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 2006  aprile 27 Giovedì calendario

Bernardo Provenzano, come sappiamo, è stato "sottoposto al 41 bis", formula che viene ripetuta così spesso da aver perso ogni significato

Bernardo Provenzano, come sappiamo, è stato "sottoposto al 41 bis", formula che viene ripetuta così spesso da aver perso ogni significato. Di che si tratta? Il 41 bis è un regime carcerario talmente duro da aver suscitato le preoccupazioni del Comitato europeo per la Prevenzione della Tortura. Il Comitato ha preparato un rapporto, reso noto in questi giorni, in cui si fa il punto sulla situazione dei carcerati sottoposti al 41 bis, 677 in tutto distribuiti tra le prigioni di Agrigento, Ascoli Piceno, Belluno, Cerignola, Cuneo, Favignana, L’Aquila, Marino del Tronto, Poggioreale (Napoli), Novara, Palermo, Pagliarelli, Palmi, Parma, Rebibbia (Roma), Spoleto, Terni, Tolmezzo, Viterbo, Napoli Secondigliano (dati dell’Associazione Antigone). A leggere il rapporto il dubbio che siamo dei torturatori viene. chiaro che i 677 sono malviventi della peggior specie. chiaro che i princìpi garantisti si mettono alla prova soprattutto con i criminali peggiori. In altri termini: il problema non è quello di non torturare gli innocenti, il problema è quello di non torturare i colpevoli. Il CPT di cui sopra aveva già espresso parecchie perplessità in due sue visite precedenti. La terza visita ha appurato che non è cambiato niente. Storia Dopo gli assassinii di Falcone e Borsellino (1992) si pensò che andava presa qualche misura speciale. Bisognava che i capi mafiosi detenuti non continuassero a comandare dal carcere (si parlava, relativamente all’Ucciardone per esempio, di pezzi da novanta del crimine che stavano in cella come a casa loro, ricevevano visite, facevano riunioni, festini, eccetera). E bisognava che i malavitosi fossero incoraggiati a pentirsi. Si fece un decreto per un regime carcerario speciale e lo si inserì nella legge penitenziaria 354 del 26/7/1975, tra l’articolo 41 e l’articolo 42. Perciò, articolo 41 bis. Logistica I detenuti in 41 bis stanno quasi sempre in una palazzina separata dal resto del carcere. Ai detenuti troppo famosi (Provenzano, Totò e Giovanni Riina, Nitto Santapaola, Leoluca Bagarella, Marco Mezzasalma ecc.) viene spesso riservata un’area al piano terra della sezione che è anche quella più buia e con meno aria. Tipo di vita Nessun contatto con i detenuti normali, due ore d’aria al giorno in gruppi di 6-7. Quanto sono grandi gli spazi dove si prende l’aria? Il CPT ha visitato il carcere di Parma: qui l’aria si prende in un cortile di 20 metri quadrati coperti da una griglia metallica. In qualche altro penitenziario si è costruito uno spazio di socializzazione abbattendo il muro che divide due celle. Si può fare palestra, ma le attrezzature sono in genere molto scarse: una cyclette, un vogatore, una panca per fare i pesi, al massimo. Un 41 bis può studiare e qualcuno è riuscito anche a diplomarsi o a laurearsi. Ma da solo o al massimo con un ”educatore” che tiene i contatti con un professore all’esterno. Colloqui Uno al mese per la durata di un’ora. Vetro divisorio alto fino al soffitto. Si parla attraverso un citofono. Le telecamere sono puntate perennamente sia sul carcerato che sul visitatore. Sergio D’Elia e Maurizio Turco, che hanno scritto il libro Tortura democratica, raccontano i parlatori di Viterbo e dell’Aquila: due cabine telefoniche di 1 metro per 1 metro collegate dal citofono. Sale senza vetro divisorio vengono adoperate per i colloqui con i figli che abbiano meno di 12 anni. Incontri di massimo dieci minuti. IL CPT: "Sarebbe bene che si trovassero misure di sicurezza adeguate per permettere le visite in parlatorio libero, senza per questo mettere in pericolo le esigenze legittime della giustizia". Telefonate Una al mese e solo ai parenti. Durata massima della telefonata: dieci minuti. Chi sceglie la telefonata, rinuncia alla visita. Tutte le telefonate sono registrate (tranne quelle con il difensore). Spesa La lista della spesa consentita varia da un carcere all’altro. A Spoleto sono pericolosi i fagioli, a Parma le uova, a