensato che il caso Ricucci si presentasse truce e grottesco non solo dal punto di vista delle scalate societarie ma anche da quello degli odontotecnici. Se il dottor Sepe ha ragione e descrive con accuratezza lo stato di fatto, mi pare che le cose vadano proprio male da qualunque lato le si guardi. Sfruttamento del lavoro di chi comincia, abusi e illegalità diffusi in una delicata specialità medica. Se uno immagina di scalare il Corriere della Sera e magari le Generali cominciando come odontotecnico a Zagarolo, deve mettere in conto di poter finire a gambe per aria. Ma i cento piccoli abusi, le cento soperchierie commesse a danno di tanti pazienti e di tanti giovani appena laureati le ho apprese, confesso, con vera sorpresa. Ecco un altro settore dove il governo avrà il suo da fare. Nel frattempo ognuno controlli che il suo dentista (pardon, odontoiatra) abbia non solo il trapano ma anche le carte in regola. Corrado Augias