Terni i sigari (anche se fumati all’aria aperta). Certe carceri consentono il walkman per studiare l’inglese, altre no. La famiglia può far arrivare pacchi per un massimo di dieci chili al mese, esclusi in genere i libri, ma non all’Aquila dove i libri entrano nel conto. L’Aquila però concede le giacche imbottite e trapuntate durante l’inverno, che sono proibite a Viterbo e a Novara. Però a Novara (e a Cuneo) il Tribunale di Sorveglianza ha facoltà di portare i pacchi mensili fino a quattro. Parma concede anche quattro colloqui (stiamo sempre citando D’Elia e Turco). Uscire Per uscire dal 41 bis bisogna diventare collaboratori di giustizia. Altrimenti bisogna dimostrare che non si hanno più contatti con l’organizzazione criminale e questa cosiddetta dimostrazione è sottoposta al parere vincolante del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza. Anche qui siamo ai limiti dei sacri princìpi si cui si fonda una società garantista: il detenuto deve dimostrare la propria innocenza. D’Elia e Turco raccontano infine che molti si trovano "in una sorta di gabbia procedurale dalla quale non riescono a uscire se non per mezzo del pentimento: la proroga semestrale dei decreti, spesso sempre gli stessi e basati sulle note informative degli organi di polizia, non consente loro di ricorrere in Cassazione perché i tribunali di sorveglianza rispondono ai loro reclami quando ormai il decreto è stato rinnoveto e per la Suprema Corte viene meno l’interesse a prendere in esame il ricorso". Il CPT ha incontrato un detenuto sottoposto al 41 bis da 13 anni, cosa che non va bene dato che questo regime carcerario ha caratteri di tale durezza "che non dovrebbe applicarsi che in maniera eccezionale e per una durata limitata". Conclusione: "Questa situazione può essere assimilata alla negazione stessa del concetto di trattamento penitenziario". Il CPT aggiunge: "Il carcere duro mette in discussione l’articolo 27 della Costituzione italiana e i princìpi internazionali sui diritti dell’uomo". Insomma, il 41 bis, con la sua finalità di spingere i mafiosi a pentirsi, è una cosa scorretta. Eppure, prima di abrogarlo, bisogna pensarci bene. di Giorgio Dell’Arti Bernardo Provenzano, come sappiamo, è stato "sottoposto al 41 bis", formula che viene ripetuta così spesso da aver perso ogni significato. Di che si tratta? Il 41 bis è un regime carcerario talmente duro da aver suscitato le preoccupazioni del Comitato europeo per la Prevenzione della Tortura. Il Comitato ha preparato un rapporto, reso noto in questi giorni, in cui si fa il punto sulla situazione dei carcerati sottoposti al 41 bis, 677 in tutto distribuiti tra le prigioni di Agrigento, Ascoli Piceno, Belluno, Cerignola, Cuneo, Favignana, L’Aquila, Marino del Tronto, Poggioreale (Napoli), Novara, Palermo, Pagliarelli, Palmi, Parma, Rebibbia (Roma), Spoleto, Terni, Tolmezzo, Viterbo, Napoli Secondigliano (dati dell’Associazione Antigone). A leggere il rapporto il dubbio che siamo dei torturatori viene. chiaro che i 677 sono malviventi della peggior specie. chiaro che i princìpi garantisti si mettono alla prova soprattutto con i criminali peggiori. In altri termini: il problema non è quello di non torturare gli innocenti, il problema è quello di non torturare i colpevoli. Il CPT di cui sopra aveva già espresso parecchie perplessità in due sue visite precedenti. La terza visita ha appurato che non è cambiato niente. Storia Dopo gli assassinii di Falcone e Borsellino (1992) si pensò che andava presa qualche misura speciale. Bisognava che i capi mafiosi detenuti non continuassero a comandare dal carcere (si parlava, relativamente all’Ucciardone per esempio, di pezzi da novanta del crimine che stavano in cella come a casa loro, ricevevano visite, facevano riunioni, festini, eccetera). E bisognava che i malavitosi fossero incoraggiati a pentirsi. Si fece un decreto per un regime carcerario speciale e lo si inserì nella legge penitenziaria 354 del 26/7/1975, tra l’articolo 41 e l’articolo 42. Perciò, articolo 41 bis. Logistica I detenuti in 41 bis stanno quasi sempre in una palazzina separata dal resto del carcere. Ai detenuti troppo famosi (Provenzano, Totò e Giovanni Riina, Nitto Santapaola, Leoluca Bagarella, Marco Mezzasalma ecc.) viene spesso riservata un’area al piano terra della sezione che è anche quella più buia e con meno aria. Tipo di vita Nessun contatto con i detenuti normali, due ore d’aria al giorno in gruppi di 6-7. Quanto sono grandi gli spazi dove si prende l’aria? Il CPT ha visitato il carcere di Parma: qui l’aria si prende in un cortile di 20 metri quadrati coperti da una griglia metallica. In qualche altro penitenziario si è costruito uno spazio di socializzazione abbattendo il muro che divide due celle. Si può fare palestra, ma le attrezzature sono in genere molto scarse: una cyclette, un vogatore, una panca per fare i pesi, al massimo. Un 41 bis può studiare e qualcuno è riuscito anche a diplomarsi o a laurearsi. Ma da solo o al massimo con un ”educatore” che tiene i contatti con un professore all’esterno. Colloqui Uno al mese per la durata di un’ora. Vetro divisorio alto fino al soffitto. Si parla attraverso un citofono. Le telecamere sono puntate perennamente sia sul carcerato che sul visitatore. Sergio D’Elia e Maurizio Turco, che hanno scritto il libro Tortura democratica, raccontano i parlatori di Viterbo e dell’Aquila: due cabine telefoniche di 1 metro per 1 metro collegate dal citofono. Sale senza vetro divisorio vengono adoperate per i colloqui con i figli che abbiano meno di 12 anni. Incontri di massimo dieci minuti. IL CPT: "Sarebbe bene che si trovassero misure di sicurezza adeguate per permettere le visite in parlatorio libero, senza per questo mettere in pericolo le esigenze legittime della giustizia". Telefonate Una al mese e solo ai parenti. Durata massima della telefonata: dieci minuti. Chi sceglie la telefonata, rinuncia alla visita. Tutte le telefonate sono registrate (tranne quelle con il difensore). Spesa La lista della spesa consentita varia da un carcere all’altro. A Spoleto sono pericolosi i fagioli, a Parma le uova, a Terni i sigari (anche se fumati all’aria aperta). Certe carceri consentono il walkman per studiare l’inglese, altre no. La famiglia può far arrivare pacchi per un massimo di dieci chili al mese, esclusi in genere i libri, ma non all’Aquila dove i libri entrano nel conto. L’Aquila però concede le giacche imbottite e trapuntate durante l’inverno, che sono proibite a Viterbo e a Novara. Però a Novara (e a Cuneo) il Tribunale di Sorveglianza ha facoltà di portare i pacchi mensili fino a quattro. Parma concede anche quattro colloqui (stiamo sempre citando D’Elia e Turco). Uscire Per uscire dal 41 bis bisogna diventare collaboratori di giustizia. Altrimenti bisogna dimostrare che non si hanno più contatti con l’organizzazione criminale e questa cosiddetta dimostrazione è sottoposta al parere vincolante del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza. Anche qui siamo ai limiti dei sacri princìpi si cui si fonda una società garantista: il detenuto deve dimostrare la propria innocenza. D’Elia e Turco raccontano infine che molti si trovano "in una sorta di gabbia procedurale dalla quale non riescono a uscire se non per mezzo del pentimento: la proroga semestrale dei decreti, spesso sempre gli stessi e basati sulle note informative degli organi di polizia, non consente loro di ricorrere in Cassazione perché i tribunali di sorveglianza rispondono ai loro reclami quando ormai il decreto è stato rinnoveto e per la Suprema Corte viene meno l’interesse a prendere in esame il ricorso". Il CPT ha incontrato un detenuto sottoposto al 41 bis da 13 anni, cosa che non va bene dato che questo regime carcerario ha caratteri di tale durezza "che non dovrebbe applicarsi che in maniera eccezionale e per una durata limitata". Conclusione: "Questa situazione può essere assimilata alla negazione stessa del concetto di trattamento penitenziario". Il CPT aggiunge: "Il carcere duro mette in discussione l’articolo 27 della Costituzione italiana e i princìpi internazionali sui diritti dell’uomo". Insomma, il 41 bis, con la sua finalità di spingere i mafiosi a pentirsi, è una cosa scorretta. Eppure, prima di abrogarlo, bisogna pensarci bene. Giorgio Dell’Arti (ha collaborato Daria Egidi